autopubblicazione
(auto-pubblicazione), s. f. Pubblica-zione promossa a proprie spese, per proprio conto.
• Sebbene l’auto-pubblicazione apra nuove possibilità ad autori esordienti e a semplici appassionati, ad accademici e specialisti per i quali l’accesso a case editrici commerciali o anche universitarie risulta difficile, la cosa drammatica è che questi autori in molti casi finiscono per esigere, tra i loro colleghi e tra i sempre più assuefatti fruitori di supporti per la lettura digitale, un peso e una visibilità notevoli. (Leonardo Padura Fuentes, trad. di Giovanni Dozzini, Sole 24 Ore, 30 marzo 2014, p. 37, Cultura e sviluppo) • chi furono gli autori, oggi famosi, che scelsero l’auto-pubblicazione? E come? E con quali cifre? Tutto ciò lo racconta benissimo lo studioso di storia editoriale Lucio Gambetti nel saggio ‒ breve ma ricchissimo di notizie ‒ «A proprie spese», pubblicato in questo caso a spese delle edizioni Unicopli (prefazione di Andrea Kerbaker). Sottotitolo: «Piccole vanità di illustri scrittori». (Luigi Mascheroni, Giornale, 11 ottobre 2015, p. 23, Controcorrente) • C’è chi accusa le case editrici, attente più agli aspetti commerciali che a quelli culturali, e dunque propense a pubblicare tipologie di opere capaci di vendere meglio e di più. Altri poi accusano i poeti stessi, per il fatto che si sarebbero chiusi in linguaggi e tecniche autoreferenziali, incapaci di coinvolgere il più ampio pubblico dei lettori. Fatto sta che la poesia si pubblica poco (almeno da parte degli editori maggiori; altro discorso riguarda l’autopubblicazione presso sigle minori e minime), e si legge ancora meno. (Roberto Carnero, Avvenire, 23 agosto 2016, p. 23, Agorà).
- Composto dal confisso auto-1 aggiunto al s. f. pubblicazione.
- Già attestato nella Stampa del 1° dicembre 1970, p. 3 (Paolo Garimberti).
> self-printing.