BARBELOGNOSTICI (Βαρβηλωγνωστικοί)
Nome di una setta gnostica (v. gnosticismo) fiorita nel sec. II-III. La sua speculazione moveva da un grande Eone femminile, quem Barbelon nominant (Ireneo, Adv. haer., I, 29 segg.; Plutarco, De Is. et Osir., 2).
Quanto al termine Barbelon, di derivazione indubbiamente ebraica (o aramaica), alcuni lo ritengono composto da bĕ'arba‛'el //ebraico// col significato nel 4 è Dio; altri invece lo riavvicinano alla composizione bar ba‛al [ovvero bar ba‛alah] [1] //ebraico// col significato "figlio del Baal" ovvero del "Baal-femmina".
Dalla rivelazione del Padre ineffabile a Barbelon deducevano, nella forma più complessa del sistema, un pleroma di 30 Eoni. Una forza irrequieta (Σοϕία o Προὔνεικος) che rappresenta la passione femminile del Pleroma, e che è un'altra forma di Barbelon (secondo il costante motivo gnostico dell'identità fondamentale del redentore e del redento), decade dal Pleroma, e genera un demiurgo malign0 creatore del mondo. In questa vicenda un elemento spirituale resta imprigionato nella materia. Il riscatto dell'elemento spirituale doveva essere concepito secondo uno schema affine a quello attribuito a Tolomeo. I centri principali della setta furono la Siria e l'Egitto. Probabilmente ad alcune diramazioni di Barbelognostici risalgono i principali documenti gnostici pervenutici in lingua copta (cfr. C. Schmidt, Koptisch-gnostische Schriften, I, Berlino 1905). In altre diramazioni la setta dovette avere rituali osceni per il ravvivarsi di antiche crude concezioni naturistiche, che, con quella di Barbelon come grande Eone, riconducono a motivi indubbiamente iranici.
Fonti e Bibl.: Ireneo, Adver. haer., I, 29 segg.; Epifanio, Panarion, XXV, i segg. e XXVI, 10; Filastrio, 33; Ippolito, Elenchos, V, 6-7; X. 9. Inoltre A. Hilgenfeld, Ketzergesch. des Urchrist., Lipsia 1884, p. 232 seg.; W. Bousset, Hauptprobleme der Gnosis, Gottinga 1907, pp. 332-338; H. Leisegang, Die Gnosis, Lipsia 1924, p. 186 segg.