AYYŪBIDI
. Dinastia islamica che dominò l'Egitto, la Siria, la Mesopotamia e l'Arabia meridionale nella seconda metà del secolo XII e nella prima del XIII. Il suo nome risale ad Ayyūb (forma araba del nome biblico Giobbe), capo militare curdo il quale, insieme col fratello Shīrkūh, entrò al servizio dell'atābeg di Mossul, Zenghī, e, dopo averlo abbandonato per qualche tempo, ritornò a lui dopo che Shīrkūh, rimasto fedele al suo primo signore, aveva conquistato Damasco al figlio di lui, Nūr ed-dīn (v.), nel 459 èg., 1154 d. C. Shīrkūh, che ottenne la signoria di Ḥiṃs dove i suoi discendenti si mantennero fino al 661 (1262), fu poi inviato in Egitto da Nūr ed-dīn, per sostenervi contro i Crociati la vacillante dinastia dei Fāṭimidi. Nominato vizir, Shīrkūh morì improvvisamente, e la sua successione fu assunta dal figlio di Ayyūb, Yūsuf. Questi, più noto col laqab (soprannome onorifico) di Ṣalāḥ ed-dīn (Saladino: v.), dichiarò deposto il califfo fāṭimida (567 èg., 1171) e proclamò l'Egitto riunito al califfato ortodosso di Baghdād. Si trattava in realtà di una unione formale, poiché di fatto il vero signore dell'Egitto doveva essere Nūr ed-dīn. Ma Saladino aspirava a diventare sovrano indipendente, e il suo disegno, che stava per attirargli l'ostilità aperta di Nūr ed-dīn, venne favorito dalla morte di questo (569 èg., 1173): Saladino, profittando del turbamento e del disordine soliti a prodursi alla morte di ogni sovrano musulmano in quel tempo, invase la Siria e la Mesopotamia e se ne rese rapidamente padrone, abolendo o riducendo a condizione di vassallaggio le varie dinastie di atābeg, e assunse, sempre sotto l'alta sovranità nominale del califfo di Baghdād, i titoli di sultano e di re (malik), che i suoi successori continuarono a portare. Contemporaneamente l'Arabia meridionale veniva occupata in suo nome dal fratello Tūrānshāh, cosicché il regno di Saladino venne ad essere il più vasto e solido stato islamico del suo tempo. Cessata la divisione delle forze musulmane della quale si erano giovati i Franchi per mantenere il loro dominio in Palestina e in Siria, la loro situazione divenne precaria, e la stessa Gerusalemme fu perduta (583 èg., 1187), né la terza crociata, cui diede appunto occasione la caduta della città santa, valse a riconquistarla (v. crociate): essa giovò più che ad altro a rendere popolare nel mondo Occidentale il valore e lo spirito tollerante e cavalleresco di Saladino, il quale peraltro non tardò a morire, poco più che cinquantenne (589 èg 1193).
Nonostante le eminenti qualità militari e politiche del suo fondatore, la dinastia degli Ayyūbidi ebbe a risentire gli effetti della comune causa d'instabilità delle dinastie islamiche d'origine militare: la mancanza di un ordine prestabilito di successione. Lo stesso Saladino, ben sapendo di non poter tramandare integro il regno a uno dei suoi figli, provvide a dividerlo essendo ancora in vita, e assegnò al fratello al-‛Ādil Saif ed-dīn (il Safadino degli storici occidentali) la Mesopotamia, a un altro fratello, Tughtaghīn, il Yemen (Tūrānshāh gli era premorto) e ai figli al-‛Azīz, al-Afḍal e aẓ-Ẓāhir rispettivamente l'Egitto, Damasco, Aleppo. Ma neppure questo provvedimento valse a evitare la lotta in famiglia, e al-‛Ādil riuscì a togliere ai nipoti (salvo che alla linea di Aleppo) i dominî di Siria, deponendoli o riducendoli a suoi vassalli. Ad al-‛Ādil successe sul trono d'Egitto suo figlio al-Kāmil (il "soldano" nella cui "presenza superba" S. Francesco d'Assisi predicò la fede del Vangelo), il quale esercitò di fatto la supremazia sugli stati di Siria, dei quali erano stati investiti i suoi fratelli, ma incontrò anche da parte di essi ostilità aperte e maneggi occulti. La divisione degli Ayyūbidi ridiede audacia ai Crociati, i quali presero Damietta in Egitto e minacciarono Damasco, dove ad al-Mu‛aẓẓan, fratello di al-Kāmil, era successo il figlio an-Nāṣir, giovane imbelle e crudele; al-Kāmil, ricostituita con fatica la concordia familiare, riuscì a cacciare i Crociati da Damietta e soccorse Damasco, che tuttavia pensò bene di sottrarre all'inetto governo di an-Nāṣir cedendola al proprio fratello al-Ashraf, sovrano della Mesopotamia; tuttavia la situazione si manteneva grave, così da indurre al-Kāmil a cedere per trattato Gerusalemme a Federico II (626 èg., 1229): com'è noto dalla storia di quest'ultimo, l'opposizione di papa Gregorio IX impedì che il trattato avesse effetto.
al-Kāmil fu l'ultimo grande sovrano degli Ayyūbidi: dopo di lui, non soltanto continuarono le guerre tra i sultani d'Egitto, di Siria e di Mesopotamia, ma nello stesso Egitto arse la guerra civile, cosicché il potere effettivo andò a poco a poco passando dalle mani del sovrano a quelle dei generali delle truppe turche composte di schiavi (mamlūk) che costituivano il nerbo delle forze militari, con processo analogo a quello che aveva tolto il governo di mano ai califfi ‛abbāsidi (v. ‛abbāsidi e arabi: Storia) e fāṭimidi. Ad aṣ-Ṣāliḥ figlio di al-Kāmil, che aveva tolto il trono al fratello al-‛Ādil II successe nel 647 èg., 1240, il figlio Tūrānshāh; questi morì assassinato l'anno seguente. La vedova di aṣ-Ṣāliḥ, Shagiar ad-durr ("albero di perle"), una schiava di rara intelligenza ed energia la quale era riuscita a conservare il trono a Tūrānshāh tenendo nascosta la morte di aṣ-Ṣāliḥ finché egli, assente, fu ritrovato in Egitto, fu proclamata sultana (esempio quasi unico nella storia musulmana), ma dovette ben presto rinunziare alla sua singolare sovranità e consentire a cedere il trono al capo dei Mamelucchi, Aibeg (Aibak), che sposò: di fatto essa conservò la direzione degli affari interni del paese, mentre il marito conduceva la guerra all'esterno. Così finì drammaticamente la dinastia degli Ayyūbidi di Egitto, la quale nell'ultimo periodo della sua esistenza vide il paese nuovamente invaso dalla crociata di Luigi IX: questa terminò invero, come è noto, con la vittoria dei musulmani ad al-Manṣūrah (1249), ma avvenuta proprio mentre aṣ-Ṣāliḥ si trovava in punto di morte, valse a rafforzare ancor più il potere dei Mamelucchi e ad accelerare la caduta degli Ayyūbidi.
Quasi contemporaneamente si spegnevano le dinastie collaterali: quella del Yemen fu sostituita dai Rasūlidi (v. arabi: Storia) nel 625 èg., 1228; quelle di Mesopotamia e Siria vennero distrutte dai Mongoli o, nel territorio rimasto sotto la sovranità dei Mamelucchi, furono soppresse da questi.
Più a lungo di tutte (fino alla metà del sec. XIV) si mantenne la dinastia di Ḥamāh, alla quale appartenne il celebre storico e geografo Abulfeda (Abū'l-Fidā'; v.).
L'epoca degli Ayyūbidi è segnalata, in Egitto come in Siria, per l'incremento dell'agricoltura e dell'industria e per il rifiorire delle arti e delle lettere. I frequenti contatti con l'Occidente, non sempre ostili, portarono alla stipulazione di trattati di commercio e favorirono il diffondersi degl'influssi orientali sull'economia e sulla cultura europee. V. anche egitto: Storia.
Altre dinastie collaterali minori regnarono a Karak, a Ḥamāh, a Baalbeck, ad Amida, a Bāniyās, a Buṣrá; a Ḥimṣ i discendenti di Shīrkuh fino al 661, 1262; nel Yemen i discendenti di Tūrānshāh fino al 625, 1228.
Bibl.: Oltre alle opere generali sulla storia degli Arabi e dell'Egitto musulmano, vedi C. H. Becker, in Enciclopedia dell'Islam, Leida 1908 segg., I, pp. 225-227 (ed. frances, inglese, tedeca), e la bibliografia ivi indicata.