MAURUZZI, Baldovino
MAURUZZI (Mauruzi), Baldovino. – Ultimo dei tre figli del condottiero Niccolò, legittimati da Martino V nel 1430, nacque presumibilmente a Tolentino agli inizi del XV secolo. Nel 1425 era al seguito del padre nell’esercito fiorentino contro Guido Antonio Manfredi, signore di Faenza, quando fu catturato nei pressi di Faenza e condotto a Lugo.
Nel 1430-31 militò nella compagnia del padre al servizio del duca di Milano, Filippo Maria Visconti, contro la Repubblica di Venezia. Dopo una breve condotta nel 1431 al soldo di papa Eugenio IV, che lo impiegò per sedare le ribellioni dei Colonna, fu tra le fila dell’esercito fiorentino guidato da Niccolò; nel maggio 1432, a Poggibonsi, fu ferito a una gamba per errore da un arciere fiorentino. Per conto della Repubblica combatté contro Lucca, Siena, l’imperatore Sigismondo e il duca di Milano.
Il 28 ag. 1434 partecipò alla battaglia contro Niccolò Piccinino, a capo dell’esercito visconteo, presso Castelbolognese, dove il padre fu fatto prigioniero. Con 600 cavalli fece ritorno in Toscana con il fratello Giovanni e il 1° settembre giunse a Modigliana, dove attese l’altro fratello, Cristoforo, anch’egli a capo di 600 cavalli. Invano i tre fratelli scrissero ai Medici perché impetrassero la liberazione del padre, che morì. Nell’aprile 1435 il M. partecipò ai solenni funerali che la Repubblica di Firenze tributò al suo vecchio capitano. Il 7 luglio dello stesso anno fu rinnovata la condotta a lui e ai suoi fratelli, che raccoglievano l’eredità del padre.
Quando Tolentino, alla morte di Niccolò, tornò sotto il dominio della S. Sede i tre fratelli restituirono alla città la rocca e ricevettero in ricompensa tutte le case e i poderi appartenuti al signore di quella, Berardo Varano. Il papa, in segno di riconoscenza, cedette ai Mauruzzi la signoria di Caldarola che fu prima sottomessa alla giurisdizione della Chiesa e poi concessa loro in vicariato. Dal 1445 si legge sui libri del Comune di Caldarola il solo nome del M. come signore di quel castello.
Con i fratelli il M. fu inviato a Galeata nella valle del Bagno sull’Appennino con 400 cavalli e altrettanti fanti per impedire a Niccolò della Stella (Fortebracci), allora nella Marca anconetana, di penetrare in Toscana. Lo scontro avvenne presso il castello di Fiordimonte, dove il Fortebracci trovò la morte. Ancora a servizio della Repubblica fiorentina negli anni successivi, nell’agosto 1437 il M. espugnò Ghivizzano per ordine di Francesco Sforza con i fratelli e con Leone Sforza.
Al termine della condotta con Firenze, i Veneziani temevano che i Mauruzzi potessero acconciarsi con il nemico oppure andassero nella Marca contro lo Sforza. Mentre i suoi fratelli trovarono un accordo con Venezia, il M. il 20 nov. 1437 firmò a Bologna una condotta al soldo di Eugenio IV.
Con 300 cavalli e 200 fanti fu al soccorso di Spoleto per liberarla dall’assedio di Pirro Tomacelli, rettore della città e abate di Montecassino, alleato degli Aragonesi. A capo dei cittadini in armi, nell’aprile 1438 riuscì a respingere l’assalto degli uomini, tra cui Taliano Furlano e Francesco Piccinino, radunati da Corrado Trinci, signore di Foligno, e venuti in soccorso del Tomacelli. Fu sconfitto l’11 maggio 1438 da Piccinino, che era in Umbria con 1000 cavalli e 300 uomini per attaccare i territori papali, e fu costretto a riparare a Terni. In luglio e agosto difese Città di Castello dall’assedio di Piccinino.
Nel 1439 militò al fianco di Sigismondo Pandolfo Malatesta e Giampaolo Orsini nella Marca. Il 7 aprile pose il campo alla Pergola sottratta al Malatesta dallo Sforza. Il 19 entrò trionfalmente nella città e il 24 recuperò Roccacontrada (Arcevia) alla S. Sede, strappandola allo Sforza.
Con i suoi 300 cavalli e 200 fanti raggiunse i fratelli al servizio di Venezia, dove si trattenne fino al marzo 1440, quando fu richiamato dallo Sforza in Romagna. Secondo una strategia messa in atto dal duca di Milano Filippo Maria Visconti, il Piccinino con 6000 cavalli si diresse minacciosamente in Romagna e in Toscana per intimorire i Fiorentini, alleati dei Veneziani, e fare in modo che richiamassero lo Sforza dalla Lombardia. Piccinino giunse nel marzo fino a Perugia, minacciando col duca di Urbino i possedimenti dei fratelli Malatesta, Sigismondo Pandolfo e Domenico. Il M. si unì a loro e a Giampaolo Orsini e poi, nel maggio, a Micheletto Attendolo in Umbria. Giunse ad Assisi con 300 cavalli e 100 fanti per rifornirla di grano, poi diede il guasto a Ripa e a San Giglio e alle campagne di Bettona e, infine, partecipò alla vittoria dei Fiorentini ad Anghiari il 29 giugno.
Nel luglio 1440 attraverso Fabriano raggiunse Alessandro Sforza negli Abruzzi per sedare la ribellione promossa da Giosia Acquaviva, Raimondo Caldora e Riccio da Montesecco. Mentre era accampato a Belforte del Chienti una rappresentanza di Caldarola andò a ossequiarlo e offrirgli un dono come segno della loro fedele sudditanza. Nel 1440 Eugenio IV, per riconoscenza, gli concesse il vicariato di Trevi e Montefalco, sottratte a Corrado Trinci. L’anno successivo il M. si stabilì a Montefalco dove fece distruggere la rocca, simbolo della signoria dei Varano, divise il popolo in quattro badie da cui si elessero i membri del Senato cittadino e diede il via alla riforma degli statuti.
Nel maggio 1442 precedette con altri condottieri la prima visita di Francesco Sforza nella Marca dopo le nozze con Bianca Visconti. Nel 1443-44 fu a guardia del castello di Fermo. Alla fine del 1444 tentò di recuperare Ripatransone al dominio dello Sforza, ma, dopo aver dato il guasto alle campagne, fu vittima di un agguato nella battaglia del gennaio 1445.
Mentre lo Sforza era impegnato a recuperare le sue terre in Romagna e nella Marca, spedì il M. in Abruzzo a sostegno di Bastiano da Canosa e Antonio Trivulzio contro Alfonso d’Aragona. Ma poco dopo il M. lo tradì e si unì agli Ascolani, forse convinto dal nonno della moglie, Giosia Acquaviva. Il papa si era unito ad Alfonso per recuperare la Marca e aveva inviato il M. ad Ascoli, dove entrò il 10 ag. 1445 al grido di «Viva la Chiesa» dopo che gli Ascolani avevano ucciso Rinaldo Fogliano, governatore per lo Sforza e suo fratello uterino; si unì poi al Malatesta, anch’egli ribelle allo Sforza, e partecipò alla presa di Roccacontrada il 15 ott. 1445.
Nel consiglio di guerra del 1446 a Fano, i capitani pontifici tra cui il M. presero la decisione di scacciare lo Sforza dalla Marca. Combatté contro Federico di Urbino, alleato dello Sforza e il 30 luglio 1446 ottenne il castello di Monte Fabbri di Federico dopo un assedio di 4 giorni.
Dopo la tregua tra il papa e lo Sforza, nel dicembre 1446 il M. morì, vittima di un agguato nella notte, forse su commissione dello Sforza che voleva vendicarsi della morte di Rinaldo Fogliani.
Nel 1441 il M. aveva sposato Caterina dei Saladini di Ascoli da cui ebbe Antonio e Giulia.
Fonti e Bibl.: G. de Flochis, Chronicon, a cura di A. Pasini, in Rer. Ital. Script., 2ª ed., XIX, 5, p. 45; G. Simonetta, Rerum gestarum Francisci Sfortiae, a cura di G. Soranzo, ibid., XXI, 2, pp. 54, 155; Cronache e storie inedite della città di Perugia, a cura di F. Bonaini, in Arch. stor. italiano, s. 1, 1850, t. 16, pp. 427 s., 433, 453, 545, 571 s.; C. Santini, Saggio di memorie della città di Tolentino, Macerata 1784, p. 219; G. Benadduci, Biografia di Balduino Mauruzi da Tolentino, Tolentino 1888; Id., Della signoria di Francesco Sforza nella Marca e peculiarmente in Tolentino, Tolentino 1892, pp. 5, 47, 52, 58, 65, 106-108, 114, 167, 175, 177, 181, 183, 186 s., 201, 325, 331 s., 350, 369, 380; M. Mallett, Signori e mercenari. La guerra nell’Italia del Rinascimento, Bologna 1983, p. 187; Enc. biografica e bibliogr. «Italiana», C. Argegni, Condottieri, capitani, tribuni, II, p. 240.