D'ANNA, Baldassarre
Nacque a Venezia intorno al 1560, da una famiglia di mercanti fiamminghi residenti in città. È citato per la prima volta nella fraglia dei pittori veneziani nel 1593.
Nonostante l'origine, il D. non mantenne alcun rapporto con la madrepatria, le Fiandre, e si inserì invece pienamente nel clima pittorico e artistico della Venezia tra la fine del '500 e la prima metà del '600. Il panorama era allora dominato dai pittori delle cosiddette "sette maniere", e le commissioni pubbliche, religiose e civili, tendevano alla realizzazione di grandi cicli storici o cristologici: come nel caso del rifacimento dei cicli del palazzo ducale dopo gli incendi del 1574 e del 1577, o della decorazione degli oratori delle confraternite.
Il D. venne a diretto contatto con questa pittura tramite il suo maestro, Leonardo Corona, che fu attivo tra il 1600 e il 1605 per la realizzazione delle nove tele della Scuola di S. Fantin (ora Ateneo veneto). Un indizio che consenta di individuare in questo ciclo l'opera del D. è dato dalle due fonti veneziane, C. Ridolfi (1648) e M. Boschini (1674): il primo (Le maraviglie dell'arte..., a cura di D. von Hadeln, II, Berlin 1924, p. 107), dando notizia della morte del Corona, aggiunge: "non puote Leonardo dar in tutto compimento all'opera per la morte sua, e furono alcuni de primi quadri in alcune parti terminati da Discepoli", mentre il secondo (p. 98) precisa che il D. fu colui che compì il Cristo davanti a Pilato, e probabilmente ne fu quasi integralmente l'esecutore.
Lo Zampetti (1973) riconosce in quattro dei teleri della Scuola (i primi nell'ordine narrativo, ma evidentemente gli ultimi nella sequenza dell'esecuzione) un gusto deviante da quello del Corona (Cristo davanti a Pilato; Cristo sulla via del Calvario; Cristo inchiodato alla Croce; Cristo deposto); ma se effettivamente in tutti è sensibile l'intervento dei collaboratori, nel primo più che negli altri si notano quelle che saranno le caratteristiche migliori del D., cioè una tendenza più realistica rispetto al Corona, e sostenuta da una maggior attenzione all'opera di Palma il Giovane; una capacità di costruire il quadro con larghezza, su alcune linee portanti fondamentali, che semplificano anche l'affollamento dei personaggi, e che sono evidenziate mediante l'uso senza risparmio di violenti chiaroscuri.
L'energia - talvolta quasi la sommarietà ad effetto - della costruzione risulta nel D. tanto più personale, in quanto deve combattere col "tipo" di quadro in voga. Il telero del 1619 per S. Maria Formosa a Venezia, con Il pontefice Pio che approva l'istituzione dell'opera pia per il riscatto degli schiavi (ne esiste un bozzetto all'Accademia di Venezia), segue infatti, come precisato dal Pallucchini (1981), i modelli di Malombra, Andrea Vicentino e Alvise del Friso nei teleri per la Navicella di Brondolo, ora trasferiti nella sagrestia del duomo di Chioggia: e ancora una volta il confronto svela il debito nei confronti di Palma il Giovane, maestro soprattutto per l'impianto e per i chiaroscuri. L'attività del maestro per la città natale è, tuttavia, quasi completamente perduta. Si era trattato, invece, di un gruppo abbastanza cospicuo di opere, di cui abbiamo notizia specialmente dal Boschini e che può essere utile ricordare brevemente.
Per la chiesa di S. Marco Maria al Tempio; per la Scuola dei maestri del legname una Visitazione; per S. Paternian un Ritratto di prelato e un Cristo mostrato agli ebrei da Pilato. Nel sestiere di Castello, nella Scuola dei bombardieri, il soffitto e fregi; in S. Marina un Cristo che fa scendere Zaccheo dall'albero; un Doge che visita la chiesa; una Ss. Trinità con s. Marina, un doge e ungentiluomo; una Maddalena che unge i piedi a Cristo. In S. Giustina S. Brigida, s. Bernardo, santi e un pontefice; in S. Giovanni Laterano S. Giovanni lateranense, s. Antonio e s. Francesco. Nel sestiere di S. Polo, nel palazzo del Magistrato sopra le volte, a Rialto, l'Assunzione di Maria con santi. Nel sestiere di Dorsoduro, nella chiesa dell'Umiltà, sei tele: Presentazione, Visitazione, Martirio di s. Andrea e s. Paolo, due tele con santi e sante, e una Maria con angeli; alle Convertite una Annunciazione e una Pietà con angeli. In Cannaregio, ai Ss. Apostoli, tre quadri con "istorie sagre"; in S. Sofia un Padreterno e angeli e una Crocifissione; infine, nella chiesa dei Servi, una Natività.
Nel frattempo però il D. aveva trovato mercati fuori di Venezia. Un gruppo ingente di sue opere si conserva a Brno, nella chiesa dei gesuiti: un ciclo di otto tele mariologiche, delle quali la sesta, una Assunzione di Maria, è firmata "Baldissera de Anna P.".
Un secondo gruppo concerne (Priatelj, 1967) l'attività del pittore in Dalmazia. Nella parrocchiale di Vrbanj (Verbagno) nell'isola di Hvar (Lesina), la Discesa dello Spirito Santo, e ancora a Hvar (parrocchiale di Stari Grad-Cittavecchia) una tela con S. Caterina, s. Nicolò, s. Tommaso d'Aquino, s. Girolamo, s. Giovanni Battista e la Vergine, e un'altra con S. Giacinto davanti alla Vergine. Un'altra opera del pittore, un'Incoronazione della Vergine con un gruppo di santi, proveniente dalla chiesa di Ognissanti a Traù, è ora, nella stessa città, conservata nella chiesa di S. Pietro; un S. Antonio di Padova con scene della vita ed una Immacolata con s. Bernardo e otto santi, ambedue firmate, sono nella "Gospe og Starag Grada" (chiesa della Vergine nella "Terravecchia") di Pao.
Il gruppo dalmata di opere del D. mostra un netto impoverimento di modi e un sempre maggior avvicinamento alle cadenze più popolari, campagnole (Pallucchini, 1981) o molto periferiche, del manierismo veneto attardato. Di consimile gusto altre due tele conservate a Bergamo, una al Museo diocesano, l'altra, un Cristo deposto firmata "Baldisera de Ana f.", nella chiesa di S. Alessandro in Colonna.
L'adesione integrale al gergo seriale di questa produzione minore è confermata da una delle opere più tarde, forse l'ultima del D., la Pentecoste della parrocchiale di Conselve.
Il D. è citato per l'ultima volta nella fraglia dei pittori veneziani nel 1639, ma il suo nome ricorre ancora in una "tansa" del 1642: poco dopo si ritiene debba cadere la data della morte.
Fonti e Bibl.: M. Boschini, Le ricche minere..., Venezia 1674, ad Indicem; A. M. Zanetti, Della pittura veneziana, Venezia 1771, ad Indicem; A. Kisa, B. D., in Repertorium für Kunstwissenschaft, IX (1886), pp. 182-188; Inventario degli oggetti d'arte d'Italia, A.Pinetti, Provincia di Bergamo, Roma 1931, p. 8; A. Venturi, Storia dell'arte italiana, IX, 7, Milano 1934, pp. 257 ss.; K. Priatelj, Le opere di B. D. in Dalmazia, in Arte veneta, XXI (1967), pp. 215 ss.; P. Zampetti, L'Ateneo veneto, Venezia 1973, p. 26; E. Favaro, L'arte dei pittori a Venezia e i suoi statuti, Firenze 1975, ad Indicem (sub voce Anna [d'] Baldissera); R. Pallucchini, La pittura veneziana del '600, Milano 1981, pp. 20, 54 s.; U. Thieme-F. Becker, Künstlerlexikon, I, p. 530 (sub voce Anna Baldassare d'; con ult. bibl.); Diz. encicl. Bolaffi, I, pp.166 s. (sub voce Anna, Baldassarre d').