DELLA RATTA (Della Rath), Baldassarre
Fu figlio di Francesco, conte di Caserta, ma non è chiaro se la madre sia stata Isabella d'Artus, come sembra più probabile, ovvero Agata Sanseverino. Abbandonò la coerente politica paterna, che era stata sempre ostile agli Angiò Durazzo. Con altri esponenti del baronaggio napoletano filoangioino passò infatti in fedeltà a Ladislao di Durazzo. Il 21 genn. 1401 fu presente accanto al re ad un atto di concessione feudale. Nel 1408 Ladislao gli affidò il governo della Terra d'Otranto.
Unì alle contee di Caserta e di Alessano, ereditate dal padre, i feudi di Trocchia e di Vitulano, che acquistò nel 1403 da Luigi d'Artus, probabilmente suo cugino. Sposò Maria di Capua, vedova di Francesco Cantelmo conte di Popoli, la quale era figlia di Andrea di Capua e dell'ex regina Costanza Chiaramonte, che era stata ripudiata da re Ladislao. Lasciò al suocero l'amministrazione della Terra d'Otranto.
Insieme col fratello Giacomo, abbandonò la fedeltà alla regina Giovanna II di Angiò Durazzo, che era succeduta al fratello re Ladislao, in favore di Luigi III d'Angiò, che rinnovava le rivendicazioni della sua famiglia sul trono napoletano. Nel 1422 Muzio Attendolo Sforza riuscì, però, a farlo riconciliare con la regina e con Alfonso il Magnanimo e a fargli abbandonare il partito filoangioino. Nella lotta per il controllo politico del Regno napoletano, che si era aperta con la morte di Ladislao, il D. si mosse con molta spregiudicatezza. Nel 1424 rispose all'appello di Giovanna II e venne con numerosi vassalli in difesa di Napoli, minacciata da Alfonso d'Aragona. Dieci anni dopo, nel 1434, fu tra quanti, d'accordo con Iacopo Caldora, istigarono la regina contro il principe di Taranto, accusato di non avere reso le terre tolte ai Sanseverino.
Alla morte di Giovanna II, nel febbraio 1435, fu uno dei governatori del Regno nominati per testamento dalla sovrana, in attesa che salisse sul trono l'erede da lei designato, Renato d'Angiò, fratello del defunto Luigi III, il quale era prigioniero del duca di Borgogna. Pare sia poi stato creato gran giustiziere del Regno e gran camerlengo dalla regina Isabella che si trovava a Napoli e aveva ricevuto pieni poteri dal marito re Renato. Nel novembre 1436 lasciò la capitale con l'autorizzazione della regina, alla quale dichiarò di volersi recare solo per qualche giorno a Sant'Agata. Passò invece dalla parie di Alfonso d'Aragona, l'altro pretendente alla successione di Giovanna II.
Il 23 novembre a Capua rese omaggio al sovrano aragonese. Gli chiese ed ottenne la conferma di tutti i privilegi goduti dalla sua famiglia, e tra questi della provisione di 1150ducati sulle collette, che aveva ottenuto da Ladislao e da Giovanna II. Chiese anche ad Alfonso d'Aragona la restituzione dei feudi di Alessano, Urgento, Surano, Ragano e di altri castelli in Terra d'Otranto che erano stati occupati dal principe di Taranto. Domandò inoltre l'approvazione del re per il matrimonio del figlio Giovanni con Giovanna Ventimiglia, figlia del marchese di Geraci, la quale aveva ereditato in Sicilia la baronia di Ciminna, ma il matrimonio non ebbe mai luogo.
Qualche tempo dopo il D. tornò temporaneamente fedele a Renato d'Angiò, dopo avere concluso un accordo con il patriarca Vitelleschi. Nei mesi successivi continuò ancora più volte a cambiare partito. Abbandonato il sovrano angioino, tornò con Alfonso il Magnanimo, insieme con il principe di Taranto. Verso l'agosto 1438 giurò nuovamente fedeltà a Renato d'Angiò. Non trascorse molto tempo e si schierò ancora una volta col sovrano aragonese. Tra un voltafaccia e l'altro scampò al pericolo di essere fatto prigioniero a Maddaloni da Francesco da Pisa e pare riuscisse ad accrescere i propri feudi, aggiungendo ad essi, tra l'altro, Campagna, Eboli e Maddaloni.
Non si conosce la data della morte, che fu comunque anteriore al Parlamento convocato da re Alfonso nel 1443, al quale ormai partecipò come conte di Caserta il figlio Giovanni. Ebbe anche una figlia di nome Isabella.
Fonti e Bibl.: I Diurnali del duca di Monteleone,in Rer. Ital. Script.,2 ed., XXI, 5, a cura di M. Manfredi, pp. 108, 119, 126, 129, 139, 141, 147, 149, 151; S. Ammirato, Delle famiglie nobili napoletane,Firenze 1651, pp. 280 s.; F. Campanile, Dell'armi overo insegne dei nobili,Napoli 1680, p. 72; B. Candida Gonzaga, Mem. delle famiglie nobili delle provincie merid. d'Italia, II,Napoli 1875, p. 109; N. F. Faraglia, Storia della lotta tra Alfonso V d'Aragona e Renato d'Angiò,Lanciano 1908, pp. 4 s., 81; P. Collenuccio, Compendio de le istorie del Regno di Napoli,a cura di A. Saviotti, Bari 1929, pp. 249, 265; G. Beltrani, Gli Orsini di Lecce e di Taranto durante il regno di Giovanna II,in Arch. stor. per le prov. napol.,LXXV (1957), p. 94; A. Cutolo, Re Ladislao d'Angiò Durazzo,Napoli 1969, p.317.