BALESTRA (dal lat. balista; franc. arbalète; spagn. ballesta; ted. Armbrust; ingl. cross-bow)
È un'arma fatta d'un arco (v. arco) fissato a un fusto di legno, munita di un dispositivo per fermare la corda al fusto quand'è tesa, e per farla scattare al momento opportuno; ed è quasi sempre fornita d'un congegno per tendere la corda. Lancia frecce (dardi e verrettoni) e può essere di piccole o di grandi dimensioni, cioè: o manesca (a mano) o da posta (da posizione).
Una balestra consta essenzialmente delle seguenti parti (fig. 1): un arco A, comunemente di acciaio, talora anche di legno o di corno; un fusto B, detto anche tiniere, quasi sempre di legno, talora di ferro o acciaio nelle balestre più piccole; una noce C, dischetto che serve a trattenere la corda quando è tesa, e finché la balestra sia stata caricata e presa la mira; una chiave o manetta D, che è come il grilletto di quest'arma e serve a far scattare la corda al momento opportuno. La disposizione della noce e della chiave è per quasi tutte le balestre quale risulta dalla figura.
Il fusto è sempre munito d'una scanalatura nella quale scorre la freccia per risultare ben diretta. L'arma ha spesso una specie di calcio E, che il balestriere appoggia alla spalla quando prende la mira, e all'altra estremità una staffa o un gancio F per assicurare la balestra alla sella o alla cintura, e anche per il caricamento dell'arma.
Sembra che la balestra fosse nota agli antichi Assiri e Babilonesi, Greci ed Egizî. Certamente era nota ai Romani del Basso Impero. Nel Medioevo la balestra è nominata da Anna Comnena e da Guglielmo da Tiro al tempo della prima crociata (1098). Nel secondo concilio del Laterano (1139) ne fu proibito l'uso da parte di cristiani contro cristiani, ma permessa contro gl'infedeli. Riccardo Cuor di Leone armò di balestra i fanti del suo esercito nel 1198, non tenendo conto di quel divieto, né d'un breve d'Innocenzo III che lo confermava, considerandola arma particolarmente micidiale.
In Italia la balestra si trova citata in un documento d'alleanza tra Genova e Alessandria, del 21 febbraio 1181.
I barbari forse non conoscevano le balestre. Fu soltanto dopo la 2ª crociata che, venuta in pregio la fanteria, si cominciarono a usare dai fanti balestre e corazze e scudi coperti di solido cuoio, che resistessero ai dardi dei Saraceni, nelle cui cronache quei soldati, spesso coperti di frecce nemiche, sono paragonati al porcospino.
A poco per volta le balestre cedettero il posto alle armi da fuoco, con le quali furono per alcun tempo accomunate; e così nel 1570 in un bando mantovano si trovano nominati "balestrieri" insieme con "archibuzetti". Nel 1630 per l'ultima volta, si trovano indicate balestre in un inventario d'Urbino.
Le balestre furono di varia grandezza secondo l'uso cui dovevano servire, cioè a seconda che si dovessero caricare e maneggiare da un uomo solo, a piedi o a cavallo (balestre portatili o manesche), ovvero si ponessero su banchi o cavalletti per difesa delle mura o per essere portate in campo (balestre da posta, balestroni, balestroni da banco, o anche, se avevano ruote o rotelle, carri-balestre). Si caricavano in vario modo, a seconda della loro dimensione, e si avevano così varî tipi di balestre, di cui sommariamente ecco un cenno.
Balestra a mano. - Era la più piccola e più semplice (fig. 1).
Balestra a crocco o a gancio. - Un crocco o gancio era fermato al polso del balestriere, e con esso egli tirava la corda fino ad assicurarla alla tacca della noce.
Balestra a crocco e staffa. - Poteva essere semplicemente a staffa, cioè avere all'estremità superiore del fusto un arnese di ferro foggiato a guisa di staffa, entro il quale il balestriere poneva il piede, tenendo il fusto capovolto e quasi verticale, dopo di che tendeva a mano la corda. Ma più spesso la tensione era fatta per mezzo d'un gancio pendente dalla cintura; e allora, messa la balestra a testa in giù e infilato il piede nella staffa, il balestriere si abbassava, agganciava la corda, e, rialzandosi, l'armava (fig. 2). Nella maggior parte dei casi i crocchi erano due per poter abbracciar bene la corda da entrambe le parti del teniere, ed erano appesi alla cintura per mezzo di correggiuole di lunghezza proporzionata, perché, rizzandosi il balestriere, la corda giungesse alla noce.
Balestra a ruota d'ingranaggio (fig. 3-A). - La ruota d'ingranaggio fissata al fusto, girata per mezzo d'una chiave, fa scorrere in basso (rispetto alla figura) un'asticciuola dentata, che con un gancio afferra la corda e la porta a impegnarsi nella noce. Ciò fatto la corda si disimpegna dal gancio dell'asticciuola, si carica la balestra con la freccia, si punta e si fa scattare come la balestra ordinaria.
La parte superiore del fusto è foggiata a staffa, per esser tenuta con il piede, facilitando così la manovra, o per appendere l'arma alla cintura o alla sella.
Balestra a martinetto o martinello. - È una modificazione della precedente. Il congegno dell'asta dentata con gancio e della ruota d'ingranaggio girata da manovella, è staccato dall'arma e costituisce uno strumento a sé, detto martinetto o martinello (fig. 3-B), che si applica alla balestra per mezzo di un anello di corda, che va ad impegnarsi in uno o due risalti sporgenti dal fusto. Con il martinetto si può dare molta potenza di trazione alla corda con un piccolo sforzo; esso era perciò applicato alle balestre di maggior gittata con arco robusto, usate esclusivamente dalle fanterie (francese crénequiniers).
Le balestre lanciavano frecce comuni, ma più spesso grosse frecce a testa quadrangolare (cioè col ferro a piramide) o a bottone, dette bolzoni, e verrettoni, e anche frecce incendiarie, formate con sostanze bituminose e che venivano accese prima d'esser lanciate.
Balestra-Pistola (fr. arbalète à pistolet; ted. Pistolen- Armbrust; ingl. gun-cross-bow). - Arma a triplice uso, cioè da lancio di freccia, da fuoco ed anche da punta, perché munita di lungo spuntone; ve n'è una nell'armeria annessa all'arsenale di Venezia ed il De Lucia (illustratore del catalogo) ne dà la seguente descrizione.
"La canna da fuoco è nel teniere ed ha congegno di scatto a ruota (v. archibugio), lavoro eseguito nel 1562 da Renealdo Da Visin da Asolo, come si rileva da un'incisione sul teniere. Quest'arma è importantissima oltre che per il suo speciale congegno di scatto della freccia, anche perché munita dello scatto a ruota, raro nell'epoca in cui l'arma fu costruita. È munita di traguardo a superficie curva, disposto circa a metà del teniere, e di mira sul congegno di scatto della freccia (fig. 4).
Sul lato destro presso l'impugnatura è fisso un manubrio che, abbattuto in avanti, fa scorrere, nello stesso senso, una piastrina sulla quale sono fissati la noce e il congegno di scatto. In tale posizione la corda è facilmente incoccata nella noce e per tesarla basta abbattere il manubrio in senso opposto. Sul lato sinistro vi è il congegno di scatto a ruota, in parte mancante e con gancio sulla faccia inferiore....
Nella figura A è mostrato chiaramente come si ottiene con il movimento del manubrio lo spostamento della piastra superiore a cui è annessa la noce con il congegno di scatto.... L'arma pesa chilogrammi 3,200".
Nella sala d'armi predetta vi sono altre tre balestre-pistola simili alla precedente; ma con l'arco fissato nella parte inferiore del teniere, e la canna da fuoco nella parte superiore.