SFONDRATI, Barbara (in religione Agata)
– Nacque a Milano l’8 gennaio 1566, da Paolo, conte della Riviera, barone di Asso e della Valsassina, e da Sigismonda d’Este di San Martino.
Terzogenita, dopo Ercole, duca di Montemarciano (v. la voce in questo Dizionario), e Francesco; prima di Anna e Paolo Camillo (Paolo Emilio), cardinale di S. Cecilia. Il padre fu fratello di papa Gregorio XIV e divenne agente di Filippo II di Spagna alla corte sabauda di Torino (1585-87). Agata fu una delle dieci donne della famiglia Sfondrati che presero il velo nel monastero delle suore angeliche di S. Paolo Converso a Milano, tra il 1538 e il 1635, e fecero di quella casa una roccaforte di potere e patronage familiare. Il monastero dove Agata entrò nel 1573 come educanda fu, dalla sua fondazione nel 1535, collegato ai chierici regolari di S. Paolo, chiamati barnabiti.
Negli anni Cinquanta del Cinquecento il carisma originario e l’apostolato attivo del suo ispiratore Battista Carioni (Battista da Crema, OP) era stato sostituito dalla vigilanza inquisitoriale, che portò accuse di eresia nel 1552-54, e dalla clausura. Giulia Sfondrati (in religione Paola), prozia di Agata, dopo la partenza della fondatrice Ludovica Torelli, aveva fornito alla Congregazione il sostegno finanziario. All’arrivo di Agata, S. Paolo Converso era divenuta una tradizionale congregazione aristocratica, allineata alla ortodossia, retta secondo la regola di s. Agostino e sottoposta alla giurisdizione episcopale. Durante il governo dell’arcivescovo Carlo Borromeo, deciso a inglobare tutti gli istituti religiosi femminili sotto un regolamento più rigoroso, la casa delle suore angeliche fu lodata come modello di osservanza.
Da educanda, Agata studiò il latino con le quattro zie Antonia Maria, Paola Antonia, Paola Francesca, Paola Maria («Leggo il latino, ma non compongo», dichiarò al visitatore episcopale nel 1578: Milano, Archivio storico diocesano, sez. XII, vol. 108, 1578), e imparò anche lo spagnolo. Il Compendio della vita della ven. madre Ang.cha Agata Sfondrata, composto nel 1632 dalle quattro nipoti Lucrezia Maria, Cecilia Maria, Paola Antonia e Sigismonda Maria, descrive l’infanzia della religiosa – una bambina con una precoce vocazione – secondo il modello agiografico del puer senex. Persino nei giochi con una compagna «una facea la priora et l’altra la subdita, et genuflessa s’acusava de’ suoi mancamenti...» (p. 17). Dopo il richiesto mese di prova fuori le mura, prese i voti semplici l’8 gennaio 1581. In occasione del pronunciamento dei voti Borromeo inaspettatamente le diede il nome monacale di Agata invece di Paola, nome previsto dalla famiglia, seguendo la tradizione della casa delle suore angeliche. Agata fu inizialmente sorpresa ma accettò il nome della santa martire. Prese i voti solenni nel 1582, sempre dalle mani dell’arcivescovo. Anche le sue capacità di governo furono conclamate sin dalla più giovane età: «parea nata per governare stati et regni, non che una piccola congregatione» (p. 70). Fu priora per tre volte (ogni mandato aveva durata di tre anni) nel periodo 1605-30; fu maestra di musica dal 1592, e ricoprì altri incarichi; collaborò alla revisione delle Costituzioni delle angeliche, sotto la direzione del prevosto barnabita Carlo Bascapè (1587-90). Nel 1590, l’ascesa al soglio pontificio dello zio portò al monastero un incremento di ricchezze: donazioni provenienti dalla famiglia Sfondrati e anche da altre fonti. Sebbene il potere familiare diminuisse dopo la morte di Gregorio XIV nel 1591, il fratello, il cardinale Paolo Emilio, rimase una figura potente a Roma e garantì la posizione di Agata nel monastero.
Da S. Paolo Converso, corrispose con nobili, prelati, e uomini di Stato, ai quali ricorreva anche chiedendo supporto nella ricerca di oggetti di culto. Trasformò il monastero in una ‘seconda Gerusalemme’, con numerose cappelle, icone e reliquie (Giuliani, 1997). Con il cardinale Paolo Emilio, Agata condivideva una particolare devozione per le sante martiri, inclusa quella di cui portava il nome. Quando il fratello promosse gli scavi alla ricerca delle ossa di Cecilia, santa della cui chiesa aveva il titolo cardinalizio, e di altri due martiri, donò una parte delle reliquie scoperte alla casa di Milano dove Agata fece costruire una cappella apposita. Condivise un’intensa corrispondenza con Bascapè, discutendo con lui soprattutto del culto di Carlo Borromeo e partecipando al vivo dibattito sulla canonizzazione, che ebbe luogo nel 1610. Il santo milanese lasciò al monastero una pala della Passione, dipinta dal cremonese Antonio Campi; Agata la trasformò in un oggetto di culto, situandola nella chiesa interna, insieme con altre reliquie di Borromeo regalatele da Bascapè. Trascrivendo e facendo circolare i sermoni del santo tra le angeliche (stampati nel 1720), promosse sia il culto di Borromeo, sia il suo legame personale con lui. Altre importanti committenze artistiche di Agata furono il completamento dei lavori sulla facciata della chiesa del monastero, con statue di marmo di Giovanni Battista Crespi, detto il Cerano (1610-14), e una Madonna di Loreto di bronzo di Giovanni Battista Farina.
La morte del fratello cardinale nel 1618 indebolì la posizione di Agata. Perse il priorato nelle elezioni del 1623 e fu sostituita dalla rivale Giovanna Visconte Borromeo, nipote dell’arcivescovo Federico. Giovanna annullò numerosi progetti decorativi della Sfondrati e mise mano in tutta fretta alla revisione delle Costituzioni (1625), riducendo la presenza di musica sacra e altre pratiche che considerava «sensuali». Il conflitto fra le due donne, che rappresentavano due diverse fazioni politiche e stili devozionali radicalmente differenti, fu narrato nelle loro agiografie, scritte dalle rispettive nipoti. Anche se Agata riuscì per un’ultima volta ad avere l’ufficio di priora nel 1627, non recuperò mai l’autorità e il potere di una volta, soprattutto nel controllo della gestione finanziaria.
Morì nel gennaio del 1631. Le quattro nipoti proseguirono la tradizione familiare del governo del monastero per un’altra generazione.
Già durante la vita, Agata godette di una certa reputazione come letterata (F.A. della Chiesa, Theatro delle donne letterate, Mondovì 1620, p. 84). A lei furono dedicate alcune composizioni polifoniche sacre, la vita di s. Carlo Borromeo di Bascapè (De vita et rebus gestis Caroli S.R.E. Cardinalis..., trad. it., 1614), e la seconda edizione di Detti notabili di Antonio Maria Zaccaria (1614). Nel Seicento e nel Settecento, le sue opere e il suo nome furono citati dai letterati nei circoli milanesi e barnabiti (Filippo Argelati, Luigi Ungarelli, Francesco Luigi Barelli, Felice Calvi). La pubblicazione, a opera del sacerdote e letterato padovano Gaetano Volpi, della sua trascrizione dei Sermoni di Borromeo nel 1720, accompagnati anche da una introduzione, consolidò la sua reputazione. Questo testo, che aveva prima circolato manoscritto, è il solo resoconto dei sermoni di s. Carlo. Argelati e gli altri storici barnabiti del Settecento e Ottocento citano altre, forse perdute opere di Agata: esercizi e rime spirituali. Dopo la soppressione del monastero nel 1810, la maggior parte di queste opere andarono perse ma alcune altre sono ora nell’Archivio della Casa generalizia delle angeliche a Roma.
Opere. L’unica opera della Sfondrati pubblicata a stampa è Sermoni familiari di S. Carlo Borromeo [...] fatti alle Monache dette Angeliche dell’insigne Monastero di S. Paolo in quella città, raccolti fedelmente dalla viva voce del Santo per la Reverenda Madre Angelica Agata Sfondrata, e pubblicati [...] per opera di d. Gaetano Volpi, Padova 1720. Include due lettere scritte dalla Sfondrati, una alla zia Paola Antonia e alle altre monache di S. Paolo Converso, pp. 3-8, e una sulla morte di s. Carlo, indirizzata alle monache angeliche di S. Marta di Cremona, pp. 133-142 (quest’ultima è pubblicata anche in G. Testori, La lettera di suor A. S. sulla morte di San Carlo, in Paragone. Letteratura, 1968, n. 218, pp. 88-97).
Fonti e Bibl.: Roma, Archivio della Casa generalizia delle angeliche, 17: Compendio della vita della ven. madre Ang.cha Agata Sfondrata (1632, estratti in de Klerck, 1994); Milano, Archivio storico diocesano, sez. XII, voll. 104-108; Archivio storico dei barnabiti, C. Bascapè, Lettere prepositali, Lettere episcopali. I frammenti dell’archivio familiare degli Sfondrati sono dispersi fra: Milano, Biblioteca nazionale Braidense, Fondo Crivelli Serbelloni (a questo proposito, v. G. Riitano, Il fondo Crivelli Serbelloni, in Archivio storico lombardo, CXXX (2004), pp. 465-475); Como, Biblioteca comunale, Archivio Sfondrati; Provo (Utah), Brigham Young University, Harold B. Lee Library, Sfondrati family papers; Angelica anonima, Memorie, a cura di G. Cagni, Firenze 1979 (un tempo attribuito ad Agata).
P. Morigia, Illustre raccolta, nella quale si descrive sommariamente la progenie del Sommo Pontefice Romano Gregorio XIV di casa Sfondrata, nobilissimo milanese..., Milano 1591; L.M. Gonzaga, Vita della ven. madre Angelica Giouanna Visconte Borromea monaca professa nel monastero dell’apostolo S. Paolo di Milano. Descritta da Luigia Mariana Gonzaga monaca del monastero medemo, Roma 1673; F.L. Barelli, Memorie dell’origine, fondazione, avanzamenti, successi, ed uomini illustri [...] della Congregazione de’ Cherici Regolari di S. Paolo, chiamati Barnabiti, I, Bologna 1703; F. Argelati, Bibliotheca scriptorum mediolanensium, II, Milano 1745, col. 1353; F. Calvi, Famiglie notabili milanesi, I-II, Milano 1875-1885, pp. n.n.; B. de Klerck, La chiesa di San Paolo Converso a Milano nel Seicento. Appunti sulla committenza e sulla funzione della decorazione, in Arte lombarda, n.s., 1994, n. 108-109, pp. 87-94; M. Giuliani, Gli Sfondrati committenti al tempo di Carlo e Federico Borromeo, in Bollettino storico cremonese, n.s., IV (1997), pp. 157-198; P.R. Baernstein, A convent tale. A century of sisterhood in Spanish Milan, New York 2002, pp. 145-180; T. Tagliabue, Il monastero di San Paolo Converso e la canonizzazione di Carlo Borromeo, in Studia Borromaica, XXII (2008), pp. 101-121.