OLTROCCHI, Baldassarre.
– Nacque a Pavia il 6 agosto 1714 da genitori milanesi, Giuseppe e Caterina Fusi, terzo di cinque fratelli e due sorelle, tutti, tranne uno, avviati alla vita ecclesiastica o claustrale. Fu battezzato nella chiesa di S. Maria Capella in Pavia con i nomi di Baldassare Giuseppe Brizio.
A 22 anni, nel 1736, fu accolto nella Congregazione degli oblati dei Ss. Ambrogio e Carlo e nel 1737 divenne prete della diocesi di Milano. Avviato fin da giovane agli studi letterari, insegnò materie umanistiche nei collegi della diocesi diretti dagli oblati, nel seminario Elvetico e nel seminario di Porta Orientale a Milano, finché il 9 marzo 1748 venne cooptato come dottore della Biblioteca Ambrosiana. Il Collegio dei dottori era a quei tempi ridotto a due soli membri: il prefetto Giuseppe Antonio Sassi e Nicolò Sormani; quando, nel 1751, Sassi morì, gli successe Sormani, ma di fatto chi da quel momento condusse e indirizzò la politica culturale dell’Ambrosiana fu Oltrocchi, che infatti da quell’anno compare con il titolo di proprefetto.
Sempre nel 1751 uscì a Milano la sua prima opera di rilevanza scientifica: la traduzione latina della vita di s. Carlo, pubblicata dall’oblato Giovan Pietro Giussani nel 1610 in lingua italiana: De vita et rebus gestis s. Caroli Borromei. Una prima traduzione era già stata fatta dal dottore dell’Ambrosiana Bartolomeo Rossi nel 1714, ma Oltrocchi la completò e la corredò con una mole considerevole di note, in cui trascrisse documenti inediti, tratti soprattutto dall’immenso epistolario di s. Carlo. Era stato l’arcivescovo di Milano, cardinale Giuseppe Pozzobonelli, a promuovere questa iniziativa, probabilmente per offrire anche al mondo culturale internazionale una nuova biografia del santo in quella che ancora era percepita come una lingua internazionale. Di fatto il lavoro di Oltrocchi innescò una lunga polemica che si protrasse fino al 1755 a opera di Paolo Onofrio Branda; agli attacchi (in prima battuta anonimi) di costui sulle principali riviste letterarie, Oltrocchi rispose con vari controinterventi: i Ragionamenti apologetici e l’Appendice ai Ragionamenti nel 1753 e una Lettera al cardinal Querini nel 1754 (entrambi pubblicati a Milano). La contesa prese le mosse dal fatto che il barnabita Branda riteneva inutile che l’oblato Oltrocchi ripubblicasse in latino la biografia di s. Carlo scritta dall’oblato Giussani, quando già esisteva quella latina scritta nel 1592 dal barnabita Carlo Bascapè. Si trattava dunque di rivendicare, tra barnabiti e oblati, una specie di primogenitura, non tanto dal punto di vista cronologico quanto sul versante dell’autorevolezza. A margine vi era anche il problema di mettere a fuoco il ruolo della Congregazione dei barnabiti nell’opera di riforma borromaica, con la questione a quei tempi ancora ampiamente discussa della loro probabile incorporazione con l’Ordine degli umiliati, prima che questo venisse soppresso: e proprio a tale problema era dedicata la lettera aperta al cardinale Angelo Maria Querini del 1754. Una cosa è certa: al di là delle polemiche sui singoli problemi, più che la traduzione latina della biografia di Giussani, sono importanti le note di Oltrocchi e l’ampio ricorso che entrambi i contendenti fecero a fonti di prima mano in gran parte inedite, nonché all’immenso carteggio borromaico: tutto ciò infatti segnò la fine di un approccio puramente agiografico-devozionale alla figura di Carlo Borromeo, in favore di una biografia finalmente rigorosa e documentata dal punto di vista storico-critico. Le note autografe di Oltrocchi sono conservate in Ambrosiana sotto la segnatura R 241 inf.: molte di esse non furono pubblicate nell’edizione del 1751 e restano quindi inedite.
Secondo l’uso dei tempi Oltrocchi si dedicò anche alla composizione di poesie latine: due per la professione religiosa di donna Maria Serponti pubblicate nel 1757 e quattro per la professione religiosa di quattro sorelle dell’amico e letterato veneziano Marco Milesi, pubblicate a Milano tra il 1754 e il 1770; inedite invece restano due odi alcaiche, una in onore del cardinale Querini e una in onore degli arciduchi Ferdinando e Beatrice (nell'Ambrosiano, R 189 inf.). Sulla stessa linea, nel 1754 pubblicò a Zurigo la traduzione in versi latini di un’opera tedesca di Jean Rodolfe Wertmüller, Quattuor humanae vitae aetates, che ebbe discreto successo di critica.
Nel 1755 pubblicò a Milano il De vita et scriptis Josephi Antonii Saxii, in tre volumi, come tributo di riconoscenza verso l’antico prefetto dell’Ambrosiana che lo aveva convinto a candidarsi come dottore e quindi era stato all’origine della sua cooptazione nel Collegio: di qui l’impostazione marcatamente laudativa del profilo biografico. Seguì nel 1758 una Dissertazione sui primi amori di Pietro Bembo, nata dalla richiesta di collaborazione da parte di Giammaria Mazzucchelli alla sua opera Scrittori d’Italia: Oltrocchi poté avvalersi del prezioso carteggio tra Bembo e Lucrezia Borgia conservato in Ambrosiana, dove ritrovò anche la celebre ciocca di capelli biondi di Lucrezia che divenne una specie di feticcio per il successivo romanticismo ottocentesco.
Nel 1764 il governatore di Milano Francesco III d'Este lo volle istitutore di lingua latina, di storia e geografia, della nipote Maria Beatrice d’Este, sposa dell’arciduca Ferdinando d’Austria: per sette anni svolse questo prestigioso incarico, senza sottrarre tempo e forze alla conduzione della Biblioteca; nel 1795, con dedica all'illustre discepola, pubblicò la sua opera maggiore: la Ecclesiae Mediolanensis Historia Ligustica. L’aggettivo 'Ligustica' rimanda alla Liguria, intesa nel senso dell’antica circoscrizione regionale di epoca romana gravitante su Milano; di fatto Oltrocchi divise la sua trattazione in tre parti: l’epoca romana vera e propria, a partire dall’episcopato di Ambrogio; l’epoca gotica con le prime invasioni barbariche; l’epoca longobarda fino al regno di Liutprando. Fu un’impresa difficile, soprattutto per la scarsità delle fonti, inquinate spesso da leggende o notizie storicamente dubbie: Oltrocchi seppe affrontare il lavoro con cautela e senso critico, muovendosi con equilibrio tra congetture e tentativi di interpretazione.
Frattanto, il 2 giugno 1767, dopo la morte di Sormani, Oltrocchi venne nominato prefetto della Biblioteca Ambrosiana: de facto lo era già da anni, finalmente lo diventava anche de iure. Come bibliotecario si dimostrò intelligente intercettatore di libri e biblioteche che potessero arricchire l’Ambrosiana; razionalizzò i depositi, cercando anche magazzini esterni; rinnovò gli indici della biblioteca e avviò l’inventario dei libri; cercò anche di reperire i fondi finanziari necessari per una gestione più proficua.
L’ultimo suo importante lavoro, intrapreso su richiesta del conte Antonio Francesco Rezzonico, rimase manoscritto nell'Ambrosiano X 343 inf.: sono gli studi su Leonardo da Vinci compiuti direttamente, con l’aiuto di uno specchio, sui codici leonardiani allora presenti in Ambrosiana. Il manoscritto venne usato prima da Carlo Amoretti, poi da Pietro Cighera e infine da Saverio Ritter (tutti dottori dell’Ambrosiana) nelle loro pubblicazioni su Leonardo; in particolare Ritter riconobbe a Oltrocchi il merito di aver per primo dissodato e fatto conoscere il prezioso patrimonio vinciano conservato in Ambrosiana. Nel maggio 1796 le truppe francesi occuparono Milano e anche l’Ambrosiana subì dolorose spogliazioni, a cominciare proprio dai codici di Leonardo. Oltrocchi si chiuse definitivamente in casa a vita privata.
Nel settembre 1797 fu colpito da ictus ischemico e morì il successivo 9 novembre, rimpianto dall’intero mondo culturale italiano.
Fonti e Bibl.: Il Carteggio Oltrocchi è conservato nella Biblioteca Ambrosiana, Mss., R 239-240 inf.; X 336-341 inf.; note biografiche sono nel ms. C 322 inf.; P. Cighera, Memorie intorno alla vita ed agli studi di B. O., Milano 1804; S. Ritter, B. O. e le sue Memorie storiche su la vita di Leonardo da Vinci, Roma 1925; C. Castiglioni, I Prefetti della Biblioteca Ambrosiana (Notizie bio-bibliografiche), in Miscellanea Giovanni Galbiati, II, Milano 1951, pp. 411-413; F. Buzzi, Il Collegio dei Dottori e gli studi all’Ambrosiana nel Settecento, in Storia dell’Ambrosiana, Il Settecento, Milano 2000, pp. 72-99.