Baldelli Boni, Giovanni Battista
Letterato, uomo d’armi e politico nato a Cortona il 2 luglio 1766 e morto a Siena il 25 gennaio 1831. Difensore dell’ancien régime, fu sempre fedele realista: in occasione della Rivoluzione francese militò contro le armate rivoluzionarie e, successivamente, al seguito degli austriaci, contro Napoleone che invadeva l’Italia; negli ultimi anni della sua vita svolse importanti mansioni pubbliche presso il granducato di Toscana (come governatore militare e civile di Siena).
Diede un’interpretazione liberal-moderata del pensiero politico machiavelliano nell’Elogio di Niccolò Machiavelli, che è il suo scritto più importante sull’argomento. B. fu chiamato a pronunciare tale Elogio nella tornata del 7 agosto 1794 dell’Accademia fiorentina, sulla scia del rinnovato interesse per M. sbocciato in Toscana verso la fine del 18° sec.:
segni tangibili di questo interesse erano stati l’edizione delle Opere del Segretario fiorentino voluta dal granduca Pietro Leopoldo I e dal vescovo giansenista Scipione de’ Ricci (fra il 1782 e il 1783) e l’inaugurazione (nel 1787) del monumento funebre a lui dedicato, nella chiesa di S. Croce. L’Elogio venne stampato nello stesso 1794, con indicazione fittizia del luogo (Londra, in verità Firenze). Incontrò, prima ancora della stampa, la stima di Vittorio Alfieri – fu anzi proprio quest’ultimo a consigliare a B. di pubblicarlo – e, in anni successivi, di Ugo Foscolo, che esaltò i meriti di B. nelle Considerazioni sui Pensieri intorno allo scopo di Niccolò Machiavelli nel libro del Principe di Angelo Ridolfi: «L’unico che abbia degnamente parlato di sì grand’uomo», scrisse il poeta, «fu il Cav. Baldelli nell’elogio recitato all’Acc. fiorent. e ristampato nelle recenti edizioni» (A. Ridolfi, U. Foscolo, Scritti sul Principe, a cura di P. Carta, C. Del Vento, X. Tabet, 2004, p. 146). Inoltre, Foscolo si ispirò proprio a un passo dell’Elogio, nel quale veniva descritto il sacrario di S. Croce, per la stesura del brano dei Sepolcri dedicato a M. (come dimostrato da Angelo Solerti 1902, Francesco Sica 1975, Carlo Dionisotti 1980 e Christian Del Vento 2004). Con tagli e aggiustamenti significativi, l’Elogio fu poi ripubblicato in apertura dell’edizione livornese delle Opere machiavelliane: Filadelfia (ma Livorno), nella Stamperia delle Provincie unite, 1796.
B. «scorge» sì «il M. ‘repubblicano’ nelle vesti di un Solone e di un Licurgo e le riunioni degli Orti Oricellari quali ‘nuovo Liceo della dotta Atene’», ma dal suo personale punto di vista di realista illuminato di fine Settecento, cioè sotto la specie di un «classicismo ‘repubblicano’ affatto esterno» e del «plutarchismo etico-letterario messo in circolazione dal democraticismo rivoluzionario» (Rosa 1964, pp. 71-72). Ecco allora che, nella interpretazione del B., «il Machiavelli ‘repubblicano’ dei Discorsi diviene il Machiavelli teorico del governo misto» (p. 72), sostenitore di una forma-Stato che somiglia, ante litteram, a quella sancita dalla costituzione liberale inglese, apprezzata non a caso proprio da Alfieri e Foscolo. Scrive infatti il B.:
il Machiavelli, benché l’Europa di tal governo niun modello avesse ai suoi tempi, fu il primo fra i moderni politici a riguardare un governo misto come il solo convenevole a un popolo corrotto, come il solo capace d’accordare quella dose di libertà compatibile con le umane passioni; governo, che stabilì la felicità d’una colta nazione d’Europa [scilicet l’Inghilterra], encomiata da tutti i savi e non entusiasti politici, e che l’ha inalzata a quella opulenza e cultura che la rende oggetto d’ammirazione e d’invidia; vantaggi pericolosi però, che potrebbero esser sorgente della sua decadenza, se non conserverà quel santo e profondo rispetto alle sue leggi; rispetto che tanto il Machiavelli a norma di Tacito inculca per qualunque governo (Elogio di Niccolò Machiavelli, 1794, pp. 21-22).
La ‘militante’ interpretazione del B. si propone insomma, in un momento storico in cui la sopravvivenza dei regimi legittimi è in pericolo, quale «celebrazione», per via machiavelliana, «di un regime rappresentativo censitario e borghese quale doveva di lì a poco esprimersi nella Francia del Direttorio» (Rosa 1964, p. 72). La plebe invece, nel processo di formazione e gestione dello Stato, è da B. decisamente svalutata e abbassata, come poi avverrà in Foscolo, al rango di massa quasi bestiale, inconsapevole, immatura e perciò soggetta a oscillazioni e corruttele che la rendono incapace di produrre un governo.
Colui che ha dimostrato la verità di tale tratto distintivo delle plebi, per B., è stato ancora una volta il Segretario.
B. afferma, per esempio, che nelle Istorie fiorentine M. ha inteso denunciare i «volubili cambiamenti» del governo popolare, dopo aver constatato de visu che
sotto l’impero della plebe si veggono moltiplicarsi le tirannie e i tiranni, accendersi le passioni, irritarsi le vendette, sorger la brama delle rapine giustificata colla calunnia, sostenuta col ferro, e la giustizia sbigottita coprirsi di cupo velo vedendosi ognora invocata dal tradimento (Elogio di Niccolò Machiavelli, cit., pp. 36-37).
Secondo B., quindi, il resoconto di moti popolari offerto dalle Istorie produce utilmente, nell’animo di chi legge, «stupore e spavento [nel] vedere a quante sventure soggiacque Firenze per la sua sfrenata e mal intesa libidine di libertà, pria di ricondursi alla dittatura dei Medici» (p. 37).
B. riprende sostanzialmente la stessa lettura anche nella più tarda Vita di Giovanni Boccacci (1806).
Un paragrafo di tale Vita risulta esemplare del suo punto di vista:
Senza Niccolò Machiavelli non vanterebbe il secolo di Leone un grande storico. Egli acutissimo, e degli antichi studioso, ci diè un modello egregio del modo di scrivere i fatti d’un piccolo popolo, ma ingegnoso e grand’amatore di libertà. Non poté fare l’esposizione luminosa né di pubbliche virtudi, né di grandiose imprese, né di atti eroici, per avere avuto la Fiorentina Repubblica un mal costituito governo, e tutto intento alla mercatura. Ma dipinse meravigliosamente le passioni, i traviamenti d’un popolo gelosissimo di libertà, incapace di mantenerla, e perciò sempre irrequieto e tumultuante, ora contro gli ottimati, or contro i popolani potenti; finché invilito dall’opulenza, e stanco de’ suoi inutili deliramenti cercò la quiete nel governo monarchico (Vita di Giovanni Boccacci, 1806, pp. XXV-XXVI).
Questa ammirazione di fondo non gli impedì però di approvare le censure all’opera di M. che la Chiesa romana le aveva inflitto nei secoli. Nella stessa Vita di Giovanni Boccacci, B. cerca di fare ammenda dei toni troppo generosi che si era lasciato sfuggire nell’Elogio di una dozzina d’anni prima:
Ed io pur caddi nell’abbaglio, che qui si rimprovera a molti scrittori nel tesser l’elogio del Machiavelli. Non meritava elogio uno scrittore, che per molte massime sparse nelle sue opere erasi meritata la censura di gravissimi personaggi e, quel che è più, della S. Sede Romana. L’entusiasmo giovanile, l’ammirazione pel suo genio fecero che interpretassi con poca ponderazione e giustizia l’intenzione di alcuni suoi antagonisti, che per religioso zelo si mossero a confutarlo; onde non meritavano i rimproveri che io sparsi qua e là nell’elogio contro di loro. E santamente fece la Chiesa, cui non può negarsi questa potestà, di proibirne le opere (p. XIX, nota).
Sono, queste, le contraddizioni di un interprete preoccupato di recuperare e salvare il messaggio machiavelliano per la moderna politica legittimistica e insieme costretto a giustificare, almeno per alcuni aspetti, la secolare opposizione di quella parte politica allo stesso messaggio.
Bibliografia: Elogio di Niccolò Machiavelli, Londra (ma Firenze) 1794; Vita di Giovanni Boccacci scritta dal conte G.B. Baldelli socio delle RR. Accademie Fiorentina, e dei Georgofili di Firenze [...], Firenze 1806.
Per gli studi critici si vedano: A. Eximeno, Lo spirito del Machiavelli ossia riflessioni dell’abate D. A. Eximeno sopra l’elogio di Nicolò Machiavelli detto nell’Accademia Fiorentina dal Sig. Gio. Battista Baldelli, Cesena 1795; E. De Tipaldo, Biografia degli Italiani illustri, 1° vol., Venezia 1834, pp. 117-22; G. Baldelli Boni, Mio Padre, ricordi di G. Baldelli Boni ai suoi figli, Cortona 1881; L. Benvenuti, Dizionario degli Italiani all’estero, Firenze 1890, p. 29; I. Sanesi, Baldelli, Foscolo, Leopardi, «Rassegna bibliografica della letteratura italiana», ag.-sett. 1902, 10, 8-9, pp. 227-29; A. Solerti, La fonte diretta di alcuni versi dei Sepolcri di U. Foscolo, «Rassegna bibliografica della letteratura italiana», luglio 1902, 10, 7, pp. 186-87; N. Carranza, Baldelli Boni Giovanni Battista, in Dizionario biografico degli Italiani, Istituto della Enciclopedia Italiana, 5° vol., Roma 1963, ad vocem; M. Rosa, Moderatismo e simpatie autoritarie: l’Elogio del Baldelli e i Pensieri del Ridolfi, in Id., Dispotismo e libertà nel Settecento: interpretazioni repubblicane di Machiavelli, Bari 1964, pp. 70-76; F. Sica, Lomonaco e Machiavelli, in G. Paparelli et al., Per Francesco Lomonaco, Napoli 1975, p. 65; C. Dionisotti, Machiavellerie. Storia e fortuna di Machiavelli, Torino 1980, pp. 270-76; G. Procacci, Machiavelli nella cultura europea dell’età moderna, Bari 1995, pp. 357-74; A. Ridolfi, U. Foscolo, Scritti sul Principe di Niccolò Machiavelli, a cura di P. Carta, C. Del Vento, X. Tabet, Rovereto 2004, passim (in partic. C. Del Vento, Le Considerazioni di Ugo Foscolo, pp. 33-57).