BARNABA da Modena (Agocchiari)
Figlio di Ottonello e di Francesca Cartari, nacque a Modena da una famiglia originaria di Milano. Il cognome della famiglia, De Agoclaris, deriva dal mestiere del bisnonno di B., Ottonello, già stabilito a Modena al principio del sec. XIV, ma ricordato come milanese (G. Bertoni, P. E. Vicini). Ignota è la data di nascita di B., che si deve probabilmente collocare tra il 1325 e il 1330 circa. La prima notizia che lo riguarda si trova m un documento genovese del 13 ott. 1361, che concerne l'Assunzione per tre mesi da parte di B. di un aiuto nella persona del pittore Angelo da Firenze, di cui si hanno notizie in Genova dal 1357 al 1386. Successivamente un contratto analogo è stipulato per due mesi il 18 luglio 1362 tra B. e il senese Barnaba di Bruno, già attivo in Genova dal 1358 e nel 1360 aiuto del pittore Giovanni Re da Rapallo (Alizeri ). In questo secondo documento B. è detto "civis et habitator Ianuae ". B. risulta dunque abitante di Genova ed è probabile che vi risiedesse ormai da qualche anno, se non proprio da dieci come è stato proposto, essendo questo di consuetudine il tempo necessario per assumere la cittadinanza genovese. Il 26 apr. 1364 egli viene pagato per dipinti eseguiti nella cappella ducale e per una tavola da altare (Vami, Alizeri). Nel 1367 firma e data "in Ianua" (come fu letto da A. Venturi, 1888) una Madonna col Bambino ora all'istituto Stadel di Francoforte, dove è giunta nel 1830 proveniente da Bologna (F. Bonaini su notizia di G. Campori); in questo stesso anno B. è ricordato nel testamento del padre, steso in Modena nel maggio del 1367 (Bertoni-Vicini). Nel 1369 firma una Madonna, già al Museo di Berlino (acquistata nel 1845 e andata distrutta durante l'ultima guerra), e nel 1370 un'altra Madonna, già nella chiesa dei domenicani a Rivoli, poi, dopo lunghe peripezie (Gazzera, Cibrario), acquistata nel 1875 dalla Pinacoteca Sabauda di Torino (Vesme). Sempre nel 1370 è ricordato da un documento genovese del 10 maggio, che riguarda il restauro di una tavola posta nella genovese Loggia de, Banchi. Successivamente, nel 1374, firma una tavola, ora nella National Gallery di Londra, e nel 1377 una Madonna col Bambino ora in San Giovanni di Alba e anticamente nella chiesa dei francescani della stessa città (Tiraboschi su comunicazione dei Vemazza, Della Valle). Il nome di B. ricompare poi in un documento pisano del 1380. Il 2 di giugno di quell'Anno l'operaio del duomo di Pisa mandò a Genova un suo inviato, maestro Giovanni di Pessino da Lucca, con l'incarico di invitare B. a venire a Pisa a finire le Storie di s. Ranieri in Camposanto, iniziate da Andrea Bonaiuti da Firenze (Bonaini). Andando a Pisa B. dovette passare da Modena perché un documento dell'8 ott. del 1380, relativo alla vendita di una casa, ne attesta la presenza nella città emiliana (Bertoni-Vicini). Nel 1383 è di nuovo a Genova (Alizeri 1870, Bertoni-Vicini) e l'ultimo documento che lo riguarda è del 9 novembre di quell'anno.
Le date apposte ad altre opere come la Madonna del Museo Civico di Torino (1356), il polittico di Lavagnola (1376?), i polittici di Murcia offrono troppe difficoltà di decifrazione per poter figurare in un regesto cronologico. In assenza di fonti antiche la riscoperta di B. da Modena è avvenuta alla fine del '700, parallelamente a quella dell'Altro grande modenese, Tomaso, ad opera soprattutto dell'erudito piemontese Giuseppe Vernazza di Freney, corrispondente del Tiraboschi, del Lanzi e del Della Valle, il quale comunicò ai suoi dotti amici notizie sul quadro di B. ad Alba, conservato oggi nella chiesa di S. Giovanni. In quegli stessi anni (1785) la tavoletta del 1374, oggi alla National Gallery di Londra, passava nella collezione del D'Agincourt, che la riprodusse poi ad incisione nella sua Storia, dichiarando di non conoscerne né la provenienza né le successive vicissitudini. Altri quadri di B. emergono grazie ad Alessandro da Morrona, che nella prima edizione della sua Pisa illustrata ne ricorda due nella chiesa di S. Francesco in Pisa (la Madonna del latte, tuttora conservata nel Museo nazionale di S. Matteo, e una Incoronazione della Vergine e santi andata perduta), mentre nella seconda edizione descrive la grande pala della Madonna in trono fatta da B. per i mercanti pisani (come ricordato dall'iscrizione), ora anch'essa al Museo nazionale di Pisa. Nel corso dell'ottocento il catalogo e la notorietà di B. crescono costantemente, vengono successivamente in luce le Madonne della Pinac. Sabauda di Torino (Gazzera, Cibrario), di Francoforte (Campori) e di Berlino; il Bonaini, il Varni e l'Alizeri rit~ovano e pubblicano documenti che lo riguardano e una prima definizione critica della sua personalità viene data dal Cavalcaselle. Nei primi anni del Novecento vengono pubblicati altri documenti da Bertoni e Vicini, mentre il catalogo si amplia ancora, grazie precipuamente al Toesca (1906, 192-223), ad A. Venturi (1905, 1906, 1907, 1908), al Suida, al Mason Perkins, e più tardi al Berenson, al Longhi. Si intrecciano ipotesi sulla sua forinazione, e vengono chiarite le sue origini francamente emiliane (Thode, A. Venturi, Suida, e particolarmente Longhi), mentre i rapporti con la tradizione senese vengono messi in luce (Toesca) e talora esageratamente ampliati tanto da farli diventare quasi esclusivi (Ricci, Mason Perkíns). Recentemente, grazie alle iniziative della soprintendenza alle gallerie per la Liguria, numerose opere sono state restaurate e restituite in condizioni di leggíbilità tali che hanno permesso di riconfermame definitivamente la paternità (polittici di Lavagnola e di S. Bartolomeo in Fossato, Madonne della chiesa dei SS. Cosma e Damiano a Genova e della cattedrale di Ventimiglia, Madonna della Misericordia in S. Maria dei Servi a Genova, ecc.).
Sulla base di queste ricerche il percorso artistico di B. da Modena può essere dunque oggi approssimativamente ricostruito. La sua formazione fu emiliana, direttamente discendente dagli esempi di Vitale da Bologna, ma aperta anche a certe particolarità di Iacopino. A questo periodo il Longhi (1950) ha attribuito il Noli me tangere della collezione Fila di Biella, e sono pure attribuibili l'anconetta firmata della pinacoteca di Modena e forse la Crocifissione del John Herron Museum di Indianapolis. Successivamente B. si stabilisce a Genova, in un ambiente cioè fondamentalmente conservatore per ciò che riguarda le cose dell'Arte, tradizionalmente aperto alle influenze bizantine, ma anche in continuo rapporto con la Toscana, in particolare con Pisa e con Siena, come dimostrano le opere di due grandi liguri della prima metà del secolo, il Maestro di S. Maria di Castello e Bartolomeo da Camogli. là a Genova, dove la frequente assunzione di aiuti e il grande prestigio delle commissioni ricevute (decorazione della cappella ducale) attestano la grande importanza assunta dalla sua bottega, che B. definisce il suo linguaggio che in seguito subirà mutamenti sostanzialmente lievi. La Madonna di Francoforte del 1367 è la sua prima opera datata, a questa si collegano la Madonna di Boston, già Langton Douglas (Mason Perkins, 1915), la Madonna della coll. Crespi-Morbio di Milano (C. Gamba, 1923) e la Madonna già Bertone di Breme, ora al Museo Civico di Torino (F. Gamba, 1880, V. Viale). La qualità monumentale di queste opere, sorte dal felice confluire di ricordi enúliani, di stilemi bizantini (in particolare l'uso di strigilature d'oro nelle vesti, che B. non abbandonerà se non in rarissimi casi) e di elementi senesi, pur meno numerosi di quanto a volte si sia voluto suggerire, si attenua in quelle successive a cominciare dalle Madonne di Berlino e della Pinac. Sabauda di Torino, fino alla serie quasi stereotipa delle Madonne del latte, da quella albese del 1377 a quella di Tortona, ritrovata dal Toesca (1922-23) a quelle della collezione Bergui di Alba e del Museo nazionale di S. Matteo a Pisa e della chiesa dei SS. Cosma e Damiano a Genova. Alla ripetizione quasi puntuale di una formula che nelle singole opere si diversifica attraverso minime e pur sensibili variazioni hanno spinto senza dubbio il successo riscosso dai prototipi e le abitudini della bottega.
È verosimile, malgrado ne sia stata proposta una datazione più precoce (Rotondi), che la grande Madonna dei mercanti pisani (Pisa, Museo nazionalele, sia databile nel 1380, anno in cui B. dovette venire nella città toscana, chiamatovi dall'operaio del duomo per un compito cui poi, per ignote ragioni, non diede mano (le Storie di s. Ranieri furono infatti terminate da Antonio Veneziano). In questa opera B., grazie a nuovi contatti con l'Arte toscana, recupera una certa qualità monumentale che si era andata perdendo nella serie delle Madonne del latte. là certo tuttavia che rapporti precisi esistono tra quest'opera e la tavoletta di Londra, datata 1374, con Incoronazione della Vergine, Trinità, Madonna adorata da due fedeli (il doge Domenico Fregoso e la moglie come ha suggerito il Ricci?), Crocifissione, I dodici apostoli. Prossimo alla tavola di Londra è il polittico di Lavagnola (1376?) ritrovato dal Toesca (1922-23) e recentemente illustrato dal Rotondi (1955), come pure la Madonna di Misericordia della genovese chiesa dei Servi, databile prima del 1377 per la presenza tra gli oranti dell'Arcivescovo domenicano Andrea della Torre morto in quell'Anno. A questi anni spettano pure la S. Caterina di una collezione privata sudamericana pubblicata dal Longhi (196 1) e, probabilmente, le due tavolette con la Natività e la Fuga in Egitto del Museo civico di Bologna (attribuite a B. dal Longhi nel 1932), che forse costituivano un unico complesso con la Pentecoste della National Gallery di Londra e l'Ascensione già Sterbini, ora in Campidoglio. Anche i due polittici di Murcia, uno dedicato a S. Lucia, l'Altro con al centro la Vergine allattante, per lungo tempo montati insieme a formare un unico grande politt,ico a più ordini (che si tratti di opere diverse è confermato tra l'Altro dalle due firme), si collocano, con tutta probabilità, nel, decennio 1370-80. Verso il 1380 è databile il polittico di S. Bartolomeo del Fossato, dove i due donatori inginocchiati sono stati identificati dal Rotondi in Lanfranco Sacco, arcivescovo di Genova tra il 1377 e il 1381, e frate Matteo da Perugia, abate del monastero di S. Bartolomeo. All'ultimo periodo dell'Attività di B. appartengono la Madonna del duomo di Ventimiglia, ritrovata dal Toesca (1906), l'Affresco con il Giudizio universale su una anonima tomba della chiesa di S. Agostino in Genova (Toesca, 1951), il Crocifisso della stessa chiesa (Rotondi, 1956), la Madonna della collezione Schiff di Roma (Mason Perkins, 1916) e la tavoletta della collezione Volterra (Bonacini, 1927) che presenta precise influenze senesi, nonché l'Annunciazione di Altenburg (Beenken, Brandi).
L'Arte di B. da Modena ebbe una larga eco in Liguria e sulle coste del Mediterraneo occidentale. Il suo linguaggio e soprattutto ì suoi schemi sono ravvisabili in molte opere liguri della fine del Trecento e degli inizi del Quattrocento, e in particolare in quelle di Niccolò da Voltri. In Sicilia influenze precise di B. si manifestano in una Annunciazione al Museo nazionale di Palermo, forse di origine ligure (Longhi, 1953). Anche in Piemonte, cui molte opere di B. furono destinate (senza che ciò implichi una sua eiettiva presenza nella regione), sì avvertono segni della sua influenza (tavole nella parrocchiale di Avigliana, affresco frammentario con l'Annunciazione in S. Pietro di Avigliana); ma i più significativi portati dell'Arte di B. sono da ricercare in Catalogna, dove i polittici di Murcia (verosimilmente inviati da Genova e non eseguiti in loco) hanno costituito un importante punto di riferimento per la cultura locale (come ben visto da R. C. Post e F. Bologna), e in Siena stessa, attraverso la mediazione di Taddeo di Bartolo, che durante la sua attività in Liguria e a Pisa ebbe modo di conoscere e di studiare i testi del Modenese.
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