BABRIO (Βάβριος, Babrius)
Fu probabilmente un Romano ellenizzato vissuto in Oriente, nel sec. III d. C., come risulta dall'esame del nome, dalle notizie sulla sua fortuna, e dall'influenza della cultura, lingua e metrica latina sulle sue favole.
Le favole conosciute sotto il nome di Babrio sono 123, conservate in un codice del monte Athos, distinte in due libri e disposte alfabeticamente dalla lettera a alla lettera o. Manca dunque almeno un terzo della raccolta di quel codice. In più si hanno altre 12 favole contenute nel codice Vaticano greco 777, 4 provenienti da tavolette cerate di Palmira, e 2 ricavate da fonti bizantine. False sono le 95 favole che Minoide Mynas, lo scopritore del codice del monte Athos, presentò in un secondo tempo come babriane. Falsi si credevano pure gli epimitî prosastici, ma dopo che si son trovati anche sulle tavolette di Palmira, si tende piuttosto a considerarli autentici. Babrio deve aver attinto a una qualche raccolta di favole esopiche e deve anche aver conosciuto, se non direttamente, almeno indirettamente, molte delle favole sparse già negli antichi poeti; a queste sue fonti altre poi se ne devono aggiungere, recate a sua conoscenza da un materiale che proveniva dall'Oriente. Il valore delle favole di B. è assai vario, spesso vi si trova molta efficacia e vera forza drammatica di rappresentazione. Esse sono scritte in coliambi, i quali portano d'abitudine l'accento sulla penultima. La versificazione è assai curata. Non molto frequenti sono le soluzioni, e hanno sempre una loro particolare ragione; la cesura non manca mai: l'anapesto fuori della prima sede non si trova se non in nomi proprî. Babrio ebbe assai presto imitatori, alcuni dei quali, di poco posteriori a lui, ebbero il cattivo gusto di sostituire al coliambo il troppo solenne esametro. Le favole di Babrio penetrarono fin dallo stesso sec. III nelle scuole e vi rimasero come testo preferito attraverso il Medioevo bizantino.
Edizioni: Fondamentale: Babrii fabulae Aesopeae a cura di O. Crusius, Lipsia 1897; utile pure quella di W. G. Rutherford (Londra 1883) Cfr. O. Crusius, in Pauly-Wissowa, Real-Encycl. d. class. Altertumswiss., II, coll. 2655 segg.; W. v. Christ, Geschichte der griechischen Literatur. 6ª ed., 1920-24, II, 11, p. 682 segg. L'edizione principale del codice del monte Athos fu pubblicata da J. F. Boissonade, Parigi 1844.