NUCCI, Avanzino
NUCCI, Avanzino. – Nacque a Gubbio (Carloni, 1993) intorno al 1552, forse figlio del pittore Luca Nucci o Nuccio da Gubbio, attestato a Gualdo Tadino nel 1574 (Storelli, 1982); come «Avanzino da Gubbio» lo ricorda Baldinucci (1681-1728) il quale racconta che dipinse molti quadri per committenti privati della sua città, oltre a «un Arcangiolo Gabriello a fresco nell’ornamento dell’altar maggiore della chiesa di Santa Maria della Vettorina», opera tuttora esistente.
Nella scritta che compare su un frammento della Madonna del Rosario, datata 1620, conservata nel Museo civico di Gualdo Tadino il pittore si definisce invece «gualdensis»; Baglione (1642), a sua volta, lo dice originario di Città di Castello.
Baglione riferisce che Nucci giunse a Roma «piccolo d’età» e qui fu allievo di Nicolò Circignani, detto il Pomarancio. L’incontro col maestro toscano dovette tuttaviaavvenire non a Roma ma in terra umbra, dove questo pittore risulta attivo tra il 1564 e il 1579 (C. Galassi, Nicolò Circignani il Pomarancio…, Città di Castello 2007). Un documento del 1590 (Carloni, 1993) consente di stabilire che il trasferimento di Avanzino nell’Urbe va collocato poco prima del 1570; nel contempo, allo stato delle conoscenze, risulta difficile stabilire quali possano essere stati i suoi primi impegni in città, anche perché la collaborazione con Circignani, a cui accenna Baglione, potrebbe invece riferirsi alle imprese romane condotte negli ultimi anni del papato di Gregorio XIII, dopo il 1579.
Sin dagli anni Settanta forse maturò la competenza di Nucci nel dipingere le facciate, attività per la quale viene ricordato da Giulio Mancini (1617-30). Non è da escludere, pertanto, che alcuni disegni con motivi decorativi per facciate del Polidoro Album, conservato presso l’Institut neérlandais di Parigi (Katalan, 1990), possano risalire proprio alla fase giovanile dell’artista.
La sua prima operanota, datata 1580, è l’Annunciazione in S. Maria dei Raccomandati a Gualdo Tadino, dove il pittore si firma «de Gubio»; nella tela, forse inviata da Roma, il sapore toscano dell’impianto disegnativo conferma il legame con Circignani, mentre la morbidezza di modellato sembrerebbe suggerirne un qualche contatto con Federico Zuccari.
Nel maggio 1582 (Mancini, 1832) risulta documentato a Città di Castello dove, in occasione dell’ingresso del vescovo Ludovico Bentivoglio, «la Comune volle ch’egli un magnifico drappellone di seta ne dipingesse con l’arme gentilizie del medesimo prelato» (ibid, p. 103); poco dopo i serviti della medesima cittadina gli commissionarono un ciclo pittorico, perduto, nel chiostro del loro convento.
Baglione documenta il coinvolgimento di Nucci in tutti i cantieri romani promossi da Sisto V (1585-90), a eccezione della cappella del Presepe in S. Maria Maggiore e della loggia delle Benedizioni in S. Giovanni in Laterano. Nella Biblioteca Sistina inVaticano la sua «pacata e corsiva cifra stilistica» è stata avvistata nella scena raffigurante il Sogno diInnocenzo III e nel Vescovo Ulfila, rispettivamente nel salone Sistino e nella Galleria, mentre nella Scala Santa (rampa centrale) gli è stato attribuito il riquadro col Cristo che esorta tre apostoli a vegliare (Zuccari, 1992, pp. 134 s.). Se tali ipotesi non appaiono del tutto persuasive, lo è maggiormente ricondurre alla sua mano il Concilio di Vienne nella galleria della Biblioteca Vaticana, il Giuseppe venduto dai fratelli nella volta della rampa sinistra della Scala Santa, l’Apparizione di Cristo agli apostoli nella volta della cappella pontificia del palazzo Lateranense e il Mosè raduna i 70 anziani di Israele nel salone degli Apostoli dello stesso complesso (Restaino, 2000).
In sintonia con altri maestri sistini, come Baldassarre Croce e Paris Nogari, l’artista dimostra uno stile rigoroso e controllato, in cui ancora palese è il rapporto con Circignani. Tale linguaggio di lì a poco avrebbe trovato successo anche a Napoli, dove è documentato tra il 1595 e il 1599 (D’Addosio, 1913 e 1920). L’impegno partenopeo più antico sembrerebbe il ciclo di affreschi con Scene dei ss. Mauro e Placido (1593 circa) nella cappella Medici di Gragnano della chiesa dei Ss. Severino e Sossio. Perdute le pitture in S. Maria di Costantinopoli eseguite nel 1595 (Id., 1920), sono tuttora conservati invece gli affreschi con Storie di Cristo e Storie dis. Bruno nel parlatorio della certosa di S. Martino (1596). In questo stesso periodo vanno collocate le scene del Martirio degli apostolie altri santi affrescate nella cappella Gallucci del duomo di Lucera, restituite a Nucci da Restaino (2000) che però le data al principio degli anni Ottanta, e una tela con la Cacciata dei mercanti dal tempio nel palazzo arcivescovile di Salerno, finora sfuggita alla critica.
Fu attivo anche per la sede oratoriana di Napoli, come certificano alcuni pagamenti (Borrelli, 1966 e 1968) inerenti non solo a sue imprecisate pitture nella «chiesa nova» e in quella «piccola», e a numerosi quadri di formato ridotto, ma anche a un ritratto di s. Filippo Neri spedito a Roma e ad alcuni ritratti di padre Francesco Maria Tarugi (1596-99; Melasecchi, 1995, p. 413). Altri documenti (D’Addosio, 1913), infine, attestano la collaborazione con Belisario Corenzio agli affreschi (molto rovinati) della cappella del Tesoro nella chiesa dell’Annunziata (1598-99), effigianti il Supplizio di ss. martiri.
Rientrato a Roma, lavorò alle Storie di s. Paolo nella tribuna di S. Paolo fuori le mura, distrutte nell’incendio della basilica del 1823, alle quali forse si collegano alcuni splendidi disegni custoditi nella Pinacoteca di Brera, nell’Albertina di Vienna e nel Gabinetto disegni e stampe degli Uffizi.
La cronologia di tali dipinti si può ricostruire da una lettera del 26 novembre 1599, fin qui ignorata dagli specialisti, inviata dal cardinal Cinzio Aldobrandini al nunzio di Napoli, Iacopo Aldobrandini, in cui si legge: «Avanzino Nucci, pittore da Gubbio, che stando in Napoli era venuto qui per lavorare in S. Paolo, et è poi caduto infermo, ha fatto supplicare a N. S.re che interponga la sua autorità perché sia sodisfatto d’un credito di centocinquantatré scudi ch’egli dice di haver costì con li monaci certosini di S. Martino, per mercede di fatiche fatte in loro servitio, non havendo quasi altro, come pur dice, da sostentarsi nei presenti suoi bisogni» (Le carte strozziane…, 1891, p. 275).
Durante il soggiorno nel Meridione dovette intensificare i suoi contatti col Cavalier d’Arpino, l’artista più autorevole attivo in quegli anni nella certosa partenopea. E non dovrebbe essere casuale che, rientrato a Roma, compaia nell’équipe coordinata proprio da d’Arpino per la realizzazione, in vista del giubileo del 1600, degli affreschi del transetto della basilica Lateranense, dove eseguì coppie di putti (Baglione, 1642). Presumibilmente intorno al 1600 si collocano i Ss. Benedetto, Scolastica, Susanna e Bernardo dipinti sugli sportelli lignei di due reliquiari nel coro delle monache della chiesa di S. Susanna e la coppia di affreschi, staccati, forse provenienti dalla sala della Lavanda dell’ospedale dei Pellegrini, raffiguranti David e Abigail e Abramo e i tre angeli (ubicazione ignota; Pupillo, 1995), assai simili alle due tavole con S. Pietro e il centurione e S. Pietro e Simon Mago (Perugia, collezione Cassa di Risparmio). In tali opere Sapori (1986) e Pupillo (1995) hanno evidenziato una ‘freschezza’ inventiva e una scioltezza che affrancano il pittore dallo stile paludato degli anni precedenti mentre si avverte anche la contaminazione di risultanze tardomanieriste col dimesso naturalismo suggeritogli da artisti quali Cristoforo Roncalli, Baldassarre Croce e il Cavalier d’Arpino. A questo felice momento potrebbe appartenere pure la delicata Annunciazione della Curia generalizia dei Gesuiti a Roma, riferita da Heinrich Pfeiffera un anonimo pittore seicentesco (Il barocco nella visione gesuita [catal., Caen], Parigi 2003, pp. 100 s.), simile alla pala di Nucci raffigurante laMadonna col Bambino e santi della collezione Calai a Gualdo Tadino (Restaino, 2000).
Agli inizi del Seicento inviò diverse opere fuori Roma, come l’Assunzione della parrocchiale di Baceno (1604), alla quale si legano alcuni progetti grafici conservati a Francoforte(Städelsches Kunstinstitut) e al Gabinetto disegni estampe degli Uffizi. Nello stesso periodo risulta impegnato anche per gli oratoriani romani, come provano un pagamento del 1605 (Pupillo, 1995) per il disegno di un’incisione con Storiette di s. Filippo Neri e la coeva commissione per l’affresco con S. Filippo Neri e la Vergine dipinto nel portico di S. Girolamo della Carità (Melasecchi, 1998).
Nel 1604 fu coinvolto anche nella decorazione della cappella di palazzo Aldobrandini al Corso (1604; Hibbard, 1964 ) e, poco dopo, nel giardino e nelle stanze del palazzo pontificio di Montecavallo (1605, 1610; del Piazzo, 1974).
Tra primo e terzo decennio del Seicento gli impegni dell’artista si intensificarono. Di numerose opere per contesti romani – S. Lorenzo in Lucina, S. Rocco a Ripetta, S. Biagio a Montecitorio, chiesa, quest’ultima, dove fu attivo a più riprese (1611-13; 1621-23), S. Giuseppe dei Falegnami (1625-26) – non rimane che il ricordo delle fonti (Baglione, 1642). Tra le opere conservate si possono rammentare, in S. Silvestro al Quirinale, gli affreschi, residui, con figure di santi e l’Eterno Padre nella cappella della Vergine mentre quelli nella cappella dedicata a S. Silvestro, con episodi raffiguranti il santo titolare, sono andati distrutti. In questo stesso contesto si è conservata soltanto la tela col Battesimo di Costantino, forse dipinta verso il 1610 (Pupillo, 1995). L’opera, tra le più note dell’artista, è molto vicina alla pala con la Madonna della Clemenza e santi sull’altare maggiore della chiesa di S. Callisto a Trastevere. Vanno inoltre ricordate le Storie di s. Diego affrescate nelle lunette della cappella dei Ss. Lorenzo e Diego all’Aracoeli e la galleria di Ritratti dei re di Francia nel chiostro di Trinità dei Monti (1616; Balsamo, 1989).
In queste opere avanzate il linguaggio di Nucci appare distante dalla pittura fluida e piacevole dei primi anni del Seicento: il suo stile, non immune da ulteriori suggestioni dal Cavalier d’Arpino, è espressione di un «garbato dissenso in un momento di dibattiti ideologici di forte impegno» (Strinati, 1979, p. 73) e si caratterizza per un eloquio semplice e accostante, un fervore raccolto e un intimo sentire.
Quanto alle opere inviate fuori Roma, è possibile menzionare, tra quelle certe, il S. Agostino nella basilica di S. Ubaldo a Gubbio (1619), il S. Alberto (1607) nel Carmine di Perugia e il Miracolo di s. Diego della Pinacoteca di Gualdo Tadino (1627). E, ancora, una serie di pale d’altare custodite nelle Marche: la Madonna e santi in S. Benedetto a Fabriano (1611), il Rosario (1616) nella chiesa dei Ss. Vito e Modesto a Mombaroccio (Pesaro-Urbino); la Madonna e santi già presso i Cappuccini a Fermo, ora in S. Simpliciano a Milano, e la Madonna e santi (1620) in S. Francesco a Serra San Quirico (Ancona). Fu proprio un disegno per una composizione assai simile a quest’ultima tela (conservato nella Walker Art Gallery di Liverpool) che nella seconda metà degli anni Sessanta del Novecento, congiuntamente al ritrovamento a Berlino del foglio con la figura di Costantino della pala di S. Silvestro al Quirinale, permise a Pouncey di avviare la ricostruzione del consistente corpus grafico dell’artista.
Tali disegni erano stati precedentemente raccolti dallo studioso inglese sotto il nome convenzionale di pseudo Bernardo Castello (Philip Pouncey per gli Uffizi, 1993). Molti di questi fogli, fra i quali si ricordano le Nozze di Cana del Rijksmuseum di Amsterdam, il Matrimonio mistico di s. Caterina e gli Angeli musicanti del Metropolitan Museum of art di New York, il Martirio di un santo monaco del Gabinetto disegni e stampe degli Uffizi, rivelano una qualità elevata e un fare nettamente più brillante rispetto alle pitture, per via del tratto veloce, brioso, «quasi effervescente» (Contini, 1994, p. 95). Aspetti che rendono Nucci molto più apprezzato per la sua attività grafica.
Fu membro dell’Accademia di S. Luca almeno dal 1613 (Carloni, 1993).
Morì a Roma nel 1629 (Baglione, 1642).
Da espungere senza esitazione dal catalogo di Nucci sono le pale d’altare: Madonna col Bambino e i ss. Pietro e Paolo già nella cappella del palazzo dei Conservatori di Roma, ora nei depositi della Pinacoteca capitolina, spettante a Marcello Venusti; l’Addolorata dell’oratorio di S. Antonio Abate a Villadossola e il Matrimonio mistico di s. Caterina del Museo regionale di Messina.
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