BARDI, Bartolo
Figlio di Iacopo di Ricco e di una figlia di messer Abate Mannelli, nacque a Firenze alla metà circa del sec. XIII. Fu presente alla promessa di osservare la pace del cardinale Latino, fatta dai Fiorentini nel 1280; due anni dopo fece parte del collegio dei Priori, carica che ricoprì anche negli anni 1283, 1285, 1286, 1290. In quello stesso periodo ebbe anche compiti di minore importanza: console dell'Arte di Calimala (giugno 1281), rappresentante del Comune alla elezione del capitano della Lega guelfa (1285), membro della magistratura incaricata di dirigere la guerra contro Pisa (maggio 1285), membro della delegazione inviata a trattare accordi con i Pavesi (7 dic. 1285). Fu più volte compreso tra i cittadini incaricati di eleggere pubblici magistrati (capitano del popolo nel 1284; podestà per il Sesto di Oltramo nel 1291) o di mutare l'ordinamento di uffici del Comune (riformatore degli ordinamenti della gabella nel 1290). 2 citato anche nei verbali delle adunanze delle consulte negli anni 1291 e 1292. L'atteggiamento politico del B. non fu sempre rettilineo: incerto tra i Bianchi e i Neri; in un primo tempo preferì assumere una posizione di equidistanza ispirata dalla speranza in una conciliazione; in seguito aderì al partito dei Donati, e con ciò accrebbe il proprio prestigio. Nel 1300 e 1301 prese parte al convegno di S. Trinita, parlando contro i Cerchi, e il Compagni ricorda che gli fu data "più fede che ad alcun altro". Tuttavia nel 1308 abbandonò Corso Donati. Morì il 19 genn. 1310. Nel 1286 aveva comperato case nel popolo di S. Iacopo tra i Fossi e chiese, ma invano, alla Signoria di vendergli il castello di Altafronte. Aveva sposato Tedalda di Bartolomeo Acciaiuoli, dalla quale ebbe quattordici figli.
Di questi sono particolarmente notevoli Giovanni, Ridolfo e Filippo, tutti e tre appartenenti alla compagnia bancaria che prendeva nome dalla famiglia. GIOVANNI appare per la prima volta come socio della compagnia Bardi nel 1310, con tre quote; il 3 ag. 1311 fu nominato, insieme a Bonaccorso Tecchi e a Verino Rinieri, procuratore della casa in Cipro e "in tutto il mondo", per la durata di un anno. La procura gli fu rinnovata l'8 luglio 1313, unitamente al Rinieri, al quale si aggiunse Benedetto Iacobi; alcuni atti notarili ricordano la rimessa di decime fatta dal B. da Cipro. Ancora nel 1331 èricordato come membro della compagnia, con sei quote e mezza. Il danaro guadagnato con i traffici e con le operazioni bancarie fu impiegato da Giovanni nell'acquisto di fondi rustici, specialmente nelle valli della Greve e dell'ema, fino a Montescalari; più di cento contratti ricordano ancora oggi gli acquisti fatti, i mutui concessi ai confinanti, l'accaparramento di appezzamenti minimi, la compartecipazione a proprietà altrui, a una metà, un quarto, un terzo del valore dei beni. La documentazione ancora esistente fa intravedere un piano preciso, tendente alla formazione di una proprietà unita, ben amministrata, resa produttiva anche a costo di vincere le comprensibili resistenze opposte dai vicini, talvolta costretti loro malgrado a cedere i propri beni, indispensabili al fine che il B. si proponeva. Altre unità agrarie furono costituite con gli stessi metodi intorno a Celle e a San Donato in Avena. Secondo il costume del tempo, questo accorto mercante fu anche uomo di pietà, partecipando alle varie opere di carità esistenti in Firenze; a questo proposito va ricordata la donazione di un podere del valore di 400 fiorini d'oro. Morì il 16 sett. 1340. Non si conosce il nome della moglie, dalla quale ebbe i figli Ridolfo (detto Doffo), Margherita, Bindo, Luigi e Bartolo.
Suo fratello RIDOLFo, detto anch'egli Doffo, fece parte della compagnia del 1310 con Lapo e altri sedici soci (della quale fu a capo dopo la morte di Lapo, avvenuta nel 1322) e dell'altra fondata nel 1331, con altri undici compagni. Nel 1332 ebbe parte nella direzione della guerra antiscaligera, come membro della magistratura straordinaria dei Sei incaricati di guidarla; la sua presenza in quell'ufficio si spiega con la partecipazione della compagnia Bardi al finanziamento della guerra. Come gli altri consorti, favorì l'ascesa del duca di Atene alla signoria di Firenze; ma passò anche lui ben presto tra i nemici del signore e ne preparò la caduta. Fu incluso nella Balia presieduta dall'arcivescovo Acciaiuoli e in seguito'rappresentò la parte magnatizia nella magistratura degli Otto di Guardia (ottobre 1343). Il fallimento della compagnia lo portò a Londra, per recuperare i crediti verso la corona inglese; Edoardo III lo conosceva da tempo e gli aveva fatto diversi regali. Il 9 febbr. 1357, insieme con Filippo, Piero di Filippo e Doffa de' Bardi, egli costituì la nuova compagnia, con sede a Londra. 1 metodi duri e spietati seguiti nell'esigere i crediti, la contemporanea insolvenza nei confronti dei propri creditori, favorita dalla protezione reale, le speculazioni operate giovandosi dei capitali ricevuti e dei debiti non pagati, meritarono a questa compagnia un diffuso odio, specialmente tra i soci fiorentini, lasciati al loro destino dopo il fallimento.
FILIPPO, fratello dei precedenti, ricopri cariche pubbliche in Firenze (ufficiale della dogana dei sale nel 1324) e fu incaricato di una missione diplomatica a Siena nel 1327. Fu tra i Bardi ostili alla signoria del Brienne e contribuì a cacciarlo da Firenze. La rovina finanziaria della compagnia lo portò a Londra, dove, nel 1357, con Ridolfo e Piero Bardi, la riorganizzò, sotto la protezione di Edoardo III. La triste sorte dei soci fiorentini abbandonati nella sventura costituì per Filippo un motivo di continuo rimorso, tanto che, morendo a Londra nel suo palazzo, egli sentì il bisogno di scagionarsi e affermò nel testamento (rogato da ser Paolo di Giovanni) che la separazione era avvenuta con consenso di tutti, anche se in seguito, vistisi perduti, i soci fiorentini lo avevano accusato di averli trascurati volutamente. La partecipazione di Filippo alla compagnia Bardi risaliva al 1319, quando egli vi entrò con tre quote; esse aumentarono a quattro nel 1329. Fin dal V luglio 130g era stato "fattore" della compagnia, con uno stipendio iniziale di is lire, che furono gradualmente aumentate a 160. Come altri suoi compagni, e come tanti altri mercanti, Filippo aveva investito i propri guadagni in terreni irrigui, presso Carmignano e Tizzana, nel Pratese e nel Pistoiese. Dai matrimoni con Lucia di Alessio Baldovinetti e con Bice di Gualterone Macci ebbe i figli Agnolo, Bartolo, Gualterone, Adovardo e Manfredo.
Fonti e Bibl.: Firenze, Bibl. Naz. Centrale, Carte Passerini,n. 45, tav. XVI, pp. 221-234, 238, 239; Archivio di Stato di Firenze, Biblioteca, Mss., Priorista fiorentino Mariani, sub voce Bardi; A. Gherardi, Le consulte della Repubblica fiorentina, I, Firenze 1896, pp. ss, 179, 187, 340, 478; 11, ibid. 1896, pp. 47, 142, 262, 264, 281, 660, 661, 664, 669 (per Bartolo); D. Comipagni, La Cronica,a cura di I. Del Lungo, in Rerum Italic. Script., 2 ediz., IX, 2, pp. 17, 68 (per Bartolo); I. Del Lungo, Dino Compagni e la sua Cronaca, II, Firenze 1879, pp. 24, 99, 112 (per Bartolo); A. Sapori, La crisi delle compagnie mercantili dei Bardi e dei Peruzzi,Firenze 1926, pp. 36, 79 s., 83, 86-90, 91, 107, 126, 154, 156, 175, 179, 223, 243-281; Y. Renouard, Les relations des papes d'Avignon..., Paris 1941, p. 168; A. Sapori, I mutui dei mercantifiorentini del trecento...e La beneficenza delle compagnie mercantili, in Studi di storia economica, Firenze 1955, MI, pp. 191-221, 839-858.