AUTODECISIONE
. L'espressione autodecisione dei popoli, nel suo significato etimologico, serve a designare la manifestazione di volontà con la quale un popolo decide, in determinate circostanze, delle proprie sorti politiche. Generalmente, però, tale termine viene usato non già per indicare l'atto in sé, ma la facoltà di compiere l'atto con effetti giuridici rilevanti e si parla di principio, oppure di diritto di autodecisione dei popoli, in relazione, o in antitesi, al principio di nazionalità.
Il termine "autodecisione", o "autodeterminazione", appare usato per la prima volta dalla scuola di diritto pubblico tedesca (cfr. Zeller, Das Recht der Nationalität und die freie Selbstbestimmung der Völker, 1876, pp. 399 e segg.); ma il concetto di autodecisione si era incominciato a delineare già all'epoca della Rivoluzione francese. Il Carnot, nelle sue istruzioni redatte nel 1792 a nome del Comitato diplomatico, affermava il principio che "ogni popolo è assolutamente padrone in casa sua.... che la sovranità appartiene a tutti i popoli" (cfr. Mémoires sur Carnot par son fils, I, Parigi 1861-64, p. 296); e il Kant stesso riprende questo principio, del 1795, illustrandolo dal lato filosofico. Anche la formula mazziniana "Dio e Popolo" s'inspira al medesimo concetto. Successivamente, il principio di autodecisione compie notevoli progressi con l'apparire in Francia della teoria subbiettiva del principio di nazionalità e, soprattutto, con la nuova costruzione fatta di questo principio in Italia dal Mancini. Da ultimo, il principio di autodecisione ha trovato vasta risonanza e applicazione durante il recente conflitto europeo. Il Wilson ripetutamente ne parla nei suoi messaggi, e l'11 febbraio 1918 dichiara innanzi al Congresso americano che i popoli possono essere dominati e governati solo con il loro consenso, e che il principio di autodecisione è un principio imperativo di azione ("... self-determination is not one mere phrase. It is an imperative principle of action which statesmen will henceforth ignore at their peril...", in A History of the Peace Conference of Paris, IV, The terms and principles of the armistice agreement, Londra 1920-24, p. 397). Così, il principio di autodecisione fu adottato negli accordi che precedettero la conclusione dell'armistizio, come uno dei criterî fondamentali da seguirsi nella preparazione dei trattati di pace; e questo fu accettato anche dalla Germania (confrontare A History of-the Peace, ecc., III, p. 369 segg.). Nonostante, però, il lento elaborarsi del principio, la sua fisionomia politico-giuridica non appare ancora ben definita e non è pacifico se, rispetto al principio di nazionalità, debba considerarsi quello di autodecisione come un elemento complementare o un corollario, oppure, nonostante le affinità reciproche, come un principio a sé stante e in antitesi al primo.
Ritengono, infatti, i sostenitori di questa seconda ipotesi (cfr. Fauchille, Traité, 8ª ediz., I, Parigi 1923, 1, p. 11), che il principio dell'autodecisione sia da contrapporsi al principio di nazionalità, e che esso vada inteso a sé, come un diritto inderogabile spettante ai popoli di determinare la propria sorte anche in contrasto con le loro stesse caratteristiche nazionali. Questa concezione trova la sua ragione d'essere, quando si parta dai presupposti della teoria obbiettiva della nazionalità, sostenuta dalla scuola tedesca, che è giunta a limitare gli elementi della nazionalità alla razza e alla lingua, considerando già questo secondo fattore come meno importante, e ritenendo, poi, la volontà delle popolazioni come un elemento del tutto estraneo e inidoneo a determinare il concetto di nazione. Merita, tuttavia, rilevare che a risultati quasi simili si arriva per ragioni opposte, anche partendo dai principî della dottrina subbiettiva francese, il cui contenuto appare così efficacemente sintetizzato nella nota frase del Renan: "La nazione è un plebiscito di tutti i giorni". Per questa dottrina, la nazionalità, formata da elementi subbiettivi, s'identifica di fatto col principio dell'autodecisione, e l'importanza di questo è così preponderante, che può giungere a trascurare completamente e ad essere in contrasto con quegli stessi elementi obbiettivi, razza e lingua, che costituiscono invece per la scuola tedesca gli unici fattori essenziali atti a distinguere la nazione.
Comunque, il costruire come teoria a sé stante il principio di autodecisione, risulti esso in antitesi al principio di nazionalità, secondo la scuola tedesca, oppure s'identifichi di fatto con questo, secondo la teoria subbiettiva francese, rende tale principio pericoloso alla stessa comunità che se ne serve; e, a questo riguardo, lord Curzon, nella Conferenza di Losanna del 1923, durante le trattative di pace con la Turchia, non ha esitato a rilevare che "il diritto per i popoli di disporre di sé stessi costituisce un'arma a doppio taglio, il cui uso va autorizzato con precauzione".
Secondo, invece, l'ipotesi che considera il principio di autodecisione come interdipendente da quello di nazionalità, tale principio va inteso come un mezzo per addivenire all'applicazione pratica del secondo; e ci si riannoda così alla teoria mista della nazionalità, del Mancini e della sua scuola. Per questa, infatti, il principio di autodecisione va considerato in funzione subordinata a quello di nazionalità, del quale è destinato a fornire la prova: nel momento storico di ogni mutamento territoriale il suffragio non è che prova estrinseca e torna utile, anzi indispensabile, per i casi di nazionalità dubbia, non perché dipenda dalla volontà l'appartenere ad una piuttosto che ad altra nazione, ma perché tra gli elementi che obbiettivamente costituiscono una nazionalità è precipuo quello della coscienza che le popolazioni conservano della propria vita e complessione nazionale (cfr. P. S. Mancini, La nazionalità come fondamento al trattato del Diritto delle Genti, Torino 1851).
Del resto, che il principio di autodecisione vada considerato in funzione e non in contrasto col principio di nazionalità, appare anche dall'atteggiamento del Wilson, cui, invece, i sostenitori dell'altra interpretazione cercano spesso di riportarsi. Invero, l'affermazione solenne fatta dal Wilson al Congresso americano l'11 febbraio 1918 sta a dimostrare tutta l'importanza del principio, ma non giustifica un'illazione di antitesi a quello di nazione, oppure l'attribuzione alla semplice espressione di volontà del popolo di un valore assoluto e decisivo. Nei varî messaggi lo stesso Wilson tratta dapprima delle sistemazioni nazionali e delle caratteristiche delle nazionalità e, quindi, fa riferimento all'autodecisione quasi a indicare la procedura da seguirsi nei casi dubbî. E, prima del Wilson, in questo senso si pronunciò sull'autodecisione anche il Lloyd George a Glasgow, il 19 giugno 1917, e alla Camera dei Comuni il giorno successivo (cfr. A History of the Peace, ecc., parte II, p. 227).
Come attuazione pratica, limitandoci al periodo più recente, il principio dell'autodecisione fu applicato negli articoli 34 (Eupen e Malmédy), 49 e all., cap. III (Sarre), 88 e all. (Alta Slesia), 95, 97 (Prussia Orientale), 109 (Schleswig), del trattato di Versailles; e negli articoli 49-50 (Klagenfurt), del trattato di San Germano.
Naturalmente, prima di addivenire all'inclusione di queste disposizioni nei trattati, le discussioni in seno alla Conferenza per la pace furono lunghe e laboriose, e non si può certo negare che il principio abbia avuto spesso modificazioni e limitazioni profonde.
Circa il modo di attuazione del principio, va notato che il plebiscito, al quale si è fatto generalmente ricorso, costituisce una delle forme di consultazione della volontà del popolo, non l'unica, e che molto dipende, al riguardo, dalle circostanze contingenti di tempo e di luogo. Così, durante la procedura seguita dalla Società delle Nazioni per determinare la frontiera fra l'‛Irāq e la Turchia, la commissione speciale, recatasi sul posto nei primi mesi del 1925, ha proceduto fra l'altro ad una rigorosa inchiesta segreta per stabilire quale fosse la volontà delle popolazioni della zona discussa, interrogando separatamente i capi e gli anziani dei varî villaggi, all'infuori di ogni possibile controllo delle autorità turche o dell'‛Irāq, e questo sistema ha dato risultati attendibili molto apprezzati, mentre, a parere unanime della Commissione, per le specialissime condizioni di ambiente, non avrebbe dato risultati pratici un plebiscito condotto nelle forme consuetudinarie.
Si crede di poter concludere che il principio di autodecisione inteso non come principio assoluto a sé stante, ma come elemento integratore e come mezzo di scelta e di decisione nei casi dubbî, per determinare le sorti politiche della popolazione di un dato territorio - quando, beninteso, non esistano specialissime ragioni d'interesse superiore che richiedano una determinata soluzione, come, per esempio, per certe zone di frontiera - ha reso e può rendere inapprezzabili servigi alle cause dei popoli. Esso, saggiamente usato, può essere pure prezioso strumento di una giusta pace.
Bibl.: D. Anzilotti, Corso di Diritto Internazionale, Roma 1928; W. Calker, Völksabstimmung bei Gebietsveränderungen, Jena 1920; P. Fauchille, Traité de droit international public, Parigi 1923-1926; E. Giraud, Le droit des nationalités, sa valeur, son application, Parigi 1924; H. Hauser, Le principe des nationalités, les origines historiques, Parigi 1916; A History of the Peace Conference of Paris, edited by H. W. V. Temperley, published under the auspices of the British Institute of International affairs, Londra 1920-24; R. Johannet, Le principe des nationalités, Parigi 1923; R. Laun, Nationalitätenfrage einschliesslich des Minderheitsrechts, in Wörterbuch des Völkerrechts di K. Strupp, II; L. Le Fur, Races, Nationalités, États, Parigi 1922; C. Lipartiti, La prassi dei plebisciti nelle sistemazioni territoriali seguite alla guerra europea, 1926; P. S. Mancini, Il principio di nazionalità, Roma 1920; E. Manni, Il problema delle nazionalità, Modena 1928; N. Politis, Les nouvelles tendances du droit international, Parigi 1926; E. Renan, Qu'est-ce qu'une Nation?, in Discours et conférences, Parigi 1887, pp. 277-310; W. Wilson, Messages, discours, documents diplomatiques relatifs à la guerre mondiale, trad. D. Roustan, Parigi 1919; id., L'État: éléments d'histoire et de pratique politique, trad. I. Wilhelm, Parigi 1902.