AZIONE E REAZIONE, principio di (detto anche "principio di reazione")
È uno dei più importanti principî della meccanica, enunciato per la prima volta dal Newton che asserì appunto actioni contrariam semper et aequalem esse reactionem, sive corporum duorum actiones in se mutuo semper esse aequales et in partes contrarias dirigi (nei Philosophiae naturalis principia mathematica). Con ciò si vuole intendere precisamente il fatto seguente. Se un punto materiale P è soggetto ad una forza &vet;F dovuta ad un altro punto materiale Q (il che significa che si suppone che, se si sopprimesse Q lasciando tutte le altre circostanze inalterate, verrebbe a mancare la forza &vet;F), allora il punto Q è soggetto ad una forza -&vet;F (cioe ad una forza uguale in grandezza a &vet;F, ma diretta in senso contrario) dovuta al punto P.
Tale principio si è ricavato per induzione dall'osservazione di numerosi casi particolari, alcuni dei quali fanno parte dell'esperienza comune. Per esempio, se un uomo afferra con la mano una maniglia e la tira a sé, alla forza che egli esercita sulla maniglia fa riscontro una forza (eguale in grandezza e opposta in direzione) che tende ad avvicinare il suo corpo alla maniglia stessa. Un corpo pesante, poggiato su un tavolo, esercita su questo una forza verso il basso uguale al suo peso: a questa corrisponde una forza esercitata dal tavolo sul corpo, diretta verso l'alto e capace di equilibrare il peso del corpo, ecc.
Considerato in tal guisa dal punto di vista statico, il principio d'azione e reazione esprime, in un certo senso, la simmetria delle forze opposte che si fanno equilibrio; e in questo senso può ricondursi a quelle applicazioni del principio di ragion sufficiente, che Leibniz ravvisa già nei postulati introdotti da Archimede per lo studio della bilancia.
Ma Newton adopera specialmente il principio d'azione e reazione come postulato dinamico. Si consideri il moto d'una coppia di punti materiali, A e B, astrattamente isolata da altri corpi (come se questi fossero lontanissimi o piccolissimi): qualora il moto d'uno dei due punti, A non sia un semplice moto rettilineo uniforme, ma abbia una certa accelerazione in un certo senso, questa dev'essere diretta secondo la congiungente AB, e si troverà un'altra accelerazione contraria agente su B, di valore inversamente proporzionale alla massa. Insomma, il moto procede come se in ogni istante la velocità inerziale dei due punti fosse modificata da due forze uguali ed opposte che, quando i due punti fossero invariabilmente connessi e in istato di quiete, si farebbero equilibrio.
L'intuizione che sta alla base di tale principio è ancora, in qualche modo, un'intuizione di simmetria, che appare giustificata a priori come ragion sufficiente se la reciproca azione dei punti materiali viene pensata come azione istantanea a distanza. Se invece si ammette che le azioni si propaghino con velocità finita, attraverso un mezzo, il principio d'azione e reazione nella sua forma dinamica cessa di valere, tranne che, oltre alla reazione dei corpi ordinarî, non si consideri anche una reazione del mezzo ambiente (etere). Questa critica, svolta dal Poincaré, prelude allo sviluppo delle dinamiche non-newtoniane.
Una delle conseguenze più notevoli del principio di azione e reazione è questa: le forze interne di un sistema (cioè quelle che esercitano fra loro le varie parti del sistema) hanno risultante nulla, e quindi non influiscono sul moto del baricentro del sistema. È noto, p. es., che una persona che sta ferma su un veicolo, se esercita su di esso una qualsiasi pressione o trazione, non riesce mai a metterlo in moto o a modificarne il movimento.
Spesso si enuncia il principio di reazione in modo abbreviato ma incompleto, dicendo che "ad ogni azione corrisponde una reazione eguale e contraria" e talora si attribuisce ad esso un significato più vasto e meno preciso di quello puramente meccanico.