BALI (V, p. 964)
Etnologia e arte. - L'interesse di Bali per quanto riguarda l'etnologia e la storia dell'arte sta nel fatto ch'essa è l'unica isola malese la cui cultura, completamente induizzata, ma assumendo forme diverse da quelle correnti nell'India anteriore, non abbia poi subito l'influenza dell'Islam. Solo pochi, musulmani si trovano nelle città costiere; nell'interno invece si trovano ancora rappresentanti di un popolo, i Bali-Aga, che conservano molte tradizioni indonesiane.
La stragrande maggioranza della popolazione dell'isola, come pure quella del Lombok occidentale, presenta invece una cultura indù. Questa è stata portata nell'isola verso il principio dell'era cristiana, e vi assunse un suo carattere proprio, nonostante le intime relazioni politiche e culturali con la vicina Giava; anche la formazione di un centro culturale giavanese in Bali, nel sec. XIII, non esercitò influssi sulla popolazione locale.
Il carattere etnologico dei Balinesi appare chiaro soprattutto nella religione, che impronta di sé tutta la loro vita; l'esistenza del Balinese è uno sforzo ininterrotto di tenersi amiche le divinità e di placarne all'occorrenza l'ira per mezzo di doni votivi.
Le divinità più importanti non sono tuttavia i grandi dei dell'induismo, ma innumerevoli spiriti, specie maligni, per i quali la sera si depongono doni, e che vengono propiziati con svariatissime cerimonie- Una parte cospicua di ogni abitazione è riservata al culto, e ogni villaggio, ogni comunità d'irrigazione, e in genere qualsiasi collettività possiedono un proprio tempio e un rito proprio.
Tra le divinità più elevate, il sole (Sūrya) e quelle che personificano le montagne occupano un posto cospicuo; il dio della cima più alta di Bali (Goenoeng Agoeng, pron.: Gunung Agung), è considerato l'uguale di Śiva; la trimurti induistica (Śiva, Brahmā, Viṣṇu) viene adorata nei sei grandi santuarî statali; Durgā è la dea della morte e dei cimiteri. Accanto a questo induismo con elementi animistici esiste pure il buddhismo con riti suoi proprî, ma la differenza è del tutto esteriore e sono perduti i ricordi delle differenze dogmatiche. La preparazione di acqua lustrale con potenza magica, e l'invocare gli dei affinché scendano nelle loro sedi sulla piazza del tempio, sono le occupazioni principali dei sacerdoti. I credenti partecipano attivamente alle cerimonie, con cortei, danze e rappresentazioni, tra cui di grande interesse le rappresentazioni di leggende sacre eseguite da attori splendidamente mascherati.
Il santuario consiste in un recinto di mura, con porte, diviso in tre parti, in una delle quali si trovano i troni, le nicchie e le edicole destinati alle divinità, coperte da tetti sovrapposti in numero vario, da tre a undici, secondo l'importanza di quelle. Le divinità non sono rappresentate da statue, bensì piuttosto incorporate in feticci, lamine metalliche, pietre preziose, ecc., posti sul pavimento o sul tetto delle edicolette. Altri feticci, nei quali si crede che le divinità si rifugino allorché vengono trasportate, sono certe piccole bambole fatte con legno di sandalo e monete cinesi. Una nicchia del tutto separata, scavata dentro un albero, è destinata a contenere il taksu, la misteriosa forza magica che può invasare, entrare in corpo a certe persone a ciò adatte, che allora, in stato di trance, possono rendere nota la volontà degli dei.
A Bali non si trovano grandissimi templi monumentali; inoltre le mura, porte, nicchie, edicolette che si trovano anche in santuarî consacrati da secoli, sono relativamente moderni, e ciò perché si adoperano materiali poco durevoli, mentre si preferisce costruire santuarî nuovi invece di restaurare quelli cadenti. Restano però un certo numero di statue di pietra, anche di epoca pregiavanese (prima del 1000); la più antica di quelle datate è del sec. X. Un secolo più tardi furono fatte le facciate di templi scavati nella viva roccia presso Tampaksiring, sotto le quali sono state deposte le ceneri di persone di sangue reale; queste facciate sono strettamente imparentate con l'architettura giavanese. Tra i veri monumenti di antichità si presenta rilevante una porta a Sakah e il tempietto, o piuttosto edicola per doni votivi, di Airlangga. Nell'architettura più recente l'ornamento prende un posto sempre più cospicuo fino a togliere chiarezza alle linee architettoniche. Il migliore esempio di questo stile fiorito è il santuario di Sangsit. Tra i sei grandi santuarî, quello di Besakih è, artisticamente, il più importante. I santuarî sono riccamente ornati con tessuti, stendardi e pitture dai colori vivaci; tutta l'esistenza del Balinese e specie le sue feste sono piacevoli per la ricchezza dell'elemento coloristico e le forme di un gusto squisito.
I Balinesi quasi tutti sono abilissimi intagliatori in legno, scultori, orefici, poeti, musici e ballerini. Le danze di Bali, dal carattere pantomimico, raffigurano leggende mitologiche. Sono famose le giovanissime e ornatissime ballerine legong.
La letteratura balinese conosce le antiche leggende di dei e di eroi, scritte su foglie di palma preparate in modo da durare per secoli; esse vengono cantate e recitate nelle cerimonie religiose. Vi è poi una ricca letteratura di fiabe, poemi, commedie, trasmessi oralmente; la produzione ne è sempre cospicua.
Bibl.: W. O. J. Nieuwenkamp, Balien Lombok, Edam 1906-1910; Bouwkunst van Bali, L'Aia 1926; P. A. J. Moojen, Kunst op Bali, ivi 1926; F. A. Liefrinck, Bali en Lombok, Amsterdam 1927; W. F. Stutterheim, Oudheden van Bali, Singaradja 1929; V. E. Korn, Het adatrecht van Bali, L'Aia 1932; W. Spies, Das grosse Fest in Trunjan, in Tijdschrift van het Bataviaasch Genootschap, LXXIII (1933), p. 220.