BAMBÙ
. Con questo nome, usato dagl'indigeni dell'India, s'intendono tutte le Graminacee della sottofamiglia Bambusoidee. Sono piante generalmente di grandi dimensioni, lignificate con asse sotterraneo strisciante; cauli eretti, rigidi, portanti lateralmente rami ai nodi lungo i lati opposti; foglie con guaine persistenti munite di lamine lanceolate od ovato-lanceolate o ellittiche alla base ristrette in picciolo articolato con la guaina. Infiorescenze talora grandissime, a pannocchie, o spiciformi o a capolini; spighette con glume sterili, spesso simili alle guaine fogliari, e le fertili munite di molti nervi paralleli; lodicole generalmente 3 e per lo più grandi; stami 3,6 o molti; stili 6-3.
Si dividono in 3 tribù: 1. Arundinariee, fiori con 3 stami; palea con 2 nervi carinali; frutto una vera cariosside. 2. Bambusee, fiori con 6 stami; palee con 1 o 2 nervi carinali; il frutto è una vera cariosside con pericarpio tenue. 3. Dendrocalamee, fiori con 6 o più stami; palee con 1,2 o senza nervi carinali; il frutto è una noce con pericarpio spesso, libero dal seme, o una bacca.
Sono specialmente interessanti le prime due tribù. Nelle Arundinariee si comprendono molti tipi di regioni temperate che prosperano assai bene da noi, appartenenti specialmente ai due generi Arundinaria e Phyllostachys. Le piante del primo (dal lat. arundo, canna comune) hanno cauli con internodî cilindrici; spighette senza foglie bratteali munite di 1-2 glume sterili. Sono specialmente coltivate A. iaponica Sieb. et Zucc. (A. Metake Sieb.) del Giappone, A. Simonii Rivière della Cina e Giappone, A. Nagashima (Marl.) Asch. et Graebn. del Giappone, A. Fortunei (Van Houtte)A. et G. e A. Veitchii (Wats.) N. E. Br. del Giappone, A. tecta (Walt.) Mühbl. degli Stati Uniti, ecc.
Il genere Phyllostachys Sieb. et Zucc. (dal gr. ϕύλλον "foglia" e στάχυς "spiga" per le infiorescenze fogliose) è caratterizzato dagli internodî solcati o spianati da un lato; dalle spighette munite ognuna o ogni due di grande brattea fogliacea e con 2-3 glume sterili. È genere proprio della Cina e Giappone. Le specie più frequentemente coltivate sono: P. mitis (Carr.) Rivière, P. aurea Rivière, P. nigra (Lodd.) Munro, P. marmorea (Mitford) A. et G., P. viridiglaucescens (Carr.) Rivière, P. bambusoides Sieb. et Zucc., P. violascens Rivière, P. ruscifolia Boiss., ecc.
Le specie di questo genere fioriscono assai raramente e le piante dopo aver fiorito muoiono (cfr. S. Kawamura, On the periodical flowering of the Bamboo, in Japanese Journal of Botany, III, 1927, pp. 335-349, fig. 6 e tav. XII).
Le Bambusee sono proprie ordinariamente delle regioni tropicali e subtropicali del Vecchio e Nuovo Mondo, specialmente di quelle calde e assai umide, talora sui monti. La specie più anticamente nota è la Bambusa arundinacea Retz. e ad essa va forse riferita la canna arborea indiana che secondo Plinio (Nat. Hist., XVI, 65) era visibile ai tempi suoi nei templi romani.
In Eritrea, nell'Abissinia e in altre regioni montuose dell'Africa equatoriale cresce rigogliosa l'Oxytenamhera abyssinica (A. Rich.) Munro, formando grossissimi cespugli con canne alte fin 10 metri circa e spesse alla base fin 7 cm. di diametro; caratterizzata dalle spighette in capolini globosi dalle glume sterili e fertili munite alla sommità di breve resta spinosa e dai 6 stami coi filamenti saldati in tubo.
Bibl.: Ruprecht, in Mémoires de l'Académie Imper. de St. Pétersbourg, s. 6ª, CXLIV (1839); Munro, in Transactions of the Linnean Society of London, XXVI (1868); Gamble, in Annals of Botanical Garden of Calcutta, VII (1897); H. G. Camus, Le Bambusées, Parigi 1913; A. Fiori, in Bullettino della r. Società toscana di orticultura, XLII (1917).