BALDINI, Baccio (Bartolomeo)
Fiorentino, nato forse nel 1436. Arthur M. Hind affermò, in una conferenza tenuta il 29 genn. 1930 all'Accademia Britannica di Londra, di aver letto il nome di questo incisore in una stampa, poi andata perduta, della Biblioteca di Žatec in Cecoslovacchia, rappresentante, come nel niello elencato al n. 72 dal Dutuit (prova Durazzo-Drugulin-Ederheimer), la Vita della Vergine,con al centro la stessa Incoronazione della famosa "pace" di Maso Finiguerra al Bargello; ma la sola notizia concreta sul B. è quella trasmessaci da Giorgio Vasari, il quale, nella Vita di Marcantonio Bolognese,lodice allievo di Maso Finiguerra e suo continuatore: "Fu seguitato costui da Baccio Baldini, orefice fiorentino...".
Si considerano oggi unanimemente del B. gl'intagli delle illustrazioni dei due più antichi libri a stampa figurati che abbiano visto la luce in Europa dopo la Cosmografia di Tolomeo, e cioè il Monte Sancto di Dio del gesuato Antonio Bettini da Siena, vescovo di Foligno, e la Comedia di Dante Alighieri con il commento di Cristoforo Landino, dati in luce a Firenze da "Nicholo di Lorenzo della Magna" (Nicolaus Lorenz di Breslavia) rispettivamente il 10 sett. 1477 e il 30 ag. 1481. I disegni delle figure di questi due libri sono assegnati a Sandro Botticelli, del quale si sa, come avverte prima del Vasari l'Anonimo Fiorentino (Ilcodice Magliabechiano, cl. XVII, 17,... a cura di C. Frey, Berlin 1892, p. 105), che "dipinse et storio un Dante incartapecora a Lorenzo di Piero Francesco de' Medici", il Vecchio. A parte il "dipinse", che non ci risulta, ma che può essere anche vero, riferito a qualche opera non arrivata a noi, questa serie di disegni del Botticelli, afferma l'Anonimo, "fu cosa maravigliosa tenuta". Il Vasari poi precisa che il B. "non avendo molto disegno, tutto quello che fece fu con invenzione e disegno di Sandro Botticello", il quale, dice altrove, "per essere persona sofistica, comentò [graficamente, s'intende, e non letterariamente, come taluni interpretano] una parte di Dante, e figurò lo Inferno, e lo mise in stampa...". (Vasari, Le vite..., III, Firenze 1878, p. 317).
I disegni del Monte Sancto di Dio sono tre: il Monte per cui si ascende a Dio, il Redentore nella gloria del Paradiso e il "cieco abisso" dell'Inferno, con l'immagine di Lucifero trifronte, di schietta ispirazione dantesca. Le illustrazioni della Comedia sono diciannove, tutte descritte, oltre ad una copia, una per una dal Bartsch (pp. 175-187), e riprodotte dal Reid e dal Lippmann; ma negli esemplari su carta comune dell'edizione originale non se ne trovano per solito più di due o tre, quelle cioè dei primi due o tre canti dell'Inferno: Dante raggiunto da Virgilio nella "selva selvaggia"; Virgilio che indica a Dante la "retta via" e gli mostra in alto la figura di Beatrice; la Barca di Caronte e la porta dell'Inferno,che già si era vista nel canto II, con le parole "PER ME"; ciò che sta a dimostrare come la concezione della intera serie dei disegni, purtroppo non affidati tutti al rame e comunque non stampati, volesse avere nelle intenzioni degli illustratori una continuità ininterrotta. Ma, a ben guardarli, questi intagli sono alquanto diversi dai 93disegni danteschi di Sandro Botticelli a noi giunti, di cui 85 acquisiti a suo tempo al Gabinetto delle Stampe di Berlino (gruppo Lippmann) e 8 conservati a Roma nella Biblioteca Vaticana (gruppo Strzygowsky), per cui qualcuno avanzò l'idea che l'incisore avesse usato gli originali botticelliani con una certa libertà, apportandovi modificazioni ed aggiunte. Ma ciò contrasta con la tradizione, secondo cui il B. non aveva "molto disegno", ed è da supporre piuttosto che il Botticelli abbia eseguito, su richiesta dell'editore, altri disegni ad hoc per l'edizione del poema dantesco, e che questi disegni, presumibilmente più piccoli e legati fra loro, sieno stati intagliati dal B., il quale aveva dato già prova della sua abilità con gl'intagli del Monte Sancto di Dio. Qualcuno arrivò perfino a dubitare che i disegni fossero stati forniti dal Botticelli; ma basta guardare la figura di Beatrice "beata e bella", per convincersi del contrario.
L'impresa comunque non ebbe esito felice, dati i mezzi modesti di cui l'arte della stampa disponeva a quel tempo; e come gli esemplari in cartapecora di quella edizione della Comedia,compreso l'esemplare offerto dal Landino alla Signoria di Firenze (Firenze, Bibl. Naz., Banco Rari),recano solo gli spazi riservati ai rami e non le stampe, così gli altri esemplari recano per solito le sole due o tre stampe cui abbiamo accennato.
L'illustrazione della Comedia èil lavoro che, a causa del nome del poeta e della celebrità del suo poema, diede nel tempo maggior fama al B., il quale venne considerato come il legittimo pupillo e seguace di Maso Finiguerra, da cui si favoleggiò che avesse avuto origine l'arte della stampa incisa. È ormai pacifico, invece, che né Maso Finiguerra inventò l'incisione in rame, né il B. fu, dopo di lui, il più antico incisore in rame italiano. Quando il B. esercitava l'arte dell'incisione in rame per la stampa, questa dunque non era più, come si è soliti dire, bambina.
Se è vero che il B. nacque nel 1436, al momento di incidere il Monte Sancto di Dio, la Comedia, l'Inferno del Camposanto di Pisa ed alcuni altri rami a lui comunemente attribuiti, aveva circa quarant'anni, mentre quando incideva il rame di Dante Alleghieri poeta fiorentino,con il poema aperto in mano, lo schema dei tre regni e la veduta abbreviata di Firenze nello sfondo, desunto da una pittura di Domenico di Michelino del 1465 nel duomo di Firenze, doveva averne forse anche di meno: e questo spiega la padronanza che egli aveva già a quel tempo del mestiere, anche se esercitato, come dice il Milizia, "con bulino inflessibile" (cioè senza modellazione in curva), ed il credito di cui godeva.
Circa le altre stampe attribuite al B. c'è ancora una certa confusione: era uso in passato convogliare intorno al suo nome tutte le stampe fiorentine incise nel Quattrocento fino alla Comedia del 1481 e per alcuni anni dopo, senza preoccuparsi di fissarne le caratteristiche spesso differenti; poi il Kolloff (in Meyer, Künstler Lexikon)distinse in quella massa due gruppi d'incisioni, ch'egli chiamò della "maniera fine" (feineManier)e della "maniera larga" (breiteManier),secondo che fossero eseguite a tratti sottilissimi, strettamente accostati ed incrociati fra loro, come a simulare la mezzatinta unita, oppure a tratti distanziati ed indirizzati per solito in un sol verso; donde l'uso invalso di attribuire al B. e alla sua scuola tutte le stampe della maniera fine, indipendentemente dal loro rapporto cronologico con le stampe dell'altra maniera e dai motivi per cui alcune stampe o serie di stampe - come, per fare un solo esempio, I Pianeti e Le Sibille - erano state incise prima in un modo e poi nell'altro. La inconsistenza estetica della distinzione del Kolloff, confermata da considerazioni d'ordine tecnico, fu da noi sostenuta fin dal 1930 e convalidata nel 1936 da André Blum, il quale affermò che quelle definizioni erano fittizie, e continuare ad adottarle era soltanto un modo comodo di servirsi di uno strumento di lavoro bell'e pronto. C'è peraltro l'affermazione vasariana della collaborazione costante, da un certo punto in poi, di Sandro Botticelli con il B., che non si potrebbe concepire senza vedere la mano di Baccio anche in qualche stampa botticelliana della seconda maniera. Questa, insomma, detta impropriamente maniera larga, fu un'invenzione, se così si può chiamare, dei pittori, fornitori di disegni, e non degl'incisori: essa, è già nei disegni di Andrea Maritegna, di Antonio del Pollaiuolo, del Botticelli, di Cosimo Rosselli, ecc., e se a un dato momento, a prescindere dai rami incisi dagli stessi pittori, com'è il caso del Mantegna e del Pollaiuolo, si ritrova nell'opera degl'incisori di professione, è perché i pittori, ad evitare infedeltà ed imperfezioni, vollero legare più strettamente gl'incisori ai loro propri modi d'espressione. D'altra parte, proprio il Botticelli non dovette esser sempre soddisfatto della interpretazione baldiniana dei suoi disegni così da intervenire di persona, come nel secolo seguente il Dürer sarebbe intervenuto presso i suoi xilografi. È il momento critico dell'incisione fiorentina, in cui dalla cosidetta "maniera fine" si passa alla "maniera larga", e alla cui risoluzione il Botticelli, specie dopo l'insuccesso della Comedia illustrata, dovette contribuire più d'ogni altro artista del suo tempo, chiedendo agli intagliatori che le sue invenzioni fossero incise nel sentimento stesso del disegno a penna, con figure modellate per linee interne e a tratteggio parallelo, ed impugnando forse egli medesimo talvolta il bulino, come potrebbe far pensare quella sua meravigliosa Assunzione della Vergine con lo sfondo di Roma, incisa su di una grandissima lastra di rame, dietro cui è ormai difficile veder ancora, sola e senza sostegno, la figura esperta ma senza iniziativa del Baldini.
Secondo una notizia riguardante un "Baccio orafo", non altrimenti identificabile, il B. sarebbe morto nel 1487.
Certo la sua esistenza storica e la sua attività di orafo e d'incisore sono fuor di dubbio; tuttavia egli è, in un certo senso, un simbolo; e come sul nome di Maso Finiguerra la tradizione, alimentata da una diffusissima leggenda, si fermò per indicare la folla degli altri incisori fiorentini, anche più antichi, di cui si sono perdute le generalità, così nel nome del B., suo allievo e continuatore, si può vedere la schiera degl'incisori che si seguirono poco dopo, con caratteristiche su per giù uguali, fino all'edizione della Comedia ed anche oltre. In questo senso, tolte le stampe d'ispirazione dantesca, considerate nel quadro della consuetudine del B. con il dantofilo Botticelli, vanno intese le attribuzioni consacrate prima dal Kolloff nel dizionario del Meyer e poi dal Kristeller nel Künstler-Lexikon di U. Thieme-F. Becker, e quelle di A. M. Hind e di altri scrittori del sec. XX.
Bibl.: Oltre a G. Vasari, Le vite..., a cura di G. Milanesi, V, Firenze 1880, p. 396, a tutte le storie generali dell'incisione e ai dizionari e cataloghi più importanti, ed alle monografie più complete su Botticelli, vedi in particolare: F. Milizia, Dizionario delle Belle Arti del Disegno..., II, Bologna 1827, p. 113; G. Longhi, La calcografia..., Milano 1830, p. 64; G. Ferrario, Le classiche stampe,Milano 1836, pp. 23, 25; A. Zanetti, Le premier siècle de la calcographie...,Venise 1837, pp. 111-118; Ch. Le Blanc, Manuel de l'amateur d'estampes..., I, Paris 1854, pp. 126-128; E. Bartsch, Le peintre graveur,XIII, Leipzig 1866, pp. 161-200; E. Kolloff, in J.Meyer, Künstler Lexikon, II, Leipzig 1878, p. 574; H.Delaborde, La gravure en Italie avant Marc-Antoine,Paris-Londres s. d. [ma 1835], pp. 27-57 e passim;G. W. Reid, Works of the Ital. engravers of the XVth cent.,London 1884, passim;R. Fischer, Introduction to a catalogue of the early Ital. prints in the British Museum,London 1886, pp. 123-147; Y. Strzygowsky, Die acht Handzeichnungen d. Botticelli zu Dante's Göttlicher Komoedie in Vatikan,Berlin 1887; E. Dutuit, Manuel de l'amateur d'estampes,I 2, Paris-Londres 1888, p. 129; P. Kristeller, Italienische Niellodrucke und der Kupferstich,in Jahrbuch der preuss. Kunstsammlungen, XV(1894), pp. 94 ss.; F. Lippmann, Zeichnungen von S. Botticelli zu Dante's Goettlicher Komoedie...,Berlin 1896, p. 20; Id., Engravings and woodcuts by old masters..., VIII, London 1897, p. 1, ill. 12; X, ibid. 1900, p. 1, ill. 14; L. Volkmann, Iconografia dantesca..., Firenze 1898, pp. 49-51; M. Sondheim, Die Kupferstiche im Florentiner Dante von 1481,in Frank. Bücherfreund, III (1902), pp. 1-4; P. Kristeller, in U. Thieme-F. Becker, Künstler-Lexikon, II, Leipzig 1908, pp. 394 s.; A. M. Hind e S. Colvin, Catal. of early Ital. engravings in the British Mus.,London 1910, pp. XIV-XXIX, 81-99; A. Venturi Botticelli interprete di Dante,Firenze 1921, pp. 10 s.; I. Supino, Sandro Botticelli. I disegni della Divina Commedia, Bologna 1922; A. Petrucci, Le origini dell'incisione in rame. Il valore di una favola,in Nuova Antologia, CCCXLV (1929), pp. 93 s.; A. M. Hind, Early Ital. engraving,in Proceedings of the British Museum, XVI (1930), pp. 45-60; M. Pittaluga, L'incisione ital. nel Cinquecento,Milano 1930, pp. 74, 125 n. 14 e passim;A. Petrucci, L'incisione in rame in Italia. Il dramma dei primitivi,in Nuova Antologia,CCCXLIX (1930), pp. 525 ss.; C. H. Rother, Nicolaus Laurenti und seine Dantesausgabe vom Jahre 1481,in Zeitschrift f. Bücherfreunde, XXII (1931), pp. 78-80; P. Schubring, Illustrationen zu Dantes Göttlicher Komödie...,Zürich 1931, passim;A. Blum, La gravure en métal dans l'Italie du Quattrocento,in Maso Finiguerra, I (1936), pp. 9-13; A. M. Hind, Early Ital. engraving,London 1938, I, 1, v. Indice;2, tavv. 159-171; A. Petrucci, La Divina Commedia nelle incisioni del Quattrocento,in Accademie e biblioteche, XV (1940), pp. 9-13; Id., L'incisione ital. Il Quattrocento,Roma 1952, pp. 1-32, 55 s., 58-60, note 42, 43; J. G. Phillips, Early Florentine designers and engravers,New York and London 1955, pp. 56 s. e passim; L'opera del genio ital. all'estero: A Petrucci, Gli incisori...,Roma 1958, pp. 14, 22; L. Donati, Il Botticelli e le prime illustrazioni della Divina Commedia,in La Bibliafilia, III (1960), pp. 205-289; Encicl. Ital., V, p. 943.