NAPOLI, Banco di
Il Banco di Napoli è il più antico istituto di credito esistente in Europa, poiché trae le sue origini dai Banchi e Monti di Pietà sorti in Napoli nei secoli XVI e XVII per combattere l'usura. Il primo Monte di Pietà fu fondato da alcuni gentiluomini napoletani nel 1539; nel 1575 cominciò ad emettere fedi di credito contro deposito di numerario e, col nome di Banco Pio, divenne banco di circolazione e di deposito; altri sette banchi vennero fondati successivamente in Napoli.
L'operazione iniziale dei banchi fu la pegnorazione. A questa si aggiunse ben presto il "servizio apodissario" i cui titoli (fedi di credito, polizzini, madrefedi) sono tuttora in uso presso il Banco di Napoli (v. sopra: Archivî); in essi può ravvisarsi un'antica forma di circolazione cartacea e di emissione di assegni bancarî. Tali titoli ebbero grandissima diffusione in Napoli, ove divennero un generale e sicuro strumento delle più varie transazioni commerciali.
Ferdinando IV, nel 1794, riunì tutti i banchi in uno solo: il Banco Nazionale di Napoli, dalla cui trasformazione, operata da Giuseppe Bonaparte prima e da Gioacchino Murat poi, sorse, in forma di società anonima, il Banco delle due Sicilie. Modellato sulla Banca di Francia, esso ebbe la facoltà di emettere biglietti: facoltà, però, della quale non giunse a valersi, per la fine del dominio francese.
Dopo il ritorno dei Borboni, nel 1817, il Banco delle due Sicilie fu trasformato in pubblica fondazione e tale è rimasto; esso venne diviso nel 1849 in R. Banco di Napoli o dei dominî di qua dal Faro e R. Banco di Sicilia o dei dominî di là dal Faro, e diede origine agli attuali Banco di Napoli e Banco di Sicilia.
Dopo l'unificazione del regno, il governo italiano, confermando gli statuti del Banco, ne modificò radicalmente l'ordinamento amministrativo. Chiamato nel 1874 a far parte del consorzio bancario a cui fu riservata la facoltà di emettere biglietti a corso forzoso, il Banco di Napoli divenne istituto di emissione e tale rimase fino al 30 giugno 1926 (v. emissione, istituto di).
Unificato il servizio dell'emissione nella Banca d'Italia, il Banco di Napoli ha ricevuto un nuovo ordinamento, dapprima provvisorio, con r. decr. 20 agosto 1926, n. 1478, poi definitivo, con l'emanazione del nuovo statuto, approvato con r. decr. legge 2 giugno 1927, convertito in. legge 29 marzo 1928, n. 411. Istituto di credito di diritto pubblico con propria personalità giuridica e gestione autonoma, il Banco di Napoli nella sua nuova struttura svolge particolarmente un'azione di propulsione economica nelle provincie meridionali continentali e in Sardegna. Esso è costituito da un'azienda bancaria, che compie ordinarie operazioni e servizî di banca in tutto il regno, e da diverse sezioni: cassa di risparmio, credito agrario, credito fondiario, monte di pietà, che operano prevalentemente nelle provincie meridionali. Inoltre, in base alle disposizioni della legge 1° febbraio 1901, n. 24, il Banco ha adempiuto e continua ad adempiere, a mezzo di agenzie, filiazioni e corrispondenti in America, al servizio di raccolta e trasmissione delle rimesse degli emigrati italiani.
L'azione dell'istituto, dopo la sua ultima trasformazione, si è molto ampliata. Tra il luglio 1926 e il dicembre 1933, il numero dei suoi stabilimenti è salito da 83 a 162; il complesso dei depositi affidati all'istituto e alle sezioni annesse è quasi triplicato (passando da 857 a 2498 milioni), ciò che ha permesso l'intensificazione delle operazioni di credito, ordinarie e speciali. Il Banco, sui proprî utili, compie annualmente cospicue erogazioni per opere benefiche ed assistenziali. Alla fine del 1933 il Banco di Napoli e le aziende annesse annoveravano un insieme di fondi patrimoniali e di riserva di lire 1428 milioni e avevano un complesso di attività ammontante a lire 5273 milioni.
Il Banco è amministrato da un consiglio generale di 52 membri nominati per un biennio con decreto reale, su terna proposta dai consigli provinciali dell'economia corporativa, e da un consiglio d'amministrazione presieduto dal direttore generale e formato da quattro consiglieri, due di nomina governativa e due nominati annualmente dal consiglio generale. È sottoposto alla vigilanza del Ministero delle finanze, che la esercita a mezzo di un ispettore del Tesoro, e del Ministero dell'agricoltura, per le sezioni di cassa di risparmio e di credito agrario.