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BARMECIDI

di Giorgio Levi Della Vida - Enciclopedia Italiana (1930)
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BARMECIDI (arabo Banū Barmak o al-Barāmikah)

Giorgio Levi Della Vida

Famiglia persiana che diede ai primi califfi ‛abbāsidi una serie di uomini di stato. La tradizione li vuole discesi dal sommo sacerdote di un tempio buddhistico della Battriana; il primo di essi che rivestì uffici pubblici fu Khālid ibn Barmak, consigliere dei due primi ‛abbāsidi Abū'l-'Abbās e al-Manṣūr, che gli affidarono il comando di imprese militari nell'Asia centrale, la direzione delle finanze dell'Impero, finalmente il governo di Mossul. Anche maggiori furono l'influenza e il potere del figlio di Khālid, Yaḥyà, il quale fu consigliere di al-Mahdī e precettore del figlio di lui, Hārūn ar-Rashīd. Quando questi divenne califfo (170 èg., 786 d. C.), Yahyà al-Barmakī ebbe il titolo di vizir e fu, per diciassette anni, il vero capo dell'Impero musulmano; i suoi due figli al-Faḍl e Gia‛far (il primo dei quali era fratello di latte del califfo) ebbero anch'essi prestigio e autorità quasi senza limite, al-Faḍl soprattutto nelle provincie orientali, dove ebbe varî governatorati e compì imprese militari, Giaf‛ar come governatore dell'Egitto, poi della Siria, finalmente dal Khurāsān e del Sigistān, ma, soprattutto, come favorito e confidente del califfo, presso il quale risiedette quasi sempre, tenendo solo per brevissimo tempo i governi affidatigli. Il colmo della potenza di Gia‛far fu dato dal suo matrimonio con ‛Abbāsah, sorella di Hārūn; ma la sua disgrazia giunse fulminea, e con improvvisa risoluzione il califfo lo fece crudelmente giustiziare (nel 187 èg., 803) e gettò in carcere il padre Yahyà, il fratello al-Faḍl e altri due fratelli, ordinando la confisca delle loro immense ricchezze: Yaḥyà e al-Faḍl morirono in prigione, il primo nel 190 èg. (805), il secondo 193 (808).

La causa della catastrofe (che colpì straordinariamente l'opinione pubblica) è indicata dalla leggenda nell'infrazione di Gia‛far e ‛Abbāsah al divieto del califfo, il quale avrebbe combinato il matrimonio del favorito con la propria sorella soltanto per dar modo a questa di esser terza nei suoi colloqui con Giaf‛ar senza violare la legge musulmana relativa alla segregazione delle donne, e avrebbe proibito che le nozze fossero mai consumate; in realtà Hārūn dovette temere l'eccessivo potere dei Barmecidi e prestar ascolto alle suggestioni dei loro avversarî, tra i quali il più influente era Faḍl ibn ar-Rabī‛, più tardi nominato vizir al posto di Yaḥyà; forte a screditare i Barmecidi contribuì la fama di essere poco zelanti nella religione e di favorire i Persiani contro gli Arabi.

Numerosissimi sono, nelle letterature araba e persiana, gli aneddoti sui Barmecidi, citati a esempio della caducità della fortuna, ricordati per la protezione da essi data alle lettere e alle arti (specie al canto e alla musica); la figura di Gia‛far ha poi subito la stessa trasformazione di quella del suo sovrano Hārūn ar-Rashīd in uno dei cicli di novelle delle Mille e una notte (v.).

Bibl.: L. Bouvat, Les B. d'après les historiens arabes et persans, in Revue du monde musulman, XX (1912), pp. 1-132 (con bibl. prec.).

Vedi anche
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    Famiglia persiana, che nella seconda metà del sec. 8º diede ai califfi abbasidi una serie di ministri e uomini di stato. Il primo di essi è Khālid ibn Barmak, consigliere di Abū l-῾Abbās e al-Manṣūr; ancor maggiore influenza ebbero, con al-Mahdī, il figlio di Khālid, Yaḥyà; con Hārūn ar-Rashīd, i figli ...
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