BARATRO (gr. βάραϑρον)
Era così chiamata in Atene una voragine, in cui si precipitavano i condannati a morte per alcuni delitti, specialmente d'indole politica. Nel baratro sarebbero stati nel 481 precipitati gli ambasciatori di Serse che venivano a domandare terra ed acqua, mentre gli Spartani li precipitavano nel pozzo. La località in cui si trovava, era il demo di Keiriadai, di cui non conosciamo l'esatta ubicazione. Platone ci parla di cadaveri posti nel luogo dove si suppliziavano i condannati (δημεῖον), situandolo sulla via per la quale dal Pireo si va alla città, passando esternamente alle lunghe mura settentrionali. Effettivamente a occidente della collina delle Ninfe si trova un precipizio; ma il demo, secondo una fonte non antichissima, Plutarco, riproducente però un dato d'una fonte autorevole, era non già quello di Keiriadai, bensì quello di Melite. Siccome Plutarco si esprime in modo da mostrare che ai suoi tempi si gettavano ivi i corpi dei condannati, se pure quell'"ora" di Plutarco non è meccanicamente trasportato dalla sua fonte, non è improbabile che nel quarto secolo venisse scelto per l'esecuzione un luogo diverso e più appartato.
Fonti: Becker, Anecdota, I, 219; Arpocrazione, s. v. Barathron; Erodoto, VII, 133; Plutarco, Aristide, 3; Tucidide, II, 67; Senofonte, Elleniche, I, 7, 20; Licurgo, 121; Dinarco, I, 62; Aristofane, Nubi, 1450; Cavalieri, 1362; Rane, 574; Pluto, 431, con lo scolio; Platone, De Republica, p. 439 e; Gorgia, 519 e; Scolio a Eschine, III, 187.
Bibl.: Curtius-Kaupert, Atlas von Athen, 18; C. Wachsmuth, Die Stadt Athen, Lipsia 1874-90, I, 349; II, 365; Thalheim, in Pauly-Wissowa, Real-Encycl., II, col. 2853; W. Judeich, Topographie von Athen, Monaco 1905, p. 375.