BARBARA d'Asburgo, duchessa di Ferrara
Undicesima figlia del re dei Romani Ferdinando I e di Anna, figlia di Ludovico II di Ungheria, nacque a Vienna il 30 apr. 1539. Dopo la morte della madre (27 genn. 1547), si trasferì insieme con le altre sorelle ancora nubili a Innsbruck, dove restò, tranne brevi interruzioni, fino al matrimonio. Nel 1552, Con le sorelle Maddalena, Margherita, Elena e Giovanna, B. dovette rifugiarsi per breve tempo a Brunico per una improvvisa incursione nel Tirolo del principe elettore Maurizio di Sassonia.
L'educazione che B. ebbe in comune con le sorelle a Innsbruck appare caratterizzata in senso prevalentemente religioso; il tono di vita e la corte delle "regine" (come erano chiamate generalmente le cinque arciduchesse) acquistarono nel corso degli anni una tale impronta religioso-caritativa da colpire lo stesso Pietro Canisio e altri gesuiti, in particolare il generale dell'Ordine Diego Lainez. Si manifestava questa loro pietà nella gioia per le pratiche religiose, in fondazioni di beneficenza (principalmente in favore della Compagnia di Gesù), nell'attività caritativa e nel vivo attaccamento verso i confessori prescelti, il che mise talvolta i superiori dell'Ordine di fronte a situazioni difficili.
Nel 1560 fu ventilato un progetto di matrimonio, non realizzato, tra B. e il duca Guglielmo di Mantova: al posto di B. fu alla fine destinata quale sposa del Gonzaga la sorella maggiore Eleonora.
Nel 1562 si presentò come nuovo aspirante alla mano di una delle figlie di Ferdinando I il duca di Ferrara Alfonso Il: in verità il duca sollecitò (in trattative condotte a partire dal novembre del 1563) la mano della più giovane, Giovanna, richiesta contemporaneamente anche da Giovanni Sigismondo Zápolya, voivoda di Transilvania, e da Cosimo I, duca di Firenze, per suo figlio.
A questa circostanza e alle possibili conseguenze del matrimonio in relazione ai conflitti di precedenza tra le case d'Este e Medici si devono descrizioni dettagliate, ma contrastanti, dell'aspetto di B.: mentre il nunzio a Vienna Zaccaria Delfino accennava ripetutamente alla "brutezza" di B., l'ambasciatore fiorentino Antonio degli Albizzi parlava di una mediocre "bellezza" di B. e di Margherita ("sebene non si possono chiamare belle, non si possono dire brutte, hanno bella arìa, bella carne et sono di buona vita" [Nuntiaturberichte, s. 2, III, p. 4901); e l'ambasciatore veneziano Alvise Contarini, che riteneva B. la più bella delle arciduchesse ancora nubili, la descriveva "molto piccola, pallida e con viso lungo e raggrinzito e con quel labbro rilevato che hanno quasi tutti quelli della casa d'Austria" (Alberi, p. 248).
Allorché nella primavera del 1564 Maddalena, Margherita ed Elena pronunciarono i voti di castità, escludendosi così definitivamente da ogni progetto matrimoniale, anche Filippo II si espresse in favore della combinazione Barbara-Este e Giovanna-Medici.
Nel luglio del 1565 Alfonso venne a Innsbruck per conoscere la promessa sposa; a metà novembre le due arciduchesse si trasferirono a Trento, dove dovevano svolgersi nello stesso giorno le cerimonie nuziali, ma sebbene Pio IV avesse inviato a Trento due appositi legati, le due cerimonie dovettero essere rinviate all'ingresso delle arciduchesse rispettivamente a Ferrara e a Firenze a causa di rinnovati conflitti di precedenza fra Este e Medici.
B. raggiunse il 1° dicembre Ferrara: le feste nuziali, il cui punto culminante fu costituito da un "Tempio d'amore" con grande torneo, durarono solo dal 5 al 9 dicembre data della morte di Pio IV.
Nonostante la scarsa conoscenza della lingua del paese, B. conquistò con il suo comportamento mite e sempre caritatevole, con i "raggi della bellezza interiore" (Tasso), l'affetto dei sudditi più di quanto non fossero riuscite le quattro precedenti duchesse (Contarini). Il suo matrimonio con Alfonso Il fu esemplare, sebbene senza figli: quando il duca nel 1566 si recò in Ungheria per partecipare alla campagna contro i Turchi, lasciò B. in uno stato di estrema disperazione e dolore.
Quantunque B. tentasse di comunicare al marito la sua pietà religiosa, restò in buoni rapporti epistolari con la suocera Renata di Francia, che aveva aderito al calvinismo. Anche a Ferrara mantenne stretti legarni con la Compagnia di Gesù e il suo confessore Lorenzo Herman godette la sua particolare fiducia. Dopo il grande terremoto di Ferrara del 1570-71 B. si assunse il mantenimento delle giovani divenute orfane, ponendo così le basi per il futuro conservatorio delle orfane di S. Barbara.
Quasi sempre malata a partire dal 1566, B., morì di tubercolosi il 19 sett. 1572.
La sua morte fu compianta universalmente, e in particolar modo dai gesuiti: addirittura non si osò comunicare la triste notizia al generale dell'Ordine Francesco Borgia, allora già mortalmente malato. Alfonso II ricevette dai superiori dell'Ordine il permesso speciale di seppellire B. nel coro della chiesa dei gesuiti di Ferrara, alla quale ella aveva destmato per testamento una somma considerevole.
La memoria di B. fu celebrata poeticamente anzitutto dal Tasso (sonetti: "Questa urna il velo prezioso asconde", "Alma real ch'al mio Signore diletta"; canzoni: "Già spiegava le insegne oscure ed adre", "Cantar non posso e d'operar pavento"; orazione funebre e dialogo: Il Ghirlinzone o vero l'epitaffio) e dal Guarini ("Allor ch'empio destino a morte spinse").
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