SICILIA, Banco di
Il Banco di Sicilia è il maggiore istituto di credito della Sicilia. Al pari del Banco di Napoli, esso discende dal Banco delle Due Sicilie (v. napoli, banco di) il quale estese la sua attività nell'isola mediante l'istituzione, decretata da Ferdinando II di Borbone il 7 aprile 1843, di due stabilimenti della sezione "Casse di Corte", l'uno a Palermo e l'altro a Messina. Effettuatasi nel 1849 la separazione amministrativa della Sicilia dal continente, il Banco delle Due Sicilie fu, con decreto 15 agosto 1850, n. 1818, scisso in due istituti: uno, il continentale, che conservò il nome di Banco delle Due Sicilie, il patrimonio e le casse di sconto, oltre quelle di corte; l'altro, il siciliano, che ebbe il nome di Banco regio dei reali dominî al di là del Faro, e le due filiali di Palermo e Messina. Con decr. 27 dicembre 1858 vennero aggregate a queste ultime due casse di sconto col patrimonio di 1.000.000 di ducati assegnati dall'erario. La creazione di tali casse mise il banco in grado d'iniziare lo sviluppo di un'attività creditizia senza toccare la massa del suo incasso metallico, a fronte del quale erano stati messi in circolazione quei caratteristici titoli detti "fedi di credito" i quali anche oggi dànno vita a uno dei più importanti e utili servizî dell'istituto.
Nel 1860 gli stabilimenti dovettero prestare fondi al governo dittatoriale di Garibaldi in Palermo e a quello borbonico in Messina, e sospendere la loro attività sino a quando il nuovo governo italiano restituì le somme prese dai governi precedenti. Dal 1860 il Banco regio dei reali dominî al di là del Faro assunse il nome di Banco di Sicilia. Avvenuta la sistemazione organica di tutte le casse e degli stabilimenti del Banco delle Due Sicilie sotto il nuovo nome di Banco di Napoli (r. decr. 27 aprile 1863), il governo italiano si riservò di regolare analogamente il Banco di Sicilia. E con legge 11 agosto 1867, n. 3838, si riconobbe questo, insieme con le annesse casse di sconto, come unico istituto di credito avente qualità di ente morale e giuridico autonomo. Lo stesso anno, il 5 dicembre, venne decretata la sua funzione di banco di emissione di biglietti, emissione che il banco iniziò il 1° gennaio 1870, anno in cui incassò il credito liquido verso lo stato. La funzione di banco di emissione venne a cessare solo il 1° luglio 1926 per l'accentramento della facoltà di emissione nella Banca d'Italia (r. decr. legge 6 maggio 1926).
Una profonda trasformazione, analoga a quella del Banco di Napoli, fu così operata nel funzionamento e nelle consistenze patrimoniali dell'istituto, che ha assunto la veste di istituto di credito di diritto pubblico. Il Banco di Sicilia è un istituto che esercita tutti i rami del credito, sia commerciale e manifatturiero (o dell'azienda bancaria propriamente detta), sia agrario, minerario, fondiario e di cassa di risparmio - in correlazione, quest'ultimo, col credito agrario e con altre attività di propulsione economica, pubblica e privata. La sfera d'azione del banco si estende a tutto il regno, alle colonie e possedimenti, e all'estero sino in America, ma spesso il governo specifica la sua attività come isolana, a favore o dell'agricoltura o dell'industria zolfifera o dell'industria agrumaria, ecc. Un servizio pubblico sui generis è quello delle ricevitorie provinciali siciliane, per cui il banco riscuote i tributi erariali e pubblici in genere.
Il patrimonio del banco che nel 1843 non esisteva, e che nel 1870 era di L. 5.855.978, era salito (al 31 dicembre 1934 globalmente per le sezioni) a L. 470.931.785 nonostante che le sue operazioni attive fossero state ritardate di molti anni. La parte spettante alla sezione di cassa di risparmio, una delle più importanti anche per la raccolta dei risparmî degli emigrati, era di L. 90.796.090,91, costituita esclusivamente con gli utili netti. L'attivo, che era di L. 1.745.564 al 31 dicembre 1874, era salito, al 31 dic. 1934, a 4150 milioni circa. I crediti globali dei terzi per depositi, conti correnti e servizî pubblici figuravano per 2200 milioni circa. Dagli utili ricavati a miti condizioni e senza fine di lucro, il banco destina ogni anno oltre una quarta parte a scopo di pubblica utilità e beneficenza.
L'istituto è amministrato da un consiglio generale, composto di 24 membri nominati per un biennio con decreto reale su terne proposte dai consigli provinciali dell'economia corporativa delle provincie in cui il Banco tiene stabilimenti, da un presidente di libera scelta governativa e da un consiglio di amministrazione presieduto dal direttore generale e formato di quattro consiglieri, due di nomina governativa e due delegati dal consiglio generale. È sottoposto alla diretta vigilanza governativa esercitata anche da un ispettore del Ministero delle finanze.