TURINI, Baldassarre
– Nacque a Pescia il 27 febbraio 1485 (data, come quella di morte, desunta dall’epigrafe sepolcrale), figlio di Turino e di Lionarda Orlandi.
La città, posta al confine tra lo Stato fiorentino, di cui faceva parte, e la Repubblica di Lucca, traeva la sua ricchezza proprio dalla sua strategica posizione geografica. La famiglia, di nobiltà piuttosto antica, si mise in luce con gli zii di Turini: Baldassarre il Vecchio, ambasciatore papale prima in Polonia e poi in Ungheria, Domenico, professore di medicina a Padova, e Michele, ammiraglio della Marina veneziana (Merisalo, 2016, pp. 237 s.).
Il legame stretto con i Medici, di cui non si conosce l’origine, permise a Baldassarre di elevare il suo stato sociale, passando da esponente di una nobile famiglia di provincia a membro di assoluta preminenza della corte pontificia. Sappiamo che Turini fu stretto collaboratore del cardinale Giovanni de’ Medici, poi eletto papa con il nome di Leone X, almeno a partire dal 1509 (Stenius, 1981, p. 71). L’assoluta fedeltà a quest’ultimo permise a Baldassarre di ottenere l’amministrazione del registro del Ducato di Urbino e, soprattutto, nel 1518, la nomina a datario pontificio. Quasi contemporaneamente fu gratificato anche con la creazione della prepositura nullius diocesis di Pescia, che andava a staccare dalla diocesi di Lucca la città della Valdinievole e il suo contado, rendendola, da un punto di vista ecclesiastico, direttamente dipendente da Roma e retta da un preposto di nomina papale, nella persona dello stesso Turini (Merisalo, 2016, p. 240). La scomparsa di Leone X segnò anche l’inizio della parabola discendente di Turini che, tuttavia, dopo il breve pontificato di Adriano VI, collaborò con Clemente VII in numerose occasioni.
Fu, appunto, durante il papato di quest’ultimo che Turini si qualificò come uno dei più importanti committenti d’arte e di architettura a Roma e in Toscana. Egli compì infatti ingentissimi investimenti immobiliari sia nella zona a est di piazza Navona sia sul colle del Gianicolo, dove commissionò a Giulio Romano l’edificazione e la decorazione di una villa, poi passata ai Lante, ancora oggi esistente e non molto alterata rispetto ai tempi della sua costruzione (O’Gorman, 1971, p. 134). Sebbene di dimensioni limitate, l’edificio si configura come uno dei più interessanti esempi del suo genere nella Roma degli anni a cavallo del sacco, connotato dall’ingegnoso uso delle serliane, che sono la vera cifra distintiva dell’insieme.
Per quanto residente a Roma da diversi anni, Turini restò sempre molto legato a Pescia: in un periodo di tempo compreso tra il 1534 e il 1542, commissionò a Baccio d’Agnolo e al figlio Giuliano l’edificazione, presso la pieve di S. Maria Assunta, di una cappella mausoleo per lo zio omonimo e per se stesso (Ceccanti, 2014, p. 258).
La costruzione, che non venne danneggiata dall’incendio che nel tardo Seicento interessò la principale chiesa di Pescia, era destinata, inoltre, ad accogliere la pala d’altare raffaellesca della Madonna del Baldacchino. Non sappiamo quali siano state le vicende che portarono il dipinto, realizzato per la cappella Dei nella chiesa fiorentina di S. Spirito e lasciato da Raffaello a Firenze al momento del suo definitivo trasferimento a Roma, nella disponibilità di Baldassarre. Con ogni probabilità, ciò avvenne successivamente alla morte dell’Urbinate, nel 1520, quando Turini funse da suo esecutore testamentario. La Madonna del Baldacchino, con il suo apparato architettonico ricco di citazioni colte e all’antica, servì a Baccio d’Agnolo come parziale fonte d’ispirazione per la cappella mausoleo, che è uno dei più importanti edifici rinascimentali toscani di questo tipo (p. 256). Sempre a Pescia, Turini commissionò a Raffaello da Montelupo il sepolcro dell’omonimo zio, realizzato in marmi policromi e giudicato da Giorgio Vasari come una delle più importanti realizzazioni di questo scultore.
Negli anni in cui si lavorava alla cappella presso S. Maria Assunta, precisamente nel 1536, egli ospitò, nel suo palazzo pesciatino presso ‘Pie’ di Piazza’, Carlo V al ritorno dall’impresa di Tunisi, durante il trasferimento da Firenze a Lucca.
Sappiamo che Turini ebbe un ruolo di primo piano nella vicenda, peraltro complessa, delle sepolture di Leone X e di Clemente VII in S. Maria sopra Minerva a Roma. I due sepolcri gemelli, concepiti congiuntamente da Antonio da Sangallo il Giovane e da Baccio Bandinelli, vennero realizzati in un arco di tempo compreso tra il 1536 e il 1541 dietro interessamento di Turini, che si occupò sia di suggerire il luogo dove questi dovessero essere collocati, sia di sollecitare la presenza a Roma di Bandinelli. Turini ebbe però un rapporto conflittuale con quest’ultimo, arrivando ad accusarlo di negligenza e disonestà (Frommel, 2003, pp. 345 s.).
Turini morì a Roma il 19 ottobre 1543. Secondo le sue volontà venne inumato nella città natale, nella cappella mausoleo presso S. Maria Assunta a Pescia, in un sepolcro commissionato dai nipoti a Pierino da Vinci, nel quale il defunto è raffigurato in una curiosa posa vagamente all’etrusca.
Fonti e Bibl.: J.F. O’Gorman, The villa Lante in Rome: some drawings and some observations, in The Burlington Magazine, CXIII (1971), pp. 133-138; G.E. Stenius, B. T. e le sue case romane sulla base dei documenti, in Opuscula Instituti Romani Finlandiae, 1981, n. 1, pp. 71-82; C. Conforti, B. T. da Pescia: profilo di un committente di Giulio Romano architetto e pittore, in Te, I (1985), 2, pp. 35-43; C.L. Frommel, Disegni sconosciuti di Sangallo per le tombe di Leone X e Clemente VII, in Id., Architettura alla corte papale nel Rinascimento, Milano 2003, pp. 335-357; C. Ceccanti, “Un ornamento di pietra intorno, anzi una cappella intera ed una sepoltura”: il mausoleo dei Turini nel Duomo di Pescia e i suoi monumenti (1534 - 1542), in Bollettino della Società di studi fiorentini, XXII (2014), pp. 255-263; O. Merisalo, B. T., funzionario e mecenate, in Leone X. Finanza, mecenatismo, cultura. Atti del Convegno internazionale... 2015, a cura di F. Cantatore et al., I, Roma 2016, pp. 237-245.