MARTELLI, Baccio
– Nacque a Firenze nel 1511 da Alessandro di Francesco e da Adriana Ridolfi. La famiglia apparteneva alla nobiltà fiorentina. Furono suoi fratelli Domenico, Vincenzo e Giovambattista.
Il bisnonno Bartolomeo, oltre ad aver fatto più volte parte dei Priori ed essere stato capitano di Pistoia, nel 1445 aveva avuto il comando di una formazione di galere mercantili fiorentine che si erano recate nel mar Baltico per scopi commerciali; successivamente, con proprie navi, aveva trafficato con il Levante.
Il padre aveva ricoperto vari uffici: nel 1515 commissario a Montepulciano, nel 1522 priore, dal giugno del 1527 podestà a Prato. Morì tra il 1527 e il 1530; fu sepolto, secondo le sue volontà, insieme con la moglie nella chiesa di S. Marco, invece che nella cappella di famiglia in S. Lorenzo.
Nel 1529 e nel 1530 il M. combatté in difesa della Repubblica di Firenze assediata dall’esercito imperiale. Dopo la capitolazione fu costretto alla fuga e fu bandito per cinque anni ad almeno 8 miglia dalla città. Le misure a suo carico furono ulteriormente inasprite nel 1533 quando il nuovo duca di Firenze, Alessandro de’ Medici, sospettando che fosse coinvolto in un tentativo per ripristinare la Repubblica, lo condannò all’esilio. L’anno seguente, lo stesso duca, informato che il M. era tra coloro che più si impegnavano presso Carlo V per mettere in cattiva luce la dinastia medicea, lo dichiarò ribelle.
Insieme con il fratello Vincenzo, anch’egli sostenitore della Repubblica, il M. cercò rifugio a Roma, dove si andava raccogliendo una delle principali colonie di fuoriusciti fiorentini. A Roma il M. entrò in contatto con Leone Strozzi, figlio del ricchissimo banchiere Filippo, uno dei più influenti rappresentanti del partito antimediceo. Su sollecitazione di Leone, il M. si recò in Francia ponendosi sotto la protezione di Francesco I che si era dimostrato attento alle aspirazioni repubblicane dei ribelli toscani. Il sovrano gli assegnò il comando di una galera nella squadra diretta da Leone Strozzi. Una delle prime occasioni nelle quali il M. ebbe modo di segnalarsi fu durante la spedizione condotta con la flotta del famoso ammiraglio musulmano Khair-ad-Dīn, noto come Barbarossa, contro i possedimenti spagnoli in Italia nel 1544. Dopo la presa di Talamone e Porto Ercole, il M. fu inviato, insieme con Gabriel d’Aramon, presso la corte pontificia per offrire queste due piazzeforti al papa Paolo III in cambio del suo sostegno a Francesco I. I due plenipotenziari ottennero tuttavia una risposta evasiva e così il M. riprese servizio a bordo della sua galera, incrociando nel Tirreno meridionale per insidiare i territori del Regno di Napoli. La formazione franco-ottomana si trasferì successivamente a Costantinopoli e nell’ottobre 1544 le navi francesi rientrarono a Tolone, dove i loro comandanti appresero della firma del trattato di pace fra Carlo V e Francesco I. Quattro anni più tardi, il nuovo re di Francia, Enrico II, avendo deciso di appoggiare la Scozia in guerra contro l’Inghilterra, mobilitò anche la squadra navale diretta da Strozzi, alla quale apparteneva il M., che fu nominato, il 16 apr. 1548, comandante di una formazione di quattro galere. Il M., trasferitosi a Nantes e alla Rochelle, fu impiegato per scortare i convogli mercantili che portavano rifornimenti agli Scozzesi e in altre operazioni lungo le coste britanniche, oltre che nel vittorioso blocco navale di Boulogne, all’epoca in mano agli Inglesi, nel 1549.
Nel 1551, di fronte alla ventilata ipotesi che Enrico II disarmasse la squadra delle galere, Strozzi lasciò la Francia, assumendo il comando di una squadra del S.M. Ordine di S. Giovanni di Gerusalemme di Malta, e il M. – appoggiato dalla regina Caterina de’ Medici tramite il residente mediceo L. Capponi – chiese il permesso di rientrare nei territori del Ducato di Firenze. Il re decise invece di tenere in servizio le galere e dunque il M. mantenne il suo incarico, passando agli ordini del barone Polin de La Garde, con il quale nell’estate del 1552 incrociò lungo le coste della Corsica per sostenere la sollevazione contro i Genovesi. Alla fine del 1553 la squadra delle galere francesi rientrò a Tolone, e nel gennaio del 1554 salpò nuovamente per operare nelle acque corse, incappando però in una violenta tempesta, durante la quale la galera comandata dal M. naufragò sugli scogli di Antibes. Il M. riuscì a salvarsi e, dopo che gli fu affidata una nuova galera, riprese a navigare, assicurando nella primavera del 1555 la protezione delle coste della Provenza dalle incursioni delle navi spagnole. In seguito, specialmente fra il dicembre 1557 e il febbraio 1558, garantì il rifornimento delle piazzeforti corse tenute dai ribelli, svolgendo inoltre una missione diplomatica presso il sultano di Costantinopoli.
In quel periodo sposò la provenzale Marguerite Villeneuve dei baroni di Tornet, la quale gli dette due figli: Francesco Giordano e Vincenzo che sposò nel 1594 Lucrezia Serguidi, figlia di uno dei più importanti segretari medicei, e assunse nel 1608 l’incarico di capitano di Volterra.
Nonostante un vitalizio di 800 scudi annui, a causa di attriti con i suoi superiori, il M. lasciò la Francia nel 1560, portando con sé la famiglia e due galere di sua proprietà, la «Margherita» e la «Regina». Si mise allora a disposizione di Cosimo I de’ Medici, dichiarando addirittura di essere pronto a combattere contro la Marina francese. Cosimo, avendo necessità di rafforzare la propria flotta con navi e uomini di provata esperienza, dimenticò l’attività antimedicea svolta in precedenza dal M., lo prese al suo servizio e nel luglio del 1561 lo nominò luogotenente della squadra delle galere, diretta dal suo giovane figlio Garzia.
Nei mesi successivi il M. effettuò alcune crociere specialmente nel Tirreno settentrionale e nel mar Ligure per dare la caccia ai corsari musulmani. Nella primavera del 1562 ebbe l’incarico di scortare in Spagna il principe Francesco de’ Medici, che il padre Cosimo desiderava fosse educato presso la corte asburgica. Nel corso di questa delicata missione, durata dal 22 maggio al 4 giugno, il M. ebbe modo di mettersi in luce, riuscendo a evitare le numerose navi musulmane.
Rientrato a Livorno, il M., insieme con il commissario delle galere Piero Machiavelli, fu impegnato nella preparazione di una lunga crociera nel Mediterraneo orientale. La squadra, composta da quattro unità, salpò il 10 luglio 1562. Il 27 agosto a nord di Cipro fu catturata una nave di Alessandria d’Egitto. La notizia suscitò gran clamore perché a bordo furono rinvenuti molte bandiere abissine, una gran croce d’oro trafugata in una chiesa etiopica e numerosi nasi tagliati. Il M., dopo questo primo successo, si unì a una squadra di sette galere gerosolimitane e continuò a incrociare in Levante. Nel periodo in cui le due formazioni operarono insieme, egli rese continui onori allo stendardo dell’Ordine di S. Giovanni e questo suo atteggiamento sarebbe stato in seguito invocato dai cavalieri gerosolimitani per ottenere la precedenza sulle navi dipendenti dai Medici, anche dopo che la dinastia fu elevata al rango granducale (1569).
Ottenute alcune informazioni da pescatori greci, il M. si accordò con il comandante gerosolimitano per tentare un agguato alle galere ottomane della guardia di Rodi, ma senza successo: l’unica nave catturata durante la crociera con le navi maltesi fu un mercantile islamico. Separatosi dalle unità di S. Giovanni, il M. rientrò a Livorno il 6 dicembre. In quel mese Cosimo fu colpito da alcuni lutti, fra i quali la morte del figlio Garzia. Questo fatto, insieme con la mancata richiesta di assoldare la propria flotta da parte della corte spagnola, indusse Cosimo a ridurre considerevolmente, nel 1563, il numero delle navi. Il M., appresa la notizia, in maggio chiese l’autorizzazione di porre le sue due galere a disposizione della Francia o della Spagna, ma di lì a poco, ammalatosi, fu costretto ad astenersi dalla navigazione.
Il M. morì nel 1564 probabilmente a Firenze, dove fu sepolto in S. Lorenzo.
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