AVALOS, Alfonso d', marchese di Pescara
Figlio di Iñigo (I) e di Antonella d'Aquino, nacque presumibilmente dopo la metà del sec. XV. Il 1º sett. 1486 fu nominato camerlengo da re Ferdinando I di Napoli. Valente condottiero, fece parte dell'esercito aragonese inviato nel settembre del 1494 in Romagna a contrastare l'avanzata delle truppe di Carlo VIII e invano sostenne la necessità di assalire i nemici presso Faenza. Nel corso delle operazioni contro i Francesi, compì un'audace colpo di mano in Cesena per liberare il conte di Pitigliano, comandante dell'esercito napoletano, rimasto prigioniero nella città. Giunto in Napoli Carlo VIII, l'A. fu lasciato a difesa di Castel Nuovo con ottocento Svizzeri (16 febbr. 1495), e prese a bombardare con grande decisione la città occupata dai Francesi: "che facea - dice un anonimo cronista contemporaneo - como lo Grandiavolo, che per isso essere uno indiavolato homo, che se troppo gi steva, disfaceva questa terra" (Una cronaca Napoletana, p. 126). Ma l'A. non era solo un ardito e "indiavolato" condottiero; era anche un uomo fedele alla parola data. E quando s'accorse che gli Svizzeri a lui affidati intendevano arrendersi ai Francesi, non potendo impedire il tradimento, fuggì in Sicilia, ove si pose a disposizione del nuovo re, Ferrandino. Con questo rientrò a Napoli nel luglio del 1495, organizzando prontamente l'assedio delle fortezze rimaste in mano ai Francesi e occupando, il 21 luglio, il Molo angioino (nello scontro rimase ferito suo fratello Martino Rodrigo, conte di Monteodorisio). Il 2 agosto guidò una spedizione contro Venafro, conquistandola senza combattere. Rientrato a Napoli, riprese con grande decisione le operazioni contro le forze nemiche, respingendo una proposta di resa avanzata dal comandante francese, Gilberto di Borbone conte di Monpensier. Il 7 sett. 1495, accorso ad incontrare un francese che pareva volesse mostrargli il modo di conquistare senza colpo ferire il monastero di S. Croce, munita posizione nemica, fu ucciso da un colpo di balestra tiratogli a tradimento.
La tragica morte del giovane e valoroso condottiero gettò nella desolazione il campo aragonese e fu a lungo ricordata; l'Ariosto, nel rievocarla (Orlando Furioso, XXXIII, 33), definisce l'A. "il miglior cavalier di quell'etade".
L,'A. aveva sposato Diana de Cardona, dalla quale ebbe nel 1489 Ferdinando Francesco, il futuro vincitore della battaglia di Pavia.
Fonti e Bibl.: Regis Ferdinandi I Instructionum liber, a cura di L. Volpicella, Napoli 1916, pp. 149, 163, 237, 246-248, 272, 316; La storia d'Italia di Francesco Guicciardini, a cura di A. Gherardi, I, Firenze 1919, pp. 85, 108, 144, 146; P. Giovio, Le vite del Gran Capitano e del Marchese di Pescara, volgarizzate da L. Domenichi, a cura di C. Panigada, Bari 1931, p. 206; Una cronaca napoletana figurata del Quattrocento, a cura di R. Filangieri, Napoli 1956, pp. 21, 124, 125, 126, 140, 161, 166, 167, 168, 170, 176, 177, 178, 212, 245, 246; S. Ammirato, Delle famiglie nobili napoletane, II, Napoli 1651, pp. 100 s.; B. Candida Gonzaga, Memorie delle famiglie nobili, I, Napoli 1875, pp. 102 s.; p. Pieri, Il Rinascimento e la crisi milit. ital., Torino 1952, p. 330.