BARBIERI, Niccolò, detto il Beltrame
Nato a Vercelli nel 1576, a venti anni fuggì di casa per unirsi a un "mont'in banco sopranominato Monferino", al quale faceva da "spalla". Si imbatté poi per caso in una compagnia di comici, i quali, avendo notato in lui qualche disposizione per la loro arte, lo accolsero fra loro insegnandogli le "regole necessarie" per diventare un professionista dell'arte". Questa esperienza gli riuscì preziosa, se già nel 1600 faceva parte della famosa compagnia dei Gelosi, diretta da F. Scala, quando questa fu chiamata a Parigi da Enrico IV.
Morta Isabella Andreini e scioltasi la compagnia, il figlio Giovanni Battista ne costituì una nuova, che chiamò dei Fedeli, alla quale si unì anche il Barbieri. Coi Fedeli egli si recò a Milano nel 1606, a Torino nel 1609, a Bologna nel 1611, ancora a Milano nel 1612, finché, richiamata da Maria de' Medici, la compagnia fece ritorno a, Parigi stabilendosi all'Hôtel de Bourgogne. I Fedeli rimasero a Parigi fino al 1618, dopo di che ritornarono in Italia, e il B., che intanto si era acquistato una notevole fama, si separò dalla compagnia formandone una propria. Tornò nel 1623 a Parigi, ove sembra che fosse tenuto in gran considerazione da Luigi XIII e considerato, assieme a G. B. Andreini e a F. Gabrielli, il più illustre comico del tempo. Dopo tre anni rientrò in patria; il passaggio della sua compagnia è registrato ancora nel 1629 a Torino e nel 1630 forse a Venezia.
In difesa della propria attività professionale e dell'arte comica in genere il B. diede alle stampe il Trattato sopra l'arte comica, cavato dalle opere di San Tommaso e d'altri santi, Genova 1627. L'anno seguente pubblicò un secondo opuscolo, Discorso familiare intorno alle moderne comedie, Ferrara 1628, dedicato a Luigi XIII di Francia.
In quel periodo erano stati pubblicati ed avevano avuto larga diffusione "alcuni libricciuoli" contro i comici dell'arte. Il B., "uorno di sommo raziocinio", pensò di far fronte a questi scrittori ampliando il suo Discorso familiare e "fornendolo di buona erudizione". Ristampato per due volte nel 1629, fu gradito "dall'universale" questo strano lavoro che, ridondante di erudizione secentesca, irto di periodi complicati e aggrovigliati, ma eccezionalmente interessante per la ricchezza di notizie e testimonianze sulla commedia dell'arte, ha una notevole importanza per gli studi sulla moralità del teatro nel Seicento. Insieme con l'Andreini e con il Cecchini il B. infatti fu uno dei primi che osò alzare la voce in difesa di un'arte considerata unanimemente come diabolica, e anticipò la cospicua trattatistica che, affrontando il problema, si valse ampiamente dell'opera del B. sia per diritto di priorità, sia per la indiscussa validità delle argomentazioni.
Nel 1634, corretto da qualche errore di forma, riscontrato da certi accademici di Siena, il trattato fu nuovamente stampato col titolo La Supplica, discorso familiare di N. B. detto Beltrame diretta a quelli che scrivendo o parlando trattano de' Comici trascurando i meriti delle attioni virtuose. Lettura per que, galanthuomini che non sono in tutto critici, né affatto balordi, Venezia 1634 (rist. 1636).Intanto una commedia del B. correva trionfalmente fra i comici del tempo che la rappresentarono varie volte. Trattandosi soltanto di uno scenario, ognuno la improvvisava a suo modo, tanto che il B. stesso finì col non riconoscerla; fu così che decise di metterla per iscritto, seguendo passo passo le migliori interpretazioni date dai comici. Stampata a Torino nel 1629 col titolo L'inavertito, overo Scappino disturbato e Mezzettino travagliato, la commedia fu dedicata "alla serenissima Madama Christiana Ai Francia, Principessa di Piemonte".
Anche se redatta in uno stile prolisso, ridondante di discorsi lambiccati e concettosi, la commedia del B. ha una sua vivacità e vitalità, specie in certi dialoghi condotti con vera sapienza scenica. I caratteri dei vari personaggi sono svolti con una coerenza difficilmente riscontrabile in `áltri lavori del tempo. Anche il taglio delle scene, come le trovate comiche, il più delle volte veramente gustose, danno all'insieme di questo lavoro un senso di scioltezza e di brio che gli permisero di tenere il campo per più di un secolo; ancora nell'Ottocento il Rasi pensava ad una possibile rìpresa, con alcune modifiche, della fortunata commedia.
L'Inavertito ebbe una notevole fortuna letteraria: il Molière per primo ne sfruttò il soggetto per L'étourdi ou le contre-temps, nel quale si servì dell'Inavertito sia per il taglio delle scene sia per i caratteri dei personaggi. F. Quinault si ispirò all'Inavertito nell'Amant indiscret ou le maitre étourdi, rappresentata all'Hôtel de Bourgogne nel 1654 e stampata nel 1664, forse indipendentemente dalla conoscenza della commedia molieriana rappresentata solo un anno prima a Lione.
Sempre tratti dal lavoro del B. si conoscono diversi scenari, quali Oratio inavertito,nella raccolta di scenari veneziani, Amante inavertito, in quella napoletana, e infine in quella di A. Bartoli lo scenario dal titolo L'incauto ovvero l'inavertito.
E. Re pubblicò inoltre uno scenario di chiara derivazione barbieriana intitolato Truffaldino balordo flagello delle fortune del suo padrone, e lo stesso critico, forse cambiando i termini (poiché in realtà chi rovina i piani del servo furbo è lo stesso padrone), attribuisce a questo fortunato motivo del B. altri scenari e commedie, quali Il flagello del padrone, nella raccolta di scenari napoletani, Lelio inavertito, recitato a Parigi nel 1717, Il servo sciocco,ecc., oltre alla commedia goldoniana Il contrattempo o sia il chiaccherone imprudente (nata col titolo L'uomo imprudente).
Il B. godé buona stima alla corte di Francia: egli stesso, nella Supplica, molto modestamente ricordava che Luigi XIII gli aveva offerto il grado di soldato della sua guardia. Pari favori ebbe anche presso i sovrani di Toscana e Modena e il principe di Piemonte.
Sposatosi assai giovane, rimase vedovo dopo poco tempo, nel 1706, con due figli che assai piamente educò sì da fame due religiosi, una monaca agostiniana in Ferrara, l'altro domenicano in Alessandria. Egli stesso piú volte aveva deciso di chiudersi in convento, rinunciandovi per la -ferma opposizione esercitata dai suoi compagni.
La sua umanità si rifletteva anche nel personaggio che impersonava sulla scena, Beltrame, che, se anche il B. non creò dal nuovo, pure fissò nei suoi caratteri precisi in maniera definitiva: buon uomo buon marito, onesto mercante, di lingua sciolta e nello stesso tempo semplice, giusto. Originario della provincia di Bergamo, questo personaggio fu molto dibattuto nella sua definizione, sia dal Riccoboni sia dal Rasi, che gli attribuirono il ruolo di servo o di compare.
Al B. sono state attribuite diverse commedie e tragedie, opere del domenicano Niccolò Barbieri, suo contemporaneo. Tali attribuzioni sono già state contestate da A. Bartoli; di fatto la semplice ricognizione dei frontespizi scioglie ogni dubbio.
Il B. morì nel 164 1 a Modena .
Fonti e Bibl.: D. Ottonelli, Della Christiana moderatione del theatro, ricordo primo, detto la qualità della commedia..., Firenze 1646, passim; L. Allacci, Drammaturgia, Roma 1666, p. 179; L. Riccoboni, Ristoire du théátre italien depuis la décadence de la comédic latine..., Paris 1728, pp. 57, 58; F. Bartoli, Notizie istoriche de' comici italiani, I, Padova 1782, pp. 69-72; L. Moland, Molière et la comédie italienne, Paris 1867, pp. 145-160; A. Bartoli, Scenari inediti della commedia dell'arte, Firenze 1880, pp. CXLIII, gi-101; L. Rasi, I comici italiani, Firenze 1897, pp. 265-272; E. Rigal, Molière, Paris 1905, I, pp. 56-83; E. Re, La tradizione comica dell'Imprudente (Barbieri-Goldont),in Rivista teatrale italiana, VIII, (1910),pp. 65-71; P. G. Stroppa, Comici dell'arte vercellesi, in Arch. della Soc. Vercellese di storia e d'arte, III (1911), p. 463; E. Treves, N. B. detto il Beltrame comico del secolo XVII, ibid., V (1913), pp. 708-715; VI (1914), pp. 991-16; Enc. ital., VI, p.145; Enc. dello spettacolo, I, Coll. 1480-1481.