CROCE (Croci, dalla Croce), Baldassarre (Baldassarino)
Figlio di Arcangelo, nacque a Bologna (Baglione, 1642, p. 297) nel 1558. La prima notizia sicura si riferisce alla sua presenza a Bologna nel 1575 quando, in un rogito del sindacato dell'arte della pittura viene menzionato: "Baldassarre di Arcangelo Dalla Croce o Croci pittore di Bologna della parrocchia di S. Maria della Mascarella" (F. Gualandi, Memorie originali italiane..., Bologna 1843, IV) p. 155).
La sua educazione giovanile si svolse nell'ambiente artistico bolognese dominato dai maggiori esponenti del manierismo locale come L. Sabbatini, O. Sammachini, Pellegrino Tibaldi e il fiammingo D. Calvaert. Il Baglione (1642, p. 297) ricorda come "venne egli a Roma nel papato di Gregorio XIII, in età giovanile, ma con qualche principio di pittura". Le prime esperienze romane dell'artista sono infatti rappresentate dalla sua partecipazione alla decorazione dell'ala nord del cortile di S. Damaso in Vaticano, affidata da papa Gregorio XIII a L. Sabbatini e terminata tra il 1576 e il 1577, e alla decorazione della galleria delle Carte geografiche, condotta tra il 1580 e il 1583. con la direzione di I. Danti, G. Muziano e C. Nebbia. I lavori del C. nei palazzi vaticani non sono individuabili all'interno di questi vasti cantieri decorativi, che vedono affiancati decine di artisti esordienti. Le grandi imprese decorative volute dai pontefici Gregorio XIII e Sisto V attirarono a Roma il C., venuto forse con il bolognese L. Sabbatini, e costituirono l'occasione per affermarsi nell'ambiente culturale e artistico della città. Nel 1581 il C. divenne, infatti, accademico di S. Luca (Roma, Arch. d. Accademia di S. Luca, vol. II, p. 98; vedi anche vol. XLII, pp. 34, 125, 143 s.; vol. LXIX, f. 298; Giustificazioni, I f. 388) e dal 1584 è documentato nella Congregazione dei Virtuosi del Pantheon (Roma, Bibl. Hertziana, lascito F. Noack, ad vocem). Il C. contribuì alla decorazione dell'oratorio dell'Arciconfraternita del SS. Crocifisso di S. Marcello con l'affresco raffigurante l'Approvazione degli Statuti, ove i restauri del 1963 hanno rivelato la firma "Baldassar de Croce Pittor bononiensis faciebat" (Mostradei dipinti restaurati..., Roma 1964, pp. 91 s.). L'opera, databile per la von Henneberg (1974, p. 80) intorno al 1583, mostra come il C. si sia riferito alle scene storiche tipiche dell'accademismo zuccaresco. Il Baglione (1642, p. 298) ed il Pio (1724, p. 212) ricordano la collaborazione del C. ad alcuni dei lavori sistini, condotti tra il 1586 e il 1589 in previsione dell'anno giubilare: la decorazione della Scala santa, della loggia delle Benedizioni in S. Giovanni in Laterano e del palazzo lateranense (Roma antica e moderna, 1745, p. 443).
Sisto V affidò la direzione dei lavori a Cesare Nebbia e a Giovanni Guerra, che si avvalsero dell'opera di numerosi pittori ed al C. spettò, senza dubbio, una posizione di secondo piano. Secondo Scavizzi (1960, pp. 334 s.) al C. nella Scala santa spetterebbero i Profeti e Glorie d'angeli affrescati nelle lunette della cappella del Sacramento e, sulla parete, il S. Lorenzo venerato dai fedeli; le scene con la Costruzione dell'arca, l'Arcobaleno dopo il diluvio nella volta della scala sinistra; Giuda restituisce i denari nella volta sinistra della scala centrale; Mosè e l'arca d'oro, l'Adorazione del vitello d'oro e il Sacrificio nella volta della scala destra: lo stile, ancora legato ai modi dei bolognesi L. Sabbatini e O. Sammachini, mostra anche chiare riprese dal Muziano, soprattutto attraverso il Nebbia; i colori sono chiari ma hanno toni spenti (ibid., p. 328).
La stessa maniera si ritrova negli affreschi eseguiti dal C. nella cappella della Resurrezione in S. Giacomo degli Spagnoli, restaurata intorno al 1583-84 a spese del portoghese Antonio de Fonseca; nella volta sono Profeti e una Sibilla, nelle pareti e nel sottarco sono storiette con scene della Vita di Cristo.
Altri affreschi, perduti e condotti probabilmente in questi stessi anni, erano nella chiesa dei convento di S. Spirito al foro Traiano (Pio, 1724, p. 213); in S. Chiara nel rione Pigna (Titi, 1763, p. 153); in SS. Giovanni e Paolo (Baglione, 1642, p. 383); sulla facciata di un palazzo in via del Corso (Mancini, 1617-21, I, p. 283; II, p. 200 n. 1514).
Il lavoro più impegnativo realizzato dal C. negli anni giovanili fu la decorazione della sala regia (o Erculea) del palazzo comunale di Viterbo, terminata nel 1592 (Scriattoli, 1920, p. 98).
Gli affreschi, ricordati per primo dal Mancini (1617-21, I, p. 215) come opera del C., sono lodati e descritti dal Malvasia (1678, I, pp. 375 s.) insieme ad altre sue opere nelle chiese di Viterbo. Il soffitto della sala regia venne decorato dal viterbese T. Ligustri e da L. Nucci con paesaggi e vedute dei castelli soggetti alla città di Viterbo; sulle pareti il C. inquadrò, in una struttura architettonica arricchita da festoni, medaglioni con ritratti sorretti da putti ed edicole con personaggi storici, le scene centrali presentate come grandi arazzi. Dei sei affreschi tre sono dedicati alle origini mitiche della città, e gli altri tre ad avvenimenti storici. I soggetti del ciclo vennero evidentemente forniti da uno storico; le composizioni e lo stile del C. hanno come modelli, più che i fastosi affreschi degli Zuccari nella villa Farnese a Caprarola, i cicli della villa Lante a Bagnaia e lo stile sistino della Biblioteca Vaticana.
Un'opera non ricordata dai biografi si trova nella vicina Bagnaia, nella chiesa di S. Antonio abate; nella tela, firmata e datata 1588, è raffigurata la Madonna col Bambino, s. Giovannino e s. Giuseppe (V. Frittelli, Bagnaia, Bagnaia 1977, p. 136, tav. 11).
Negli stessi anni il C. fu tra gli artisti che affrescarono, per il card. Domenico Pinelli, la navata centrale di S. Maria Maggiore, terminata nel 1593; il Baglione (1642, p. 298) attribuisce al C. la Presentazione di Maria al tempio, l'Adorazione dei Magi e la Pietà; il Titi (1763) pp. 259 ss.) anche la Crocifissione e le Nozze della Vergine.
Un disegno preparatorio (Manchester City Art Gallery, Between Rertaiss. and Baroque, Manchester 1965, cat. n. 346) per le Nozze della Vergine presenta una semplificazione e riduzione dello spazio e una discreta caduta di qualità nel trattamento delle figure. Uno studio per un S. Giovanni sotto la Croce (Roma, coll. della Bibl. Hertziana) disegnato sul recto e sul verso, quasi certamente del C., va riferito all'affresco della Crocifissione. In questo affresco, come nella Pietà, si ritrovano influssi zuccareschi e del Muziano soprattutto per il trattamento dei panneggi; nelle altre storie prevalgono modi alla Bernardino Cesari accanto a richiami alla maniera toscana.
Il momento di massima affermazione del C. a Roma si può datare negli anni tra la fine del XVI secolo e gli inizi del successivo; il C., infatti, collaborò ad alcune delle più importanti decorazioni collettive e, nello stesso tempo, ricevette commissioni personali da parte di privati. Dapprima al servizio del card. Girolamo Rusticucci, titolare di S. Susanna, lavorò alla decorazione della chiesa; molto più tardi decorò il coro delle monache - attualmente non visitabile - con Nebbia e con P. Nogari (Roma..., 1745, p. 104).
Nel 1595 terminò i lavori nell'abside, ove sulla parete sinistra del coro eseguì l'affresco con il Martirio di s. Gabino; nell'altare-tabernacolo della cripta affrescò S. Gabino, s. Susanna e s. Felicita e la voltina con il Cristo benedicente contornato da angeli e puttini entro tondi. Gli affreschi della navata con le Storie di s. Susanna, ritenuti dalla critica la sua opera maggiore, vennero iniziati nel giugno del 1598 e terminati dopo il settembre del 1600 (docc. in Abromson, 1976; cit. da Bertolotti, 1885, p. 154, e da Hibbard, 1971, p. 113). Secondo il Baglione (1642, p. 298), "i colonnati, le prospettive, e gli ornamenti tocchi d'oro sono di Mattheo Zaccolini da Cesena". È, noto solo un disegno preparatorio, riguardante la cornice architettonica delle scene, sottoscritto dal C. il 26 giugno 1598 con l'impegno di attenersi ad esso; il disegno dovrebbe essere di mano del C., anche se, non essendo nota l'opera grafica del pittore, è impossibile stabilire confronti probanti. La soluzione effettivamente realizzata comunque si distacca in parte dal disegno preparatorio, sia nei particolari architettonici sia nel fatto che la scena è immaginata come arazzo anziché racchiusa da cornice. Gli affreschi si riallacciano da un lato ai modelli della "teatralità scenica" dell'oratorio del Gonfalone, dall'altra tendono ad eliminare, quanto più possibile, i limiti reali delle pareti, ridefinendoli con l'architettura e soprattutto con il paesaggio (Zeri, 1957).
Pur impegnato nella decorazione di S. Susanna, il C. fu attivo, negli stessi anni, in altri edifici romani. Nella navata centrale di S. Prassede, fatta affrescare dal card. Alessandro de' Medici divenuto titolare della chiesa nel 1594, eseguì "con gran diligenza ... l'Incoronazione di spine, con varie figure, e con Angioli intorno" (Baglione, 1642, p. 298). Opera non ricordata dai biografi è la decorazione ad affresco con Scene della vita di Giuseppe ebreo sulla volta e Virtù agli angoli di una sala al primo piano di palazzo Barberini (N. di Carpegna, Catal. della Galleria naz. di palazzo Barberini, Roma 1964, p. 6), probabilmente commissionata al C. da Alessandro Sforza di S. Fiora proprietario del palazzo dal 1597 (A. Negro, Rione II, Trevi, I, Roma 1980, pp. 177 s.). Nel 1599 lavorò per i gesuiti nella chiesa del Gesù, dove affrescò con i Quattrodottori della Chiesa, i Quattro evangelisti, Angeli oranti e Teste di cherubini la volta e la cupoletta della cappella di S. Francesco d'Assisi oggi del Sacro Cuore di Gesù; gli affreschi eseguiti nella cappellina dei SS. Abondio e Abondanzio, posta sotto l'altar maggiore, andarono perduti con la distruzione della cripta nel sec. XIX (Pecchiai, 1952, p. 92). Sempre nel 1599. lavorò nella chiesa della Madonna dei Monti (docc. pubblicati da Tiberia, 1973), affrescando nella cupola l'Incoronazione di Maria e la Visitazione di s. Elisabetta ricordate dal Baglione (1642) e dal Malvasia (1678). mentre il Mola (1661 p. 111) gli attribuisce anche l'Annunciazione. La presenza del C. nella decorazione di S. Cesareo, fatta eseguire dal card. Cesare Baronio nei primi anni del sec. XVII, è ipotizzata da H. Röttgen (Mostra del Cavalier d'Arpino, catal., Roma 1973, p. 59, n. 92) per il quale lo stile del C. risulta fortemente influenzato dalla maniera di Bernardino Cesari. Secondo il Baglione (1642, p. 298) il C. collaborò alla decorazione della sala Clementina in Vaticano (opera di Giovanni e Cherubino Alberti), ove di sua mano sarebbero "alcune figure nella parte da basso" mentre "nella Sala, che segue [del Concistoro], ha nel fregio alcune Historie". L'Abromson (1978,, figg. 11, 12, 15) propone alcune attribuzioni; K. Herrmann-Fiore (Disegni degli Alberti [catal. della mostra, Gab. naz. delle stampe], Roma 1983, p. 9) ipotizza la presenza del C. dopo la morte di Giovanni Alberti nel 1601.
Ai primi anni del Seicento è anche da collocare l'intervento del C. nella decorazione ad affresco della basilica di S. Maria degli angeli ad Assisi.
La prima fonte (1788) che ricordi l'attività umbra dei C. è la Breve e compendiosa descrizione ... della chiesa (Assisi 1802, pp. 38-39), dove gli viene attribuita la decorazione della cappella di S. Pio V (quarta a destra) con Storie di Maria Vergine e Storie di s. Francesco e una tela con S. Pio V e, nella cappella della Deposizione (terza a sinistra), la tela con la Deposizione di Cristo. Nella cappella della Deposizione, ove negli stessi anni risulta attivo Ventura Salimbeni, gli viene attribuito anche l'affresco con la Vestizione di s. Chiara (Ricerche in Umbria, 1980, p. 42), mentre Scavizzi (1959) e Riedl (1959-60 e 1976), sulla base del disegno preparatorio, lo ritengono opera del Salimbeni.
Nella chiesa di S. Francesco a Stroncone sono scomparse firma e data (1607) dal Miracolo di s. Diego (Ricerche in Umbria, 1976, p. 57). Intorno a questi stessi anni è da considerare il dipinto con Il miracolo di s. Martino nel duomo di Foligno (Ricerche in Umbria, 1980, p. 97) che denota una notevole assonanza con modi arpineschi. Nell'ottobre del 1608 ritroviamo il C. attivo a Roma, quando si impegna ad eseguire un quadro con S. Gregorio per la chiesa della Trinità dei pellegrini (Bertolotti, 1885, p. 153), dove restano affreschi rovinatissimi nelle cappelle dei SS. Agostino e Francesco d'Assisi e di S. Gregorio (Vasco Rocca, 1979). Forse in questi anni, come sembra confermare lo stile della tela anche se molto offuscata, il C. dipinse per i celestini di S. Eusebio la pala d'altare, ricordata anche dal Baglione (1642, p. 299), con Madonna col Bambino ed i ss. Eusebio, Vincenzo, Lorenzo e Serafino (Iezzi, 1977).
Almeno dal 1610 il C. abitava con la moglie Faustina ed il nipote Pietro Giacardi in una casa della parrocchia di S. Maria in Via (Roma, Arch. stor. del Vicariato, S. Maria in Via, Stato delle anime, vol. 18; il vol. 17 [1585-1609] manca).
Le ricerche archivistiche della Corbo (1967 e 1968) hanno chiarito, attraverso l'esatta documentazione, gli interventi del C. in S. Maria Maggiore nella sacrestia nuova e nella cappella Paolina.
La sacrestia nuova, ricostruita da Flarninio Ponzio dal 1605 al 1608, comprendeva anche le sacrestie dei canonici e dei beneficiati che vennero affrescate da Domenico Cresti, detto il Passignano (doc. dal marzo 1608 al dicembre 1610), e dal C., documentato dal luglio del 1609 al luglio del 1610. Nei documenti sono descritti i due affreschi nelle volte del "piano nobile sopra dette Sagrestie" con il Miracolo della fondazione della chiesa, la Processione e l'Apparizione dell'angelo; una SS. Annunciata, sutavola, per la porta dell'archivio; nella sacrestia dei canonici tre tavolette con Storie della Passione di Cristo e quattro per la sacrestia dei beneficiati (opere non rintracciate). Per la decorazione pittorica della cappella Paolina, fatta a spese della famiglia Borghese e della Camera Apostolica, la direzione dei lavori venne affidata al Cavalier d'Arpino accanto al quale figurano il Baglione, il Cigoli e il Passignano, Guido Reni e numerosi aiuti. Restano pagamenti al C. per l'affresco con il Transito della Madonna sull'arcone esterno della cappella, nella quale lavorò anche alla cappellina di S. Carlo: il Baglione (1642, p. 299)ricorda la tela con il S. Carlo (non rintracciata). Sempre nella cappella Paolina affrescò la voltina della stanza della Madonna di S. Luca.
I documenti hanno confermato la presenza del C., tra il 1611 e il 1612, nel palazzo pontificio di Montecavallo ove, per Paolo V, affrescò la cappellina del piano terreno (Briganti, 1962, p. 33): gli affreschi mostrano lo stile del C. fortemente influenzato da modelli sia reniani sia del Passignano, principale esponente in quegli anni della scuola toscana a Roma.
Alla tarda attività del C. sembra riferirsi lo stile della tela con S. Giovanni Battista in S. Giovanni della Pigna; per questa chiesa il Baglione (1642, p. 298) ricorda affreschi (perduti) ai lati dell'altare maggiore; l'altare destro (perduto) "è tutto suo", mentre sul lato opposto era una tela con la Pietà che il Titi (1763, p. 155) dice sostituita con una S. Teresa di Antonio Gherardi. La tela col S. Giovanni Battista è dal Pietrangeli (Rione IX., 1977, p. 88) confermata al C., sebbene ritoccata dal Giovannelli (Titi, 1721, p. 154)., mentre Strinati (1979, p. 10) la riferisce allo stile del Cantarini.
Il 5 genn. 1615 il C. consegnò il suo testamento al notaio romano Michele Saraceno (Roma, Arch. stor. Capitolino, Testamenta vivorum, 1625-29, p. 21); Si recò poi a Loreto come perito del card. Gallo, per parte della Santa Casa, per stimare gli affreschi di Cristoforo Roncalli nella cupola e nella cappella del Battesimo della chiesa della Santa Casa (Gianuizzi, 1895, p. 37). Agli anni della maturità si possono anche riferire gli affreschi in S. Luigi dei Francesi, nella cappella di S. Nicola.
Il Baglione (1642, p. 298) gli assegna le figure dei Santi nei pilastri del sottarco e gli affreschi delle pareti laterali con la Nascita e la Morte di s. Nicola; queste ultime sono da alcuni riferite a Girolamo Massei (Roma antica e moderna, 1745, p. 163). Tutti gli affreschi vennero ampiamente restaurati da Giuseppe Manno intorno al 1829 (Michel, 1981); oggi si presentano in cattive condizioni, con alcune figure ridipinte.
Al servizio del card. Alessandro Damasceni Peretti, detto il cardinal Montalto come lo zio Sisto V, il C. affrescò la stanza della "libreria" nella villa Peretti all'Esquilino. Degli affreschi, perduti con la distruzione della villa nel sec. XIX, ci rimane una descrizione del Malvasia (1678, p. 377) che, inoltre, vi riconosce una forte influenza della maniera di Guido Reni. A tali lavori è forse da riferire un documento del 1613, firmato dal C., in cui l'artista ricorda la sua attività "in casa dell'Ill.mo Sig.re Card.le Mont'Alto" (Arch. di Stato di Roma, Tribunale del Governatore, Misc. Artisti, 2ª, n. 109; parzialmente trascritto dal Bertolotti, 1885, p. 154). Il Baglione (1642, p. 299) ricorda anche affreschi per il "Principe Peretti" nel palazzo a S. Lorenzo in Lucina. Il palazzo, oggi Fiano-Almagià, alla morte di Alessandro nel 1623 passò al fratello Michele Damasceni Peretti, che intraprese vari lavori di ampliamento e decorazione (Via del Corso, 1961, p. 168; Pietrangeli, Rione III..., 1977, p. 82). Nella descrizione del palazzo il Titi (1761 pp. 369 s.) ricorda come opera del C. gli affreschi con Scene mitologiche e Storie di Enea nella volta del grande salone al piano nobile: essi mostrano, però, un'approfondita conoscenza dell'opera dei Carracci e per il C., ormai giunto alla fine della carriera, è difficile pensare a un rinnovamento stilistico e tecnico di tale portata.
L'ultima fatica del C. dovette essere l'affresco con l'Incoronazione di Maria nella volta della cappella Colonna in S. Giovanni in Laterano, fatta costruire, con disegno di Girolamo Rainaldi, da Filippo Colonna intorno al 1625 (Titi, 1763, p. 214; Ortolani, 1925, p. 67).
Non sono state rintracciate le incisioni di Matthäus Krüger tratte da opere dei C. ([K. H. von Heineken], Dict. des artistes dont nous avorts des estampes, Leipzic 1778-90, IV, p. 439); un suo dipinto, con l'Adorazione dei Magi, venne venduto in Francia nel 1852 (H. Mireur, Dict. des ventes d'art faites en France et à l'étranger, II, Paris 1902, p. 321).
II 1° genn. 1628 venne eletto principe dell'Accademia di S. Luca, carica che mantenne sino all'agosto (Noehles, 1969, p. 88 n. 164 e doc. 160); il suo ritratto, ricordato dal Pio (1724, p. 213), fu eseguito da Filippo Minei nel sec. XVIII, probabilmente copia di un modello più antico non rintracciato (A. Clark, The portraits ol artists drawn for Nicola Pio, in Master Drawings, V [1967], 53 p. 18).
Il C. morì a Roma l'8 nov. 1628 alall'età di "annos circa septuaginta ... corpus sepultus est in convento St. Marie in Via" (Roma, Arch. stor. del Vicariato, S. Maria in Via, serie I, Mortuorum, a. 1628); il Baglione (1642, p. 299), invece, lo affermava morto a settantacinque anni.
Nel testamento, aperto il giorno successivo alla morte, lasciava unica erede della "mobilia" la moglie Faustina Palumba de Cappellettis (Archivio di Stato di Roma, Archivio dei 30 Notari Capitolini, Ufficio 3°, già Officio 27°, Notaio Michele Saraceno, Rubricella Testamentorum, 1607-1615, p. 764). Il C. ricevette ai suoi tempi un ampio consenso, come le numerose committenze dimostrano. Il Baglione (1642, p. 299) ricorda, infatti, come "visse molto honoratamente, e mantenne il suo decoro con gran riputatione". La sua vicenda artistica appare caratterizzata, come si riscontra anche in altri pittori contemporanei, da un notevole eclettismo. Educato sui modelli dei manieristi bolognesi, nel corso degli anni il suo stile venne influenzato dalle opere dei "pittori ufficiali" con i quali spesso fu in diretto contatto.
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