MALASPINA, Azzone
Figlio di Obizzino di Federico, marchese di Villafranca dello Spino Secco, e di Tobia di Lanfranco Spinola di Genova, nacque intorno al 1280. Nel 1301, anno della prima menzione documentaria, è citato come pupillo insieme con i fratelli Federico e Giovanni, sotto la tutela della madre; doveva essere ancora minore nel 1304.
Scarse sono le notizie precedenti la fine degli anni Venti del Trecento; si tratta per lo più di citazioni riguardanti l'amministrazione dei feudi lunigianesi detenuti in comproprietà con i fratelli. Da segnalare il lodo proferito dal M. e dal fratello Federico tra gli uomini di Castevoli, sottoposti alla loro giurisdizione, e la nobile famiglia locale dei Filippi: quando nel 1317 costoro pretesero il rinnovo della concessione feudale di cui godevano su quella terra, i rappresentanti della Comunità, evidentemente insofferenti della loro signoria, rimisero la questione ai due signori, che, a quanto sembra, ne accolsero le istanze.
La prima menzione che dimostrerebbe (non è certo che si tratti di lui) il suo coinvolgimento nelle vicende di quella parte della Lunigiana che fu teatro degli scontri tra Spinetta di Fosdinovo (che del M. era cugino) e il condottiero lucchese Castruccio Castracani, risale al 1319.
Il M. si sarebbe schierato apertamente contro Spinetta proprio in uno dei momenti più critici del conflitto. Castruccio procedeva infatti all'occupazione di tutte le postazioni che contendeva vittoriosamente al rivale e, nella sua veste di vicario del vescovado lunense, ribadiva la propria autorità sopra alcuni castelli soggetti alla giurisdizione episcopale. Il 18 agosto il Castracani raggiunse Verrucola Bosi, sede di Spinetta, ponendovi il campo accompagnato, pare, anche dal M., che probabilmente sperava di ottenere vantaggi territoriali dallo smembramento dei possessi di Spinetta, conseguente all'azione di Castruccio.
Ben più significativa appare l'azione dispiegata in Sardegna, dove ancora nei primi due decenni del secolo il M. vantava con i congiunti numerosi possessi nel Logudoro; fra questi l'importante castello di Osilo con il suo borgo, i distretti di Montes, Figulinas e Coros e gli scali di Frigianu e Santa Filitica, il castello di Serravalle con la città di Bosa e il distretto di Anglona.
Sull'amministrazione della vicaria di Osilo erano sorte contese, sul finire del 1319, tra il M. e i fratelli, da una parte, e i figli del defunto Franceschino di Mulazzo, condomini dei possessi sardi e affidati alla tutela del Castracani, dall'altra. Materia del contendere era l'elezione del castellano e del giudice di Osilo con le sue fortezze. Il conflitto dovette condurre a ripercussioni che lesero la stabilità della detenzione patrimoniale. Il 26 febbr. 1321, quindi, a Lucca, con il consenso del tutore Castruccio, Giovanni di Franceschino stipulò con Maso del fu Niccolò da Villafranca, procuratore del M. e dei fratelli, una convenzione sull'elezione dei magistrati di Osilo. L'interessamento del M. nella gestione dei beni sardi non si tradusse da subito nel trasferimento sull'isola: nel maggio 1321 egli figura con il fratello Giovanni tra i convenuti nella chiesa di S. Francesco di Pontremoli, dove il locale partito ghibellino si riunì per eleggere come proprio signore il solito Castracani. Intanto in Sardegna prendeva consistenza la signoria degli Aragonesi; effetto dell'infeudazione di Bonifacio VIII del 1297, essa si rese realmente efficace solo a partire dal 1323, quando nel giugno un grosso contingente di armati al comando dell'infante Alfonso sbarcò sull'isola; la vicenda, in seguito, si sarebbe configurata per i Malaspina come una grave limitazione all'esercizio dei loro diritti, innescando il rapido declino di quella potenza pur solida che il casato aveva per lungo tempo rappresentato e ancora rappresentava tra le realtà che avevano segnato il Medioevo sardo.
Nel 1323, per ricevere con l'investitura il riconoscimento dei possessi sardi, il M. dovette giurare fedeltà alla Corona d'Aragona; come lui giurarono i fratelli, il giudice di Arborea, i Doria, il Comune di Sassari. Di lì a poco, e soprattutto dalla fine del 1324, per la renitenza a sottostare alle iniziative degli ufficiali aragonesi si moltiplicarono gli atti di insubordinazione prima e di aperta ribellione poi (in particolare nel 1325, quando i Malaspina si coalizzarono con la città di Sassari, e nel 1326) all'autorità regia, minacciata peraltro anche a sud dalle iniziative pisane.
Tuttavia l'infante Alfonso, che poteva contare sulla fedeltà del giudice di Arborea, mantenne il controllo della situazione e ristabilì l'autorità della Corona. In particolare, i successi delle truppe regie nel Cagliaritano nel giugno 1326 e la conseguente crisi del dominio pisano nel Sud dell'isola, dovettero suscitare non poche preoccupazioni nei riottosi marchesi e nei loro alleati, inducendoli a più miti consigli.
Il M. fu pertanto inviato, di concerto con i congiunti cointeressati al mantenimento delle postazioni sarde, in Catalogna, dove il 12 ag. 1326 pattuì che il castello di Osilo e gli altri luoghi e terre che i Malaspina possedevano in Sardegna sarebbero stati dal re concessi in feudo perpetuo ai marchesi incluse le donne. Quell'infeudazione limitava di fatto la giurisdizione dei signori lunigianesi sulle proprie terre a un potere prevalentemente formale: il castello di Osilo, nella fattispecie, doveva essere affidato a ufficiali aragonesi; l'area di esercizio effettivo del potere dei marchesi sui beni logudoresi fu drasticamente ridotta. La fragilità dell'accordo si manifestò subito con un clamoroso ripensamento dello stesso M., sopravvenuto prima ancora che egli facesse ritorno in Italia: il re, venuto a conoscenza della cosa, lo fece arrestare con l'ordine di trattenerlo fino all'adempimento dei patti. Inviatolo successivamente sotto scorta in Sardegna, lo fece custodire nel castello di Cagliari finché non accondiscese alla consegna di Osilo agli ufficiali del re. Solo a conclusione di questa vicenda il M. ricevette con i fratelli, il 3 febbr. 1327, il diploma di investitura pattuito a Barcellona l'anno prima. Nonostante l'accordo raggiunto tanto faticosamente, il Nord dell'isola fu ancora percorso da rivolte, come quella del 1329, sedata con particolare durezza. Ancora sullo scorcio del terzo decennio del secolo, il M. fu protagonista di alcune delle ribellioni. A parte questi episodi, non sono molte le attestazioni del suo operato per questi anni, e talvolta si riferiscono all'amministrazione dei feudi continentali.
Forse era in Lunigiana quando, l'8 giugno 1330, apportò con i fratelli correzioni e aggiunte agli statuti dei possessi lunigianesi concessi dalla madre all'inizio del secolo. Tuttavia non si può affermare con certezza se in quella o in altre circostanze agisse personalmente o per procura.
Certo è che, ancora per circa venti anni, prese parte in qualche misura alle intricate vicende che riguardavano i domini malaspiniani in Sardegna. Il 21 marzo 1339, in base all'atto di divisione dei possessi patrimoniali stipulato con i fratelli, rimase signore di Villafranca con il fratello Federico, mentre Giovanni divenne unico detentore dei possessi sardi. Fino all'inizio degli anni Quaranta, la situazione isolana fu caratterizzata da una certa stabilizzazione, non esente tuttavia da episodi di tensione e brigantaggio, spesso compiuti con l'intervento dei Doria. Quando tuttavia nel 1343 Giovanni nominò suo erede Pietro IV, il re d'Aragona, il M. si oppose insieme col fratello Federico, dando esca a nuove rivolte. Fu soltanto dopo circa dieci anni di ulteriori scontri che si giunse nel 1352 a una nuova infeudazione, che non poté però in alcun modo arginare la decadenza delle fortune familiari in Sardegna, ormai irreversibile: negli anni successivi i possessi malaspiniani furono progressivamente smembrati a vantaggio di concessionari locali e aragonesi, più affidabili alleati della Corona. L'ultima traccia della loro presenza nell'isola è rappresentata, come dimostrano le ricerche di A. Soddu, da un accordo stipulato tra Pietro IV e Opizzino, figlio del M., procuratore di quest'ultimo e del fratello Federico: fu l'ennesimo riconoscimento formale di una giurisdizione ormai privata dei suoi fondamenti (sintomatico risulta che nel primo Parlamento del Regnum Sardiniae et Corsicae, a Cagliari nel 1355, non venga convocato alcun esponente della famiglia).
Benché il ritorno definitivo sul continente risalga solo all'inizio degli anni Cinquanta, nei decenni precedenti si collocano alcune attestazioni sparse del rinnovato interesse del M. per i possessi continentali propri e del fratello Federico. Con quest'ultimo prese parte nel 1343 agli scontri che videro contrapposti Luchino Visconti e i Pisani, in conseguenza dei quali subì una temporanea occupazione dei propri domini a opera di Pisani e Lucchesi. Stabile si mantenne l'alleanza con i signori di Milano, e il 31 marzo 1353 fu citato tra i partigiani viscontei nella tregua stipulata a Sarzana tra l'arcivescovo Giovanni e i Fiorentini. Il 26 genn. 1355 ottenne dall'imperatore Carlo IV un diploma di investitura dei beni paterni e di altri che aveva acquistato dal marchese di Olivola, e la conferma di numerosi privilegi. Il 25 ott. 1355 si divise dal fratello Federico; ottenne per sé le terre di Lusuolo, Riccò, Tresana, Burzone, Bibula, Giovagallo, Ponzano, Brina, Canossa, Madrignano, Gorasco, Beverino, Aulla, Chiusole e Carisetto, dando origine al ramo che dal capofeudo Lusuolo prendeva nome. Il M. morì intorno al 1364.
Aveva sposato una figlia di Francesco Malaspina di Oramala; dal matrimonio nacquero Obizzino, Giovanni Iacopo, Moroello, Franceschino e Federico, i quali, dividendosi, costituirono cinque feudi distinti nel 1365 come risultava dall'atto di procura del 19 marzo 1365.
Il fratello del M., Giovanni, figurava tra i figli di Obizzino sotto tutela della madre nel 1301. Nato probabilmente negli ultimi anni del Duecento o all'inizio del Trecento, di lui si hanno notizie sparse e frammentarie. Signore in condominio con i fratelli Federico e il M. dei possessi sardi, rimase coinvolto nelle vicende della loro detenzione, fin dai tempi del summenzionato lodo castrucciano del 1321. Proprio nel 1321 aveva partecipato con il M. al convegno di ghibellini a Pontremoli. Nel 1333 fu seguace di Giovanni di Boemia, a fianco del quale probabilmente si trovava quando questi stipulò con i nemici la tregua di Peschiera. Divisosi dai fratelli nel 1339, ebbe per sé i possessi sardi di cui, non avendo avuto moglie, lasciò erede Pietro IV nel testamento del 1343.
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Firenze, Diplomatico, Deposito Malaspina, 28 giugno 1330; 18 maggio 1365; Bartolomeo di ser Gorello, Cronica dei fatti d'Arezzo, a cura di A. Bini - G. Grazzini, in Rer. Ital. Script., 2a ed.., XV, 1, p. 213; Codex Italiae diplomaticus, a cura di J.C. Lünig, II, Francofurti-Lipsiae 1726, p. 257; E. Gerini, Memorie storiche d'illustri scrittori e di uomini insigni dell'antica e moderna Lunigiana, II, Massa 1829, p. 327; Bibliografia storica della Lunigiana, a cura di G. Sforza, I, Modena 1872, pp. 38, 98; G. Sforza, Castruccio Castracani degli Antelminelli in Lunigiana, Modena 1891, pp. 52, 204-207; E. Branchi, Storia della Lunigiana feudale, II, Pistoia 1897, pp. 34-38; U. Mazzini, Malaspiniana. Intorno al feudo di Bolano, in Giorn. stor. della Lunigiana, II (1910), p. 83; G. Sforza, Regesto delle pergamene malaspiniane del diplomatico fiorentino provenienti dalle Riformagioni, ibid., XI (1920), pp. 124 s., 127 s.; U. Dorini, Un grande feudatario del Trecento: Spinetta Malaspina, Firenze 1940, ad ind.; Storia di Milano, V, Milano 1955, pp. 353 s.; G. Meloni, Genova e Aragona all'epoca di Pietro il Cerimonioso, I, Padova 1971, p. 129; G. Guagnini, I Malaspina, Milano 1973, pp. 130-132; P. Ferrari, La chiesa e il convento di S. Francesco di Pontremoli, Mulazzo 1974, p. 31; Castruccio Castracani degli Antelminelli in Lunigiana. Catalogo della mostra storico-documentaria, a cura di F. Bonatti, Pisa 1981, p. 65; Genealogie medioevali di Sardegna, a cura di L.L. Brook et al., Cagliari-Sassari 1984, ad ind.; A. Soddu, Storia della penetrazione dei Malaspina nel Logudoro, in Gli Obertenghi di Massa e della Lunigiana, Massa 1999, pp. 113-115; P. Litta, Le famiglie celebri italiane, s.v. Malaspina, tav. XI.