BALTAZARINI (Baldassarino, Baltagerini, Baltasarrini), Baldassarre, detto di Belgioioso (Balthasard, Balthazar, Balthasarin, de Beaujoyeulx, Beau Joyeux)
È dubbio se sia nato in Lombardia, donde giungevano a Parigi i maestri di ballo per interessamento di Caterina de' Medici, o in Piemonte, riserva dei violinisti di corte. Completamente oscura è la sua vita in Italia e puramente opinabile è il suo tirocinio presso la scuola di ballo nobile fondata a Milano nella prima metà del Cinquecento da Pompeo Diobono. Il governatore e luogotenente generale del Piemonte Charles de Brissac, che nel 1554 aveva condotto a corte il Diobono, quello stesso anno o l'anno seguente, come congettura il Prunières, in uno dei radi intervalli delle sue brillanti imprese militari, presentò alla regina una troupe di violinisti "très esquise, toute complette", diretta dal B. e di cui faceva parte un Giacomo Mario, menzionato dal Brantóme. Secondo la Brenet, il B. era nel 1557, in Piemonte, uno dei capi della bande di violini del maresciallo de Brissac; Enrico II e Caterina de, Medici, avendo sentito magnificarla come "la meilleure qui fût en toute l'Italie", pregarono il governatore di accompagnare i suoi musicisti "pour apprendre les leurs, qui ne valoient rien"; il B. andò in Francia certamente dopo il 1557 e prima del 1559, se dobbiamo concordare col Picot che lo vuole condotto in Francia negli ultimi anni dei regno di Enrico II.
I violini erano a cinque corde, invece che a quattro come quelli francesi, inoltre si accordavano dal la al fa e per quarte, e i do acuti erano ottenuti sul cantino con il quarto dito (il mignolo); "avant ces violons, ceux de la Chambre du roi... ne savaient pas démancher, chose au reste qui resta longtemps inconnue aux violinistes français; les musiciens de B. surprirent surtout les auditeurs par les notes à l'aigu qui, avant eux, étaient tout à fait inconnues" (Celler). Il B. cercò di colpire l'immaginazione per attirarsi il successo e, "italien tel que le montrent les traditions fiorentines, cauteleux, flatteur, industrieux" (Celler); mirò, oltre che agli interessi dell'arte, anche a quelli della propria borsa.
Francesizzò ben presto il suo nome in Balthasard de Beaujoyeulx "à cause du nombre des fêtes galantes, bals, ballets, festins et mascarades qu'il organisa pour la cour des Valois" (Celler) ovvero, su iniziativa del re, "à cause de son humeur enjouée" (Castil-Blaze; ma questo aulico soprannome potrebbe anche essere una traduzione di Belgioioso, il nome del paese lombardo ove avrebbe potuto avere i natali; come è da osservare che il Brantôme chiama il B. Balthasarin, da cui, con processo inverso, proverrebbe, secondo il Picot, il nome di Baltasarrini). Non tardò a conciliarsi i favori di Enrico II e di Caterina de' Medici, ma soprattutto di questa, fanatica della danza, sia per il talento musicale sia per le spiccate qualità di uomo di mondo. "Il n'estoit pas parfait seullement en son art, ny en la musique, mais il estoit de fort gentil esprit, et sçavoit beaucoup, et surtout de fort belles histoires et beaux contes", ci confida il Brantôme, aggiungendo che aveva avuto in gioventù delle piccanti avventure amorose. Lo storico si tenne onorato della sua amicizia e lo definì nientemeno che "le meilleur violon de la chrestienté". Divenne subito valet de chambre del re, poi, dal 1560, di Caterina de' Medici; pure nel 1560 figura, con la medesima qualifica, sui registri del personale della regina Maria Stuarda. Ricoprì tale carica anche sotto Carlo IX e col duca Francesco d'Alençon. Da principio assistette, poi partecipò agli spettacoli allestiti alla maniera italiana dal Baif, il fondatore dell'Académie royale de poésie et de musique (1571), e dai suoi collaboratori. Prestò la sua opera all'organizzazione della joutemascarade rappresentatail 20 ag. 1572 per celebrare le nozze di Enrico di Navarra, il futuro Enrico IV, con Margherita di Valois e la riconciliazione apparente degli ugonotti con i cattolici, a pochi giorni dalla strage famosa.
La messinscena è assai complicata; la vasta sala di palazzo Borbone fu sistemata nel modo seguente: a destra fu eretto un "paradiso", grande arco trionfale attraverso il quale si scorgevano i Campi Elisi, cioè un magnifico giardino con dodici ninfe, e l'Empireo, cioè una grande ruota con lo zodiaco, i pianeti e le stelle; a sinistra si vedeva l'inferno, una mostruosa bocca beante (secondo l'uso tramandato dal Medioevo) con diavoli e diavoletti che strepitavano intorno ad una ruota contornata di campanelli; in mezzo un fiume con la barca'di Caronte. L'azione drammatica (La défense du paradis)era semplice: dei cavalieri erranti (il re di Navarra e i suoi compagni ugonotti) tentavano l'assalto del paradiso per rapirvi le ninfe, ma il re (Carlo IX) e i suoi fedeli li respingevano a colpi di picca e pugnale, fino a precipitarli nell'inferno; di qui erano liberati e condotti nei Campi Elisi, per intervento delle dame (matrimonio riconciliativo). Nella seconda parte discendevano dal cielo Mercurio (il cantante evirato Etienne le Roi) per un monologo e Cupido, trainati da un gallo; seguivano il grand bal fra i principi e le ninfe, una giostra tra i cavalieri erranti e un fuoco d'artificio. Circa gli autori di questo divertissement sappiamo solo che i versi erano del Ronsard.
È attribuita al B. la coreografia del Ballet des polonais,altrimenti chiamato Ballet des nymphes,che ebbe luogo presso Parigi, in hortis suburbanis,il 19 ag. 1573, in onore degli ambasciatori polacchi alla vigilia della partenza di Enrico d'Angiò per il trono di Polonia. Orlando di Lasso ne aveva scritta la musica, Jean Dorat il testo (primo esempio in Francia di balletto dialogato di derivazione italiana).
Caterina de' Medici, dopo avere sfarzosamente ricevuto i Polacchi alle Tuileries, fece rappresentare in un grande padiglione contornato di fiaccole "le plus beau ballet qui fust jamais faict au monde" (Brantôme), composto di sedici bellissime dame e damigelle (le sedici province francesi) che apparivano su una roccia argentata, adagiate in nicchie a forma di nubi; ad un certo punto ne discendevano per formare un piccolo battaglione: accompagnate da una trentina di violini eseguivano una marcia guerriera a mo' d'introduzione, si fermavano davanti ai sovrani, danzavano il balletto vero, e proprio per un'ora almeno "par tant de tours, contours et destours, d'entrelasseures et meslanges, affrontements et arrests, qu'aucune dame jamais ne faillit de se trouver à son poinct, ny à son rang". Concludeva l'omaggio rituale ai sovrani e ai grandi di Francia e di Polonia. Il balletto era articolato in due parti, con e senza maschera, e i Polacchi "dirent que le bal de France estoit chose impossible à contrefaire à tous les rois de la terre" (D'Aubigné).
Della scaltra cortigianeria e dello spirito ingegnoso del B., che frattanto è divenuto valet de chambre di Enrico III, si rinvengono le tracce più cospicue nel Ballet comique de la reine,in seguito chiamato Circé dagli studiosi, fusione della mascarade con la favola pastorale in un balletto dialogato e cantato. Disponendo dei mezzi scenici di cui si servivano i coreografi di corte per le loro produzioni, il B. creò un'opera originale, se non profonda, riecheggiando l'indirizzo umanistico impresso dal Baif ai saggi dell'Académie e il carattere mitologico e celebrativo degli spettacoli di corte italiani. Proprio allora il genere pastorale, che aveva mosso i suoi primi passi con l'Orfeo del Poliziano e il Cefalo di Niccolò da Correggio, trovava la sua più alta espressione nell'Aminta del Tasso, rappresentata dai comici Gelosi il 31 luglio 1573 a Ferrara. Poco dopo questa troupe si stabiliva a Parigi ed è probabile che abbia rappresentato l'Aminta già famosa anche alla presenza di Carlo IX o di Enrico III; si può dunque supporre che il B. abbia avuto conoscenza di questa opera o di qualche sua imitazione o riduzione, quando lavorava alla Circé;ninfe, satiri e divinità campestri erano già da tempo i protagonisti delle mascarades,ma il tono dei personaggi del Ballet comique è così aggraziato che denuncia l'influenza del genere pastorale; anche la messinscena, che offre un buon esempio di scene sparse, riprende con le pergole, i boschetti, le grotte, i luoghi abituali delle favole pastorali. E non va taciuta neppure l'influenza degli intermezzi italiani, d'argomento mitologico o allegorico, che s'inserivano (quali danze figurate o pantomine o narrazioni modulate) tra gli atti dei drammi rappresentati in Italia, talvolta commentando o adombrando l'azione.
Il titolo completo del libretto, come risulta dal frontespizio, è Balet comique de la Royne, faict aux nopces de Monsieur le Duc de Joyeuse et madamoyselle de Vaudemont sa soeur. Par Baltasar de Beaujoyeulx, valet de chambre du Roy et de la Royne sa mère. A Paris, par Adrian le Roy, Robert Ballard et Mamert Patisson, Imprimeurs du Roy. MDLXXXII Avec privilège. (Iltesto contiene nove grandi e diciotto piccole xilografie, la musica è trascritta con caratteri mobili; esemplari si trovano presso la Bibliothèque du Conservatoire e la Bíbliothèque nationale di Parigi). Nella prefazione, una specie di manifesto estetico, redatto "en termes dithyrambiques" (Prunìères), che comprende la dedica al re, l'apologia del proprio lavoro con giudizi spesso interessanti, la descrizione minuziosa della festa e una raccolta di versi encomiastici di poeti vari indirizzati al sovrano e al B., questi dichiara disinvoltamente: "Moymesme qui suis ignorant des loix, sçaurois bien rechercher celles qui ont esté introduictes contre les plagiaires, si quelqu'un vouloit estre larron de mes propres inventions". Probabilmente non fece che riprendere un progetto accantonato del Balf o del D'Aubigné: ciò che sembra certo è che aveva da principio semplicemente l'intenzione di scrivere una favola pastorale allegorica intercalata d'intermezzi lirici e coreografici. Ma, a poco a poco, a questo primo abbozzo si sostituì il proposito, ben altrimenti efficace, di far concorrere in egual misura nell'azione drammatica la poesia, la musica e la danza. E così nacque il primo balletto di corte. La novità dell'invenzione si riassume nelle due parole ballet comique,vale a dire balletto commedia. "Pour autant, amy lecteur, que le tiltre et inscription de ce livre est sans exemple, et que l'on n'a point veu par cy devant aucun Balet avoir esté imprimé, ny ce mot comique y estre adapté: je vous prieray de ne trouver ny l'un ny l'autre estrange". Secondo il Prunières, i musicologi che hanno studiato solo superficialmente la Circé hanno ritenuto che ballet comique significasse balletto buffo, mentre è da rilevare che essa sarebbe stata intitolata Ballet tragique se non avessero ostato le velleità superstiziose di Caterina de' Medici, la quale credeva che le tragedie portassero sventura. Il B. rinviene nel balletto "des meslanges geometriques de plusieurs personnes dansans ensemble sous une diverse harmonie de plusieurs instruments"; riflette che risponde ai canoni del buon gusto mescolare musica e commedia "ensemblement et diversifier la musique de poésie, et entrelacer la poésie de musique et le plus souvent les confondre toutes deux ensemble: ainsi que l'antiquité ne récitoit point ses vers sans musique et Orphée ne sonnoit iamais sans vers". Se ha qualificato comique ilproprio lavoro, è più "pour la belle, tranquille et heureuse conclusion où elle se termine, que pour la qualité des personnages qui sont presque tous dieux et déesses, où autres personnes heroïques". Né poteva, aggiunge, "tout attribuer au Balet, sans faire tort à la Comédie, distinctement représentée par ses scènes et actes: ny à la Comédie sans perjudicier au Balet, qui honore, esgaye et remplit d'armonieux récits le beau sens de la Comédie". Pertanto il titolo rivela esattamente ciò che egli ha voluto fare ed i lettori farebbero male ad arzigogolare su questo nome. "Ainsi - conclude trionfalmente - j'ay adimé et fait parler le Balet, et chanter et resonner la Comédie et y adjoustant plusieurs rares et riches répresentations et ornements je puis dire avoir contenté en un corps bien proportionné, l'oeil, l'oreille et l'entendement". È interessante confrontare, sempre dal manifesto, i versi composti dai poeti di corte per celebrare l'invenzione del balletto drammatico: essi mettono l'accento sul fervore umanistico che è all'origine dello spettacolo. "Beaujoyeux, qui premier des cendres de la Grece, - Fais retourner au jour le dessein et l'adresse - Du Balet compassé en son tour mesuré", esclama Claude Billard, ed Auguste Costé insiste sull'interesse che presenta, per gli eruditi, l'opera del B.: "Mon esprit esperdûment s'esgare - Dedans tes hauts projets doctement recherchez, - Et des vieux monuments de la Grece arrachez, - Pour esjouir nos Rois d'un spectacle si rare...". Avendo il re deliberato di solennizzare con mascarades,combattimenti e concerti le nozze del duca di Joyeuse, pari di Francia, con mademoiselle de Vaudemont, sorella della regina Luigia di Lorena Mercoeur, quest'ultima, per non essere da meno, ordinò al B. un'opera che non cedesse in nulla alle altre realizzazioni. L'italiano, lontano dalla corte, meditò sul proprio progetto che presentò poi in tre parti, la prima poetica da recitare, la seconda musicale da cantare, la terza scenografica da dipingere; pregò la sovrana di affidare i relativi compiti ad artisti che li potessero espletare degnamente. Il signore de la Chesnaye, elemosiniere del re, fu incaricato di redigere in versi le tirate su canovaccio fornitogli dallo stesso Baltazarini. A tale proposito si è preteso che i versi della Circé siano opera dei D'Aubigné e che Chesnaye sia un prestanome. È un'interpretazione largheggiante dell'oscuro passo in cui il D'Aubigné rivendica l'onore di aver "dressé le poinet de la Circé". Il B., non volendo abbellirsi delle penne altrui, menziona lealmente tutti i suoi collaboratori, e non pare che possa aver adoperato i versi del D'Aubigné senza nominarlo; ed è anche da rilevare che i versi della Circé sono troppo mediocri per essere dell'autore de Les tragiques. Per la musica la regina ordinò a Lambert de Beaulieu, più apprezzato come basso che come liutista, di attenersi all'indirizzo del Baltazarini. Il cantante si associò diversi collaboratori scelti tra i musicisti della Camera reale e in special modo Salmon, cantore e valet de chambre del re. Sicuramente Beaulieu si assicurò la composizione delle arie principali e dei recitativi del balletto; quanto a Salmon, forse s'incaricò della musica strumentale (era anche violinista). Le decorazioni, pure progettate, come abbiamo visto, dal B., furono eseguite da Jacques Patin, "peintre du Roy", che superò se stesso. Secondo il D'Aubigné, Enrico III elargì 400.000 scudi, ma anche se la cifra è esagerata, per il progetto grandioso dell'italiano dovette essere stanziata una somma considerevole.
Benché portati avanti con alacrità, i preparativi della Circé non poterono essere terminati in tempo per le nozze e dal 19 al 24 Sett. 1581 ci si dovette accontentare di mascarades,balli e tornei. Il Ballet comique si poté rappresentare domenica 15 ottobre. Sin dalle prime luci del giomo, davanti alle porte della sala grande di palazzo Borbone si accalcava una folla enorme, valutata da nove a diecimila persone. Il re e la regina madre erano seduti su un palco coperto da baldacchino: alla loro destra il boschetto di Pari e, più addietro, una grotta circondata di alberi illuminati; a sinistra una volta dorata contornata di nuvole, risplendente di luci nascoste, conteneva dei cantori che rispondevano a mo' di eco alle arie dei figuranti; il giardino e il palazzo di Circe occupavano il fondo della sala. Dalla più interessante delle incisioni che corredano il libretto si rileva, oltre ciò, la disposizione dei sovrani e dei principi a semicerchio, a diretto contatto con gli artisti, e dei cortigiani su una doppia galleria laterale.
Verso le dieci di sera è imposto il silenzio, e oboi, cornetti, tromboni e "autres doux instrumens de musique" attaccano l'ouverture. Un gentiluomo (M. de la Roche) esce correndo dal giardino di Circe e, in preda a vivo affanno, giunge ai piedi del re e gli spiega, in una lunga tirata in versi, i motivi del suo terrore: la maga l'ha attirato nel suo giardino incantato e ve lo tiene prigioniero; supplica pertanto il sovrano di combatterla e di porre fine alle sue pene. Circe, impersonata da M.lle de Saint-Mesme, appare per esprimere il suo dolore in un lamento pervaso, oltre che di sdegno, di fermi propositi di vendetta. Entrano a questo punto nella sala sirene e tritoni, seguiti da una macchina a forma di fontana che reca Teti e Glauco attorniati da nereidi; su stalli dorati sono assise naiadi riccamente vestite che, impersonate dalla regina Luigia, la principessa di Lorena, le duchesse di Guisa, di Nevers, di Joyeuse, di Mercoeur, d'Aumale e da altre dame di altissimo rango, costituiscono appunto le danzatrici del balletto e nel contempo le eroine della festa. Un coro di otto tritoni, rappresentato dai cantori della Camera reale che suonano lire, lìuti, arpe ed altri strumenti, chiude il corteo. Peleo e Teti (Beaulieu e sua moglie) cantano un duetto, le naiadi discendono dal carro e si abbandonano alla danza, accompagnate dai violini; ma Circe, giunta all'improvviso, con la sua bacchetta riduce i figuranti all'immobilìtà. Discende una nuvola dall'alto della sala, ne esce Mercurio (M. du Pont) che canta un lungo recitativo e con un succo asperge le ninfe, che immediatamente riprendono a danzare; Circe, infuriata, interviene nuovamente, le immobilizza insieme con lo stesso Mercurio, celebra in un monologo la sua vittoria e trascina tutti nel suo giardino. Da ogni parte si organizza febbrilmente una spedizione punitiva: la ninfa Opi (M.le de Vitry) supplica Pan (M. de Juvigny) di soccorrere driadi e satiri nell'impresa e questi promette il suo aiuto. Sopraggiungono le quattro Virtù e Minerva (M.le de Chaumont) che, su un carro trainato da un serpente, dichiara al re che si accinge ad abbattere il malefico potere di Circe. Chiamato da lei, discende dal cielo, su un'aquila, Giove accompagnato dal coro della volta dorata. Pan e i satiri, armati di grossi bastoni, marciano all'assalto del palazzo. Circe li accoglie con una arringa traboccante di arroganza ed invoca il Sole: Giove, allora, rotto ogni indugio, la tramortisce con la folgore e la conduce prigioniera al re. Le driadi, riconoscenti, pervengono danzando al giardino incantato per liberarvi le naiadi: queste si uniscono alle prime e compongono il grand ballet,sempre al suono dei violini; esso comporta un gran numero di figure e di evoluzioni e si conclude con una grande riverenza; seguono i doni di rito delle dame ai signori della corte, dopo quello della regina al consorte. Driadi e ninfe invitano i principi al grand bal e alle danze di chiusura. Quando i sovrani si ritirano, sono le tre e mezza del mattino e nessuno s'è annoiato. La musica della Circé, osserva il Combarieu, "cherche et sait trouver la noblesse, une certaíne grandeur solennelle. Le style est sévère (consonances pures) mais l'influence des modes du plain chant y est à peine sensible; le sentiment de la tonalité apparat déjà. L'écriture n'est pas, d'ailleurs, assez complète pour que nous puissions émettre un jugement sûr". Gli strumenti impiegati sono, oltre quelli già citati, l'organo (per imitare la zampogna di Pan), la lira da braccio a sette corde, la lira da gamba a dodici corde e l'archiviola da lira o lirone a ventiquattro corde (per imitare zampilli e spruzzi dei tritoni). Dei suonatori, quelli degli strumenti ad arco, riccamente vestiti, sono i soli che fiancheggiano, sulla scena, i gruppi danzanti, gli altri rimangono celati.
Non si trova in nessun documento l'importo del compenso dovuto al Baltazarini. Il Celler ritiene persino che i collaboratori, largamente remunerati, possano aver avuto dei contrasti con il coreografo e che il re sia rimasto poco convinto delle sue adulazioni; inoltre i passaggi agrodolcì della prefazione, ad esempio quello in cui il B. dichiara di non voler usurpare la parte altrui, hanno tutta l'aria, per lo studioso francese, di costituire una protesta al fine di riconquistare una reputazione di autore che i malevoli forse gli negavano, ragione non ultima dell'oblio dei posteri che, a proposito della festa del 15 ott - 1581, hanno ricordato soprattutto gli artisti più famosi ma non direttamente impegnati. Del 9 marzo 1582 è una quietanza di trenta scudi d'oro firmata dal B. sull'anticipo di un quarto del suo stipendio. Egli lasciò la corte di Enrico III nel 1584; nel 1585 è ancora presente con suo figlio Charles de Beaujoyeulx, "reu en survivance", cioè ammesso a succedergli dopo morto, tra i valets de chambre di Caterina. Il B. mori, forse a Parigi, "officier" di lei, "écuyer" e "seigneur des Landes" verso il 1587, prima della sua grande protettrice, dal momento che la vedova si risposò nel 1595.
La struttura tecnica degli spettacoli del B. è destinata a mantenersi a lungo, nel campo ballettistico, fino al Lulli e al Rameau; ouverture, entrées e grand ballet resisteranno fin quasi ai nostri tempi, sostenuti da un supporto musicale a base ternaria (andante, adagio, allegro). Lo stesso Rinuccini, che aveva soggiornato a Parigi, quando pensò di sostituire alle declamazioni in versi il recitativo accompagnato, tenne per modello il Ballet comique e ne travasò lo spirito nel Ballo delle ingrate,che, rappresentato a Mantova nel 1608, riuscì un avvenimento artistico di primo ordine e per aver introdotto la formula del balletto melodrammatico (cioè tutto cantato) e per l'intenso pathos delle arie del Monteverdi. Nel campo operistico la frequenza del soggetto della Circé è rilevante: tanto per addurre degli esempi, si possono citare la Circé di M.-A. Charpentier e la Circé di R. de Visé nel sec. XVII, sul testo di Corneille, e le omonime produzioni del Cimarosa e del Gazzaniga nel XVIII. E non basta: inventando per dame e gentiluomini vere e proprie danze figurate e costituendoli in un gruppo omogeneo, il B. gettò le basi dei futuro corpo di ballo. Per tutti questi motivi egli si raccomanda all'attenzione degli studiosi moderni, che vedono nella Circé ilfrutto più vitale dell'Académie e in lui, piuttosto che il drammatizzatore della danza o il creatore del ballet de cour,l'innovatore fantasioso del balletto nell'elemento orchestico-scenografico.
Fonti e Bibl.: Paris, Bibl. Nat., ms. fr. 7856, Table des ordonnances et estats des maisons des roys, reynes, dauphins, enfans et autres princes de France..., II (1499-1655), pp. 1238, 1318, 1399; Ibid., coll. Clair, Officiers des maisons des roys, reynes, enfans de France et de quelques princes du sang,V,n. 836, p. 295; Ibid., ms. fr. 7835, Recueil de quittances sígnées par des musiciens et maitres de chapelle des rois de France (1471-1680), p. 24; Paris, Arch. Nat., K. 387, ff. XXXII-XXXV; Ibid., Y. 134, f. 244; Magnificentissimi spectaculi a regina, regum matre, in hortis suburbanis editi, in Henrici Regis Poloniae invietissimi nuper renunciati gratulationem, descriptio, Io. Aurato, Poéta regio, autore, Parisiis 1573; Mémoires de l'estat de France sous Charles Neuviesme, I, Meidelbourg 1578, pp. 190 ss.; A. D'Aubigné, Histoire universelle,I,Amsterdam 1626, p. 665; C. F. Ménestrier, Des ballets anciens et modernes selon les règles du théâtre,Paris 1682 (copia manoscritta conforme all'originale, senza numer. di pag., nella Bibl. Nazionale di Roma); L. Paris, Négociations, lettres et pièces diverses relatives au règne de Francois II,Paris 1841, p. 748; F. H. Castil-Blaze, Théatre lyriques de Paris. L'opéra italien de 1548 à 1856,Paris 1856, pp. 57-60; P. de Bourdeille de Brantôme, Oeuvres complètes, IV, Paris 1868, p. 82; VII, ibid. 1873, pp. 371 s.; IX, ibid. 1876, pp. 663 s.; L. Celler, Les origines de l'opéra et le ballet de la reine,Paris 1868, pp. 135 s., 303 s.; P. Lacroix, Ballets et mascarades de cour, de Henri III à Louis XIV,ilGenève 1868, pp. 1-87 (riproduce il testo della Circé); J. B. Weckerlin, Chefs-d'oeuvre classiques de l'opéra francais,s. 3, Paris 1881 (riproduce la partitura della Circé in arrangiamento per pianoforte e canto, conosciuta dagli amatori); R. Rolland, Les origines du théâtre Orique moderne. Histoire de l'opéra en Europe avant Lully et Scarlatti, Paris 1895, pp. 241 s.; E. Picot, Les italiens en France au XVI siècle,in Bulletin italien, XXVI, 4 (1904), pp. 311 s.; Lettres de Catherine de Médicis, X, Paris 1909, p. 535; H. Prunières, Le ballet de cour en France avant Benserade et Lully suivi du Ballet de la délivrance de Rénaud,Paris 1914, pp. 54-57, 71-94; J. Combarieu, Histoire de la musique des origines au début du XX siècle. I. Des origines à la fin du XVI siècle,Paris 1930, pp. 638-44; J. Sazonova, La vie de la danse du Ballet comique de la reine à Icare,Paris 1937, pp. 17-20; F. Liuzzi, Imusicisti italiani in Francia. I. Dalle origini al secolo XVIII, Roma 1946, pp. 118 ss., 280; L. Rossi, Storia del balletto,Milano 1961, pp. 19 s.; La Grande Enciclopédie, V, pp. 175 s. (voce di M. Brenet); C. Schmidl, Diz. univ. dei musicisti, I, p. 103; Encicl. Ital., VI, p.1; Encicl. d. spettacolo, I, pp. 1398-1402 (voce di G. Tani). G. Grove's dictionary of music and musicians, I, London 1954, p. 518 s.; Dizionario Ricordi della musica e dei musicisti, Milano 1959, p. 97; H. Riemann, Musik Lexikon, I, Mainz 1959, p. 92.