BARDESONO di Rigras, Cesare
Nacque a Torino il 27 giugno 1833, dal conte Girolamo e da Maria Teresa Valperga Santus; studiò a Stresa e a Torino, ove si laureò in giurisprudenza ed entrò il 31 ag. 1855 nella carriera delle intendenze provinciali del ministero dell'Intemo.
Per la posizione della famiglia e le personali qualità, il B. vantava conoscenze e stima nei più qualificati ambienti dei Piemonte e delle rappresentanze estere e tra i molti emigrati che da tutt'Italia erano convenuti in Piemonte e andavano raggruppandosi sotto la crescente influenza del Cavour. Questi, legato da amicizia alla famiglia del B., s'interessò subito del giovane funzionario procurando di sfruttarne i talenti e le aderenze nel quadro dei vasti piani che andava allora sviluppando. Il B. subì in pieno il fascino del Cavour, da cui apprese quel profondo senso di rispetto per i principi del più genuino liberalismo costituzionale e di disdegno per ogni forma di radicalismo che caratterizzarono costantemente il suo comportamento di amministratore.
Pur continuando la carriera, il B. fu in realtà impiegato in servizi straordinari e delicati presso il ministero e Cavour, venendo a far parte di quel circolo di fedelissimi che, col Massari in testa, in quegli anni fervidi di eventi circondarono il ministro. Ebbe allora modo di farsi apprezzare dal Minghetti e soprattutto dal Farini, e dall'ambiente degli esuli napoletani trasse un vivo interesse per i problemi dell'Italia meridionale.
Gli avvenimenti del 1859 posero il B. in prima linea tra coloro che contribuirono ad affrettare l'opera di unificazione. Seguì il Farini in Emilia come segretario addetto al suo gabinetto particolare. Consigliere presso l'ufficio di governo di Milano il 14 maggio 1860, l'11 agosto era nonunato intendente di prima classe a Faenza, provincia ritenuta particolarmente difficile per le tendenze estremiste del ceto dirigente. Quivi il B. ottenne effetti sorprendenti non solo raffrenando quelle popolazioni, ma meritandone la stima e l'affetto.
Gli avvenimenti che nell'Italia meridionale tennero dietro ai facili entusiasmi della liberazione e la crisi che in quelle province si faceva sempre più acuta risvegliarono nel B. l'interesse per i problemi meridionali. Quando Eugenio di Carignano fu inviato ad assumere la successione del Farini in Napoli, pose tra le varie condizioni l'assegnazione del B. al seguito, e l'ottenne per l'intervento del re presso Minghetti, che tenacemente si era opposto sostenendo la sua insostituibilità in Faenza. In Napoli il B. si occupò delle elezioni amministrative e dell'organizzazione delle guardie nazionali. Aggravandosi la situazione nelle Pugláe, l'ii marzo 1861 fu incaricato di reggere temporaneamente il governatorato di Capitanata, dove procurò di debellare il brigantaggio studiandone le cause con frequenti visite nelle località più turbolente e con l'esame della situazione sociale dei paese, criticando aspramente i sistermi repressivi del Pinellì e del Cialdini. Al tempo stesso però entrava in polemica con i gruppi democratici e radicali e principalmente col Ricciardi, in nome e a difesa del suo moderatismo. Per questo polemiche, che ebbero eco anche in Parlamento, e per un accentuato contrasto col segretario generale De Biasio, ottenne il 31 ag. 1861 il trasferimento a Pesaro. Il 20 ag. 1862 veniva messo a disposizione del Cialdini e tornava nell'Italia meridionale, eseguendo, prima, una visita ispettiva nelle Calabrie e assumendo poi, il 14 settembre, la prefettura di Salemo. Pel suo matrimonio con una giovanetta salernitana, Elisabetta Valles, imparentata con i Winspeare, il 25 maggio 1865 passò a Reggio Calabria. Quivi, nel marzo 1866, un attentato contro il barone Antonio Mantica e la protesta a stampa da questo indirizzata al B. provocarono la soppressione dell'Associazione cattolica italiana per la libertà della Chiesa in Italia, sorta allora in Bologna e dal Mantica diffusa in Calabria. Prefetto a Catania dall'8 marzo all'8 ott. 1868, il B. passò a Bologna, ove incontrò difficoltà e polemiche specie per i rapporti che strinse con Franco Mistrali, acre polemista. Anche qui il B. non si discostò dai suoi principi di moderatismo liberale: ne fa prova la serenità dell'inchiesta condotta nell'estate del 1870 sul Carducci, accusato di antimonarchismo. Trasferito a Mantova il 26 ag. 1873, passò il 13 ottobre a Udine. Intanto il B., che nel progressivo sfaldamento della destra storica vedeva la conseguenza dell'abbandono della via segnata dal Cavour, entrava in polemica con i dirigenti del suo vecchio partito da cui veniva relegato in posizione di isolamento, culminata con la messa a disposizione in data 16 marzo 1876. Il Depretis e il nuovo governo di sinistra, apprezzando l'abilità di amministratore del B. e l'atteggiamento da lui assunto negli ultimi mesi, lo destinarono alla prefettura di Milano il 19 aprile. Il 16 novembre il B. veniva chiamato al Senato, ove però per le sue funzìoni non poté di fatto sedere, e il 2 febbr. 1877 era promosso prefetto di prima classe. Ma restava uomo d'altrì tempi: in Milano invano si adoperò per rompere la cosiddetta "crosta" del partito moderato; la sua politica d'altalena nei riguardi dei repubblicani, che cercò di usare contro i moderati, rese insostenibile la sua posizione, e il 29 luglio 1878 fu trasferito prima a Firenze e poi, il 23 febbr. 1879, a Palermo. Qui urtò contro un'opposizione crescente, che affondava le sue radici in un sempre più accentuato disagio economico e sociale; il B. fu posto il 16 dic. 1887 in aspettativa, donde, a un anno di distanza, per le calde preghiere della moglie, lo trasse il Crispi mettendolo in disponibilità al lúinistero, ma senza specifiche funzioni.
Morì a Roma il 4 genn. 1892.
Se il B. fu dai contemporanei variamente giudicato, a seconda delle passioni e polemiche che scaturivano dalle sue delicate cariche, il giudizio più recente è largamente positivo. Ebbe profonda preparazione e competenza anuninistrativa, e saldi principi liberali. Delle prime sono prova i molti opportuni provvedimenti, soprattutto nell'Italia meridionale, per organizzare le amministrazioni locali e moralizzare la burocrazia, nonché le relazioni su alcuni tra i problemi amministrativi più dibattuti, come un lungo rapporto al Massari del 23 febbr. 1862 sul problema della regolamentazione dei controlli sopra le amministrazioni degli enti locali. Dei secondi, la tenace convinta affermazione del moderatismo liberale rispettoso delle guarentigie costituzionali. Nel citato rapporto al Massari, trattando dei metodi per combattere il brigantaggio e insieme la demagogia, affermava: "io sono d'avviso che i mezzi illegali non siano soltanto inopportuni ma assurdi e impossibili". Condannando i sistemi di Liborio Romano nell'amministrazione delle province meridionali, agì energicamente contro l'influenza della camorra e contro la corruzione che imperava in vaste sfere della burocrazia meridionale, ma fu tra i pochi Piemontesi che non indulsero a facili recriminazioni contro il mondo napoletano. Nel rapporto del 30 luglio 1861 sulla situazione in Puglia osservava che il brigantaggio traeva le vere cause da uno stato di acuto disagio economico e sociale specie dei ceti contadini "trattati dai proprietari con una crudeltà e un'avarizia peggiori assai di quelle che subiscono i neri in America". Convinto della missione della borghesia nello Stato moderno di diritto, vedeva nell'impreparazione e grettezza dei ceti medi meridionali e nella conseguente miseria delle popolazioni contadine la causa prima della crisi del Napoletano, crisi che assai opportunamente intendeva come crisi generale dello Stato. Riteneva inoltre che i problemi che variamente andavano configurandosi nell'opera di unificazione si risolvessero di fatto in un problema di educazione ed elevamento sociale, economico e morale.
Fonti e Bibl.: Roma, Museo Centrale del Risorgimento, Fondi documentari,buste 42, 154158, 251, 304, 477, 556, 618, 619, 809; Arch. Centrale dello Stato, Ruolo del Personale (Prefetti e consiglieri) del Ministero dell'Interno, divisione I, luglio 1891-dic. 1893; Carte Depretis, IV, b. 7; Torino, Museo del Risorgimento, Carte Bardesono; Bologna, Bibl. com. dell'Archiginnasio, Carte Minghetti,cartoni VIII, IX, XIV; Raccolta Gozzadini, cartone I; Manoscritti Tanari,cartone XXIII,31; Ravenna, Bibl. Classense, Carte Farini,Lettere a Farini, nn. 158-161; Palermo, Società siciliana di Storia Patria, Carte Crispi,fasc. 428 e busta 112; Torino, Arch. di Stato, Cariche,1855-58 e 1859-60; Napoli, Arch. di Stato, Alta Polizia,181; Ministero dell'Interno, III, 753 e 1479; Assienti, vol. 1195, f. 295 r.
Sull'attività espletata dal B. quale prefetto, cfr. le serie amministrative Prefettura degli Arch. di Stato di Foggia, Salerno, Reggio Calabria, Catania, Firenze, Palermo; in particolare Bologna, Arch. di Stato, Prefettura, Gabinetto,categoria 1, sez. II, anni 1869-71 (fascicoli personali); serie I, anno 1873, "miscellanea di atti su funzionari e impiegati del Ministero dell'Interno"; Ibid., Prefettura,53 e 57; Palermo, Arch. di Stato, Prefettura, Gabinetto,80-103.
Sulla nobiltà del B. e della sua famiglia cfr. A. Manno, Il Patriziato subalpino, Il,Firenze 1906, pp. 183 S.
Sul B., la sua attività, l'ambiente in cui operò, innumerevoli spunti possono trarsi dalle autobiografie e dalle pubblicazioni di carteggi e memorie dei maggiori esponenti della classe dirigente italiana del sec. XIX. In particolare, per i Carteggi di C. Cavour,cfr. Indici,Bologna s. d. [ma 1961), p. is, e per G. Massari, Diario dalle cento voci,a cura di E. Morelli, Bologna i 959, vedi Indice.Sì veda anche Diz. del Risorgimento naz., II, p. 178; T. Sarti, Il Parlamento subalpino e nazionale,Terni 1890, p. 89; Lettera del barone Antonio Mantica al sig. co. C. Bardesono Prefetto di Calabria Ultra prima in Reggio,Reggio Calabria 1866 (cfr. anche A. Berselli, L'Associazione Cattolico-Italiana Per la difesa della Libertà della Chiesa in Italia [1863-18651, ìn Quaderni di cultura e storia sociale, 111 [19541, n. 4, p. 240); B. Croce, Giosuè Carducci nel rapporto di un Prefetto nel 1870, in La Critica, XXIX (1931), PD. 395-98; R. Moscati, Lettere di S. Spaventa al Prefetto di Salerno, co. C. Bardesono di Rigras,in Arch. stor. Per la Prov. di Salerno, VI, 2 (1933), pp. 185-93; C. Morandi, La sinistra al Potere, Firenze 1944, pp. 13I-34epassim; G.P. Carocci, Agostino Depretis e la politica interna italiana dal 1879 al 1887, Torino 1956, pp. 74, 75, 122, 137, 197, 566 e passim; E. Passerin d'Entrèves, L'ultima battaglia politica di Cavour, Torino 1956, pp. 289, 300, 338, 340 e passim; C. Villani, Risorgimento dauno, cronistoria di Foggia (1848-70), Foggia 1960, p. 183.