AVARNA, Giuseppe, dei duchi di Gualtieri
Diplomatico, nato a Palermo il 17 marzo 1843, morto a Roma il 31 marzo 1916. Avviatosi alla carriera diplomatica, fu nominato nel 1866 addetto ed inviato a Parigi, dove iniziò quella lunga e devota collaborazione col conte Nigra, che fu sempre da lui considerata come la migliore scuola di politica estera. Accompagnò il suo capo quando fu trasferito all'ambasciata di Vienna e vi aveva grado di consigliere quando nel 1894 fu nominato ministro plenipotenziario e destinato a Belgrado. Dopo due anni passò ad Atene, di cui resse la legazione nei giorni difficili della guerra greco-turca. Nel 1902 ebbe la carica di ministro a Berna, e vi rimase finché fu promosso all'ambasciata di Vienna. L'A. trovò a capo di quel governo il conte Goluchowski, che si sforzava di contenere a gran fatica le impazienze dell'elemento militare e che nel 1906 dovette cedere il posto ad un uomo più giovane ed intraprendente, il barone Luigi Aehrenthal. Durante la crisi per l'annessione della Bosnia-Erzegovina (1908-9), l'A. ebbe gran parte nei negoziati condotti dal ministro degli Esteri italiano Tittoni, i quali procurarono all'Italia, come corrispettivo della sua adesione, il ritiro dell'Austria-Ungheria dal Sangiaccato di Novi-Bazar, che avrebbe avuro il diritto di occupare in base all'articolo venticinquesimo del trattato di Berlino, e l'abbandono dei privilegi riservati all'impero stesso da quel trattato sul litorale montenegrino. Nel 1910 l'A. iniziò i negoziati per un'eventuale rinnovazione anticipata della Triplice alleanza, nel cui testo il governo italiano voleva introdurre un'esplicita garanzia dell'esclusione di ogni vincolo contrastante con l'amicizia italo-inglese. Gl'imperi centrali non nascondevano la loro propensione per una rinnovazione dell'alleanza senza modifiche nel testo del patto. Questi negoziati furono complicati dalla richiesta formulata fin dall'aprile 1910 dal conte Francesco Guicciardini, ministro degli Esteri nel gabinetto Sonnino, che fosse precisata la circostanza che gli eventuali compensi garantiti dall'art. 7 del trattato nel caso di ulteriori occupazioni austro-ungariche nei Balcani potessero essere compresi entro i confini geografici dell'Italia. L'Avarna riteneva che per tal modo si sarebbe conseguito lo scopo di rendere l'alleanza più gradita in Italia e quindi più salda. La guerra libica rese necessario un rimaneggiamento degli articoli 9 e 10 del trattato, riferentisi al mantenimento dello statu quo. Finalmente, il 5 dicembre 1912, fu firmato per la quinta volta a Vienna il trattato della Triplice alleanza, aggiungendovi il protocollo, desiderato dall'Italia, che riconosceva la sovranità dell'Italia sulla Libia. Nella crisi del 1914 l'A., intimamente persuaso che la Triplice alleanza salvaguardasse in Europa il principio conservatore, avrebbe desiderato che l'Italia intervenisse a fianco dell'Austria e della Germania, pur riconoscendo che il modo con cui l'Austria aveva presentato l'ultimatum alla Serbia non obbligava menomamente l'Italia ad assumersi la responsabilità delle conseguenze. Come aveva lasciato capire allo stesso cancelliere austriaco, conte Berchtold, egli riteneva di non essere più adatto a rappresentare l'Italia alla corte di Vienna, dopo il mutamento della politica estera decisa dal gabinetto Salandra. Presentò quindi le sue dimissioni da ambasciatore, che non furono accettate; anzi l'A. acconsentì non solo a rimanere a Vienna, ma a sostenere gl'interessi dell'Italia, in conformità alle istruzioni del di San Giuliano prima, e del Sonnino poi, nei negoziati per eventuali compensi all'Italia, che si protrassero fino alla primavera del 1915, e terminarono con la dichiarazione di guerra dell'Italia all'Austria-Ungheria. Presentata questa, l'A. rimpatriò, e morì a Roma il 31 marzo 1916. Il figlio di lui pubblicò nel 1924, con la scorta delle carte paterne, il volumetto: L'ultimo rinnovamento della Triplice.