BAAL (ebraico ba‛al)
Appellativo comune della divinità maschile presso i Semiti, e spesso anche nome proprio di essa.
Il nome comune ba‛al si trova usato in semitico in varie accezioni dell'idea fondamentale di "possessore"; così troviamo, per es. nell'ebraico biblico, il baal d'una casa, d'una cisterna, d'un campo, d'un bove; inoltre, il baal d'una donna, cioè il manto di essa; al plurale i baalim d'una data città, cioè i principali suoi cittadini. È anche usato in altre frasi esprimenti il possedimento di personali quatità, fisiche o morali.
Concetto di B. - Applicato alla divinità, il nome di B. si trova spessissimo unito a nomi di città e altri luoghi, nei quali casi indica "il dio possessore e protettore del luogo" e, attraverso questo, dei suoi abitanti: così, B. della città di Tiro, B. della montagna del Hermon. Questa determinazione geografica è la normale; tuttavia accanto ad essa ne troviamo di altro genere, come B. del Patto (Giudici, VIII, 33; IX, 4; mentre in IX, 46 troviamo El "Dio" del Patto), B. delle mosche (v. beelzebub), ovvero troviamo qualche apposizione: B. Adon "signore" (Corpus Inscr. Semit., I, p. 155). Come nome divino Baal entra anche nella formazione di nomi semitici di persone: notissimi quelli cartaginesi di Hanni-bal "grazia di B." (cfr. Genesi, XXXVI, 38), Hasdrubaal "soccorso di B."; fra gli ebraici poi troviamo quelli di Baaljah "Iahvè è B." (I Cronache, XII, 5), Es-baal (I Cron., VIII, 33), ecc., quantunque in tempi posteriori vi fosse una spiccata tendenza a fare scomparire, per ragioni religiose, l'idolatrico nome di B. anche da questi nomi proprî (così l'ultimo nome citato appare in II [Re] Samuele, II, 8 segg. sotto la forma di Iš-bošeth, essendo stato sostituito all'odiato baal il sostantivo bošeth "vergogna, obbrobrio"). Ciò mostra che anche presso gli antichi Ebrei il nome di B., come del resto quello di 'ădhon "signore", era appellativo applicato sia agli uomini sia a Dio (Iahvè); ciò è confermato da quanto si narra in II [Re] Samuele, V, 20.
Cercando fra queste concezioni particolari una più ampia da cui possibilmente dipendano le altre, si è creduto ritrovarla in quella di B. Ḥammōn. Questo dio era venerato soprattutto nell'Africa settentrionale, e probabilmente era la divinità particolare dei Cartaginesi (i documenti più numerosi relativi al suo culto ci sono giunti da quelle regioni), i quali alla loro volta lo diffusero in altri paesi mediterranei. Poiché l'epiteto Ḥammōn significa secondo la sua etimologia "ardente", e in una stele fenicia (v. fig.) questo dio è rappresentato con una corona raggiante attorno al capo, e per altre secondarie ragioni, è stato da molti identificato col dio Sole. Questo dio sarebbe stato chiamato anche B. šamaim "B. dei cieli", il qual nome si ritrova sotto la forma di Βεελσάμην in Filone di Byblos (in Fragmenta Hist. Graec., III, 565 segg.), di Balsamem (-en) in Plauto (Poenulus, V, 2, 67), ed era noto anche all'africano S. Agostino, che dice: Punici... Baalsamen Dominum coeli intelliguntur dicere (Quaestiones in Heptath., VII, 16, in Migne, Patrol. Lat., XXXIV, col.797). Un'interpretazione diversa è seguita da altri storici delle religioni semitiche, secondo cui i varî B. erano divinità individuali ed essenzialmente locali, e ad essi si attribuiva soprattutto l'irrigazione - non la pioggia - del rispettivo luogo. E in realtà troviamo che a B. era attribuita la fertilità del terreno (Osea, II, 5-8), e che in Arabia i campi, per una distinzione catastale in relazione con le tasse, erano ripartiti in campi annaffiati dal cielo e in campi "irrigati dal B.": questa frase, divenuta usuale col tempo, mostrerebbe qual'era la precisa natura del dio. Bisogna tuttavia riconoscere che la frase araba non è kisata in maniera uniforme né chiara; anche la Mishna, che ha egualmente la frase "campo di B.", sembra applicarla ai campi bagnati dalla pioggia (Bābā Bāthra, 31). Poiché, d'altra parte, il riferimento di B. alla fertilità del suolo è indubitabile, e confermato anche da stele votive cartaginesi in cui il B. appare circondato da pampini, fiori e frutti, altri ha pensato che il B. dei cieli sia nello stesso tempo il dio della procella e della pioggia, il quale perciò alimenta di acque anche le varie sorgenti locali; secondo questa interpretazione il nome della divinità fu in tal caso sostituito più tardi dal nome del dio principale della Siria, cioè Hadad, chiamato anche Hadad Rammanu "il tonante" (cfr. II [IV] Re, V, 10); inoltre, a questo B. dei cieli ch'era il dio tonante della procella, starebbe più ad oriente in contrapposto il dio babilonese Belu, dio dell'aria, il cui nome in realtà si riconnette quasi certamente alla radice di Baal. In tale interpretazione si comprenderebbe facilmente perché la Bibbia parli spesso sia dei varî B., sia del B. per eccellenza, mettendoli in relazione specialmente con i Cananei: nel primo caso si riferisce ai B. locali, di questa o quella città; nel secondo - piuttosto che riferirsi al B. della capitale di Tiro, come si era gratuitamente spiegato - ha in mira il Balsamen o B. dei cieli, che sarebbe la più antica concezione del B., rispecchiata più tardi nei varî B. locali.
Culto di B. presso gl'Israeliti. - Allorché gl'Israeliti penetrarono nel paese dei Cananei, vi era diffusissimo il culto di B.; e poiché essi dovettero apprendere l'agricoltura dai Cananei, furono naturalmente esposti ad accettare l'idea che costoro avevano dei B., come possessori del suolo e dispensatori di fertilità. L'accettazione era anzi tanto più spontanea, in quanto anche gl'Israeliti - come si è visto - chiamavano il loro Dio Iahvè con l'appellativo di B.; l'appellativo quindi poteva essere personalizzato, e l'idolatrico B. scambiato o fuso per sincretismo con Iahvè. Così in realtà accadde. Una prima caduta degl'Israeliti nel culto di B. avvenne a Beelfegor (Baal-Pe‛or; v: beelfegor), anche prima del loro ingresso in Canaan, mentre erano di passaggio fra i Madianiti e i Moabiti (v. balaam); altre cadute avvennero con l'insediamento in Canaan (Giudici, II, 11, 13; III, 7), e da allora con una specie di periodicità metodica la Bibbia ricorda infiltrazioni più o meno ampie del culto di B. fra gl'Israeliti, sia nel periodo premonarchico, sia dopo la divisione nei due regni, settentrionale e meridionale, fino alla rispettiva distruzione.
Nel regno settentrionale il culto di B. trovò uno zelante propagatore nel re Achab, che aveva sposato Iezabel figlia di Eth-baal re dei Sidonî (I [III] Re, XVI, 31); egli innalzò in Samaria un tempio e un altare al B. della patria di sua moglie, certamente un B. fenicio, probabilmente il B. Melqart ("re della città") di Tiro. Col favore regale il culto di questo B. divenne tosto fiorentissimo, tanto che ebbe non meno di 450 profeti (I [III] Re, XVIII, 22, cfr. anche 19); inoltre, quantunque l'intenzione del re non fosse certamente di sopprimere il culto di Iahvè, bensì di lasciarlo libero a fianco a quello di B., sembra che in realtà questo seducesse la enorme maggioranza del popolo, giacché in tutto il regno non si ritrovarono che 7000 persone rimaste fedeli a Iahvè (I [III] Re, XIX, 18). Fu opera del profeta Elia propugnare l'incompatibilità dei due culti, e far riconoscere al popolo che non B. bensi "Iahvè è Iddio" (ib., XVIII, 39). Nonostante la vittoria di Elia, il culto di B. continuò sotto il re Ochozia figlio di Achab (ib., XXII, 54); ricevette più tardi un fiero colpo da Iehu (II [IV] Re, X, 18 segg.), ma soppresso definitivamente non fu mai in quel regno (II, [VI], Re, XVII, 16; Osea, XIII,1-2?).
Anche nel regno meridionale prosperò il culto di B., introdottovi forse dal re Ioram che aveva in moglie Athalia figlia del re Achab d'Israele (II [IV] Re, VIII, 18). Anche qui troviamo un tempio di B. con culto regolarmente organizzato (ib., XI, 18). Furono tra i fautori di B. i re Achaz e Manasse, tra gli avversari invece i re Ezechia e Giosia. Quest'ultimo, nonostante la sua radicale riforma iahvistico-deuteronomica, non riuscì ad estirpare del tutto il culto di B. (Geremia, II, 8, 23; VII, 9; XI 13,17 XIX, 5; XXXII, 29); anzi, che ad esso rimanessero tenacemente fedeli quei fuggiaschi Giudei che ripararono dopo la distruzione di Gerusalemme in Egitto, si può argomentare da Geremia, XLIV, 15 segg.
Riti del culto di B. - Ciò che la Bibbia narra circa l'episodio sopra accennato di Beelfegor autorizza a concludere che il culto di B., almeno in quel caso o in quel luogo, fosse collegato con pratiche oscene (Numeri, XXV): ciò del resto consta per altri culti cananei. S'è anche visto che, pure fra gl'Israeliti, B. ebbe templi e sacerdoti. Tuttavia i luoghi preferiti per tale culto erano le bāmōth, cioè le colline e i luoghi elevati, all'aria aperta, o anche le terrazze sulle case. Quivi si erigeva l'altare: attorno si drizzavano sacre stele solari.(hammānīm: per l'etimologia v. sopra, a B. Hammon) e piuoli sacri ('ăšerīm). Si bruciavano profumi all'idolo, si baciava la sua immagine, si facevano genuflessioni davanti ad essa. Venivano immolate vittime di animali; un passo biblico ricorda anche vittime umane nella persona di fanciulli bruciati in olocausto (Geremia, XIX, 5; ma confrontare XXXII, 35 e VII, 31-32): Altre costumanze rituali frenetiche e crudeli sono accennate in I [II] Re, XVIII, 26-28.
Bibl.: W. R. Smith, Lectures on the religion of the Semites, 2ª ed., Londra 1894; J. de Lagrange, Études sur les religions sémitiques, 2ª ed., Parigi 1905; H. Gressmann, Hadad und Baal nach den Amarna-Briefen und nach ägypt. Texten, in Baudissin Festschrift, Giessen 1918. - Si può anche vedere, per un inquadramento generale, The Cambridge Ancient History, I, 2ª ed., 1924, p. 207 segg.; II, 2ª ed., 1926, p. 345 segg.; III, 1925, p. 361 segg.