Lombardi, Baldassarre
Frate francescano, letterato e critico (Vimercate 1717 - Roma 1802), pubblicò nel 1791 il primo volume (gli altri due uscirono poco dopo) di un'edizione commentata della Commedia, l'ultima apparsa nel sec. XVIII dopo quelle del Volpe (1727) e del Venturi (1732-1739). I tre volumi, rispettivamente dedicati alle tre cantiche, sono conclusi dagl'indici delle varianti, dei " passi ai quali è data nuova spiegazione ", " dei luoghi nei quali si difende Dante da ingiuste critiche " (v. le recensioni favorevoli delle " Novelle letterarie " 1791, col. 832, e delle " Effemeridi letterarie " 21 gennaio 1792).
Per il testo il L. seguì l'edizione curata da Martino Paolo Nibbia nel 1478, confrontandola con altre edizioni del sec. XV e con circa trenta codici, sulla base del discutibile criterio che l'antichità delle stampe fornisse maggiori garanzie di correttezza e fedeltà all'originale. In realtà questo è l'aspetto meno valido del suo lavoro e, nonostante la difesa del Foscolo (cfr. il Discorso sul testo del poema di D., CCVIII, in Opere edite e postume di U. Foscolo, Prose letterarie, III, Firenze 1923, 473), del Witte (Prolegomeni critici all'edizione della D.C., Berlino 1862, XXV) e dello Scartazzini (Prolegomeni, Lipsia 1890, 517), la ricostruzione filologica risulta manchevole nel metodo e nei risultati. Lo rilevò già il Dionisi (v.), che con dovizia di studi particolari preparava la sua edizione del poema, venuta alla luce nel 1795; a lui il L. rispose nei Prolegomena all'edizione del '91 e poi nell'Aggiunta alla D.C. stampata in Roma nel 1791, dal titolo Esame delle correzioni che pretende doversi fare in essa edizione il veronese Monsignor Canonico Gio. Iacopo de' Marchesi Dionisi (Roma 1795), ma senza controbattere in profondità le argomentazioni dell'avversario. Comunque egli ha in comune col Dionisi il proposito di superare e migliorare l'edizione della Crusca, giovandosi di un largo consenso di testimonianze a stampa e manoscritte, e dal Dionisi stesso molto attinse, sebbene dissimulando la fonte, come anche dal Perazzini e dal Torelli.
Non diversamente, per quanto riguarda il commento, alle ambizioni del L. non rispondono effettive conquiste. Delle 257 spiegazioni nuovamente proposte alcune riprendono interpretazioni altrui, altre non apportano sostanziali progressi all'esegesi tradizionale, altre si dimostrano evidentemente errate (vedine l'elenco nel saggio dello Zacchetti citato in bibliografia). E tuttavia merita considerazione lo sforzo di considerare il poema non da un'angolatura particolare, ma nel complesso dei suoi vari motivi, letterali, allegorici, storici, concettuali, e perfino, in qualche caso, retorici e stilistici. Anzi, sotto il profilo linguistico, è più che notevole il senso storico con cui il L. s'industria a precisare i significati delle voci dantesche, spesso ricorrendo a etimologie anche non romanze, per la sollecitazione di un concreto bisogno di chiarezza e di precisione logica che lo porta a qualificare insufficienti e inadeguate le chiose dei precedenti commentatori, in specie quelle del Venturi, il suo vero idolo polemico, contro le riserve gesuitiche del quale conduce con successo una serrata e continua battaglia. Tale attenzione ai termini reali del contesto sottratti a presupposti moralistici e rapportati frequentemente a parametri filologici, tale audacia, tale spirito d'indipendenza e di anticonformismo, pur in un'impostazione troppo netta del discorso critico, che ignora le sfumature e le perplessità e ha un fare perentorio a lungo andare fastidioso, caratterizzano in maniera precipua il commento lombardiano, facendone in certo modo un prototipo, com'è stato detto, dei commenti moderni. Scrisse di esso il Foscolo: " Il Lombardi opponendo fatti veri, perseveranza di metodo, e senso comune, redense il poema dalle imputazioni gesuitiche, e dall'autorità conceduta sovr'esso alla critica della Crusca. Se non che, o non vedendo, o più veramente non potendo più in là, tenne le allusioni alla religione fra' termini degli antichi. Non migliorò il modo usato d'esposizione, ma ne scemò la verbosità e sciolse nodi spesso intricati dagli altri. Era anzi temprato ad intendere che a sentire la poesia; o forse a non potere esprimere quanto ei sentiva " (op. cit., p. 472). Giudizio sostanzialmente condivisibile, per quanto i limiti di sensibilità e di espressione notati dal Foscolo vadano assai probabilmente slargati, tenendo presente, come più su messo in luce, che i modi distaccati e perfino freddi del dire lombardiano dipendono in linea di massima da una vocazione filologica e scientifica rigorosamente perseguita e da una preminenza assoluta concessa ai valori contestuali e ideologici.
Bibl. - L'edizione originaria del commento lombardiano apparve a Roma presso il Fulgoni (1791) col titolo La D.C. nuovamente corretta, spiegata e difesa. Sull'opera: G. Zacchetti, Il commento del L. alla D.C. e le polemiche dantesche del L. col Dionisi, Roma 1899; A. Fiammazzo, Per la fortuna di Dante. Appunti con documenti, in " Giorn. d. " VIII (1900) 323; A. Vallone, La critica dantesca nel Settecento e altri saggi, Firenze 1961, 49-51; L. Martinelli, D., Palermo 1966, 149-150.