BACCHETTA (fr. baguette o bâton de mesure; sp. baqueta; ted. Taktstock; ingl. rule)
La piccola stecca che usano quasi tutti i direttori d'orchestra per precisare le relazioni metriche della musica in modo visibile agli esecutori, così da ottenerne la perfetta sincronia d'esecuzione. L'avvento della musica mensurale e della polifonia portò seco la necessità di una direzione effettiva dei cantori. A rinforzare il movimento della mano di chi dirigeva, già nell'alto Medioevo si batteva il tempo col piede, o con una striscia di cuoio detta la ciabatta, o con l'urto di tabulae osseae (cfr. Padre J. Jeannin, L'accompagnement instrumental à l'Èglise au Moyen âge, 1927, p. 453), specie di nacchere d'avorio, sostituite talora da un foglio di musica arrotolato, che veniva agitato in alto e in basso, e veniva più volte battuto fortemente sul leggio o sul libro corale, all'inizio o alla fine dell'esecuzione. All'epoca del dominio del basso numerato, si ricorreva per ottenere una precisa isocronia persino a grosse chiavi di ferro, a pezzi di legno, al pugno della mano percosso sul parapetto della cantoria, a bacchette, a rotoli di carta, mentre gli strumentisti, avendo le mani occupate a sonare, battevano il tempo coi piedi. Contro la molestia di tanto rumore insorsero frequenti ed autorevoli proteste (cfr. fra l'altro Mattheson, Der vollkommene Kapellmeister, 1739). Col sorgere della musica operistica, la battuta fu segnata dal maestro al cembalo e in seguito dal primo violino d'orchestra o violino di spalla, il quale, oltre a compiere il suo ufficio di strumentista, nei punti più importanti dell'esecuzione batteva con l'arco sulla cuffia del suggeritore. All'Opéra di Parigi venne in uso un grande bastone, col quale il direttore scandiva il tempo più o meno fortemente sul suolo. Questo arnese non pare fosse privo di pericoli, se G. B. Lulli, montato d'un tratto sulle furie, dirigendo una funzione di ringraziamento per la guarigione di Luigi XIV, si ferì al piede così da morirne per infezione, pochi giorni dopo. Uno dei primi documenti intorno all'uso della bacchetta è costituito da una lettera del langravio Filippo d'Assia, scritta nel 1564 al principe Augusto di Sassonia, intorno a un grande concerto in Roma, al quale egli aveva assistito, meravigliandosi "come così numerose voci e musici fossero guidati da un'unica persona con una stecca dorata nella mano, senza che ne derivasse assolutamente alcuna dissonanza" (Peters Jahrbuch, 1898). Verso il 1800 s'introdusse in teatro l'uso di una piccola bacchetta, affinché il direttore se ne servisse in silenzio e con discrezione di movimenti. C. M. Weber ebbe occasione d'adoperarla per la prima volta durante il suo soggiorno a Londra, mentre F. Mendelssohn l'adottò nel 1834 per i concerti orchestrali del Gewandhaus di Lipsia. Wagner nei suoi Ricordi fa menzione di una curiosa bacchetta di cui si serviva Spontini: grande, tutta d'ebano terminante con palle d'avorio. Oggi l'uso della bacchetta si è generalizzato come indispensabile per esecuzioni d'assieme di ogni genere: se ne fa però quasi sempre a meno nei complessi corali. (v. orchestra: Direzione).
Bibl.: R. Musiol, Zur Gesch. d. Takstockes, in Allg. dentsch. Musikzeit., 1878, p. 189; A. Chybinski, Zur Gesch. des Taktschlagens, in Samm. d. int. Musik-Gsell., 1908-09, p. 385; H. Löbmann, Zur Gesch. des Taktierens und des Dirigierens, Düsseldorf 1913.