BADIA Polesine (A. T., 23-24-25)
Importante centro della provincia di Rovigo, a 11 m. sul mare, presso la destra dell'Adige, vicino al luogo dove confluisce in esso il Naviglio Adigetto: una lunga strada (contrada Sant'Alberto) parallela all'Adigetto, costituisce l'asse principale della piccola città. Già nel sec. X esisteva nelle vicinanze un gruppo di case (nel luogo detto il Pinzone), di proprietà dei marchesi di Mantova. Prese poi nome dalla Badia della Vangadizza. Una serie di torri (le Rocche Marchigiane) servivano per difesa e come sede per la riscossione delle imposte. Fra le rotte dell'Adige prende il nome di Badia quella dell'ottobre 1823. Badia è sulla linea ferroviaria Verona-Legnago-Rovigo (dista km. 30,4 da quest'ultima) ed è congiunta alla provincia di Padova da un ponte di ferro sull'Adige. I suoi terreni producono grano, mais, barbabietole, foraggi in quantità notevoli; l'industria vi è rappresentata da un calzaturificio, un mobilificio, uno zuccherificio e molini. Fu a lungo caratteristico di Badia il commercio delle mignatte. Gli abitanti del comune sono aumentati da 4300 nel 1861 a 6504 nel 1881, 6815 nel 1911, 7387 nel 1921. Dopo il censimento sono stati aggregati a Badia, che conta nel centro 2353 ab., i comuni di Salvaterra e di Villa d'Adige; essa ha ora 11.861 ab. con una superficie di 38,24 kmq., in prevalenza a seminativo con piante legnose. Badia è patria del Bronziero, storico del Polesine.
Storia. - Nel luogo chiamato Pinzone al principio del sec. X sorgeva una chiesa di S. Maria di Vangadizza, e poi, lì presso, il monastero di egual nome, ricordato in un diploma di Berengario II e Adalberto (961). Ma i benedettini celebrarono come fondatore dell'abbazia Ugo di Toscana (v.), generosissimo verso di essa di doni, che uniti a quelli di precedenti e successivi benefattori nonché ai cospicui privilegi di papi e imperatori, assicurarono all'abbazia vasti possessi nel Padovano, nel Vicentino, nel Veronese, nel Ferrarese e nel Bolognese. Il cenobio dipendeva prima dall'arcivescovo ravennate; ma nel'200 passò sotto la dipendenza del vescovo di Verona. Nel 1213, Innocenzo III vi sostituì ai benedettini i camaldolesi, che fin dal 1338 tennero scuola. Alla fine del '200, sorsero liti tra l'abbate e il comune di Padova per questioni di giurisdizione, risolte da papa Bonifacio VIII il 30 ottobre 1298. Dopo quest'epoca, la badia passò agli Estensi, dai quali fu venduta, col Polesine, ai Padovani. Passò poi insieme con Padova alla repubblica di Venezia. Con la conquista napoleonica, fu concessa al conte Annibale d'Espagnac. Fu soppressa con decreto del 25 aprile 1810.
Arte. - Della grande costruzione ora rimane parte della facciata rifatta nel 1340 e la cappella della Madonna costruita nel 1490, con un grande arco di marmo. Il campanile, notevolmente inclinato, è della fine del sec. XIII. Sono da ricordare anche il palazzo comunale del sec. XVII, il palazzo degli Estensi (Albergo San Marco; 1430), l'Oratorio della Madonna della Salute (1630) e la Confraternita del SS. Sacramento, con un bel bassorilievo della scuola di Pietro Lombardo rappresentante un Ecce Homo.
Bibl.: F. Giuriati, De caenobio vangadiciensi, Ferrara 1758; P. F. Kehr, Italia pontificia, V, pp. 193-5; A. E. Baruffaldi, B. P., in N. Arch. Ven., n. s., XXIX; A. Falce, Il marchese Ugo di Tuscia, Firenze 1921, passim; A. E. Baruffaldi, Saggio bibliografico della provincia di Rovigo, Legnano 1898; id., La fine dell'abbazia della Vangadizza, Padov 1906.