BARBETTI
. Maestri d'intaglio in legno. Gli artefici di questo nome rinnovarono nell'Ottocento l'esempio, frequente durante il Rinascimento, di una famiglia tramandantesi di padre in figlio la sapienza tecnica nell'arte d'intagliare il legno. Più che a difetto di facoltà loro, si deve ascrivere al gusto eclettico e al costume mediocre del tempo nel quale operarono, se nessuno dei Barbetti produsse opere spiccatamente originali. Essi risentirono particolarmente l'influenza di quella cultura accademica e di quella estetica fra neo-classica e neo-rinascimentale che tennero in soggezione l'ispirazione artistica della prima metà del secolo XIX e influirono su di essa nel senso di allontanarla dalle schiette sorgenti della vita e dello spirito. I Barbetti contribuirono ad una vera e propria restaurazione della tecnica dell'intaglio, non solo in Siena, loro città natia, ma benanche in Firenze. Raramente però essi trovarono la giusta proporzione fra tecnica e stile, sicché la loro eccezionale bravura non di rado trasmodò in virtuosismo.
Capostipite di questa famiglia, per quanto è dell'arte, fu un Massimiliano, intagliatore, nato in Siena, e ivi operante tra la fine del sec. XVIII e i primi del XIX. Angiolo, figlio di Massimiliano, intagliatore-stipettaio, nacque in Siena nel 1806 e morì in Firenze nel 1873. Fondò, dapprima nella sua città, una scuola d'intaglio, alla quale si fecero i più valenti e rinomati artefici senesi dell'epoca. Nel 1841 si trasferì a Firenze, dove la sua attività guadagnò, in breve, grande rinomanza in tutt'Italia e, più ancora, all'estero. Anche in Firenze Angiolo B. educò intorno a sé una schiera di espertissimi intagliatori, fra i quali i propri figliuoli - Egisto, Ottavio, Raffaello, Rinaldo - così da formare una vera e propria "scuola", alcuni componenti della quale portarono il loro virtuosismo all'estero. Con Angiolo B. si trasferì a Firenze un gusto gracile e gentile, fittamente rabescato, riecheggiante la tradizione dell'intaglio senese, e particolarmente lo stile dei Barili (v).
Le opere più importanti che Angiolo B. eseguì in Siena sono: il davanzale della chiesa della Contrada della Tartuca; una caminiera per la famiglia Saracini; una cornice in noce ricca d'intaglio; una grande specchiera di noce con colonne a tutto rilievo, opera, questa, che nel 1851 venne acquistata dal Governo inglese (Kensington Museum). Nel 1851 all'Esposizione Universale di Londra ottenne la grande medaglia. Nel 1861 il principe Demidov gli ordinò tutto il lavoro di legname per la cappella ortodossa della villa di S. Donato, opera della quale Angiolo fece il più, lasciando al figlio Egisto la parte costruttiva, gli ornamenti ad Ottavio e Raffaello, e la porta a Rinaldo.
Rinaldo, figlio di Angiolo, orafo e intagliatore. Nacque a Siena nel 1830, e morì in Firenze nel 1904. Tra i figli di Angiolo è il più geniale, il solo veramente artista. Si dedicò dapprima all'arte dell'orafo, alla quale tentò di applicare i nuovi ritrovati della galvanoplastica. Solo più tardi, per sopperire alle esigenze del fiorentissimo laboratorio paterno, si applicò a lavori d'intaglio. In quest'arte egli portò spesso quella tecnica sottile, agile e minuziosa che è propria degli incisori al bulino; qualche volta, invece, pretese di trasferire nella decorazione lignea i motivi delle opere in marmo e in bronzo del Rinascimento. Ispirandosi ai capolavori dell'intaglio del tardo Quattrocento e, più ancora, a quelli del primo quarto del Cinquecento - particolarmente a quelli dei Del Tasso e dei Barili - aggravandone e affollandone gli ornamenti variò sui loro motivi con una fantasia capricciosa che, a distanza di tempo, ha finito per assumere peculiarità di stile. Un esempio assai caratteristico di siffatto stile neo-rinascimentale-romantico lo si ha negli arabeschi e negli ornati dei biglietti della Banca d'Italia da 100 e da 500 lire che Rinaldo B. "inventò e disegnò".
Ebbe anche consapevolezza delle relazioni che intercorrono fra l'arte del legname e l'architettura che coltivò solo sporadicamente, per diletto, mostrando di comprenderne più il lato disegnativo che quello strutturale.
Opere principali: 1851, La morte di Filippo re di Macedonia, premiato all'esposizione di Londra; 1854, copia della Loggia dell'Orcagna, in legno di pero imitante il colore della pietra forte, con tutte le statue scolpite in avorio; 1857, padiglione con due piccoli letti per S. A. il principe Ferdinando di Lorena, collocato in palazzo Pitti; 1861, porta per la cappella ortodossa di San Donato presso Firenze. 1864, modello della facciata di Santa Maria del Fiore (Museo dell'Opera del Duomo: 1868, progetto del mercato centrale di Firenze dipoi malamente effettuato; 1872, piede di tavolo eseguito in argento, raffigurante il Trionfo d'Apollo e delle Muse, acquistato da Vittorio Emanuele II per farne dono alla zarina, la quale l'allogò nel Kremlino; 1879-88, salotto Flower in Londra; biblioteca Rothschild. ibid.: 1882 decorazione architettonica e mobili per il Gabinetto del Presidente della Camera dei deputati