AUTISMO
Aspetti neurologici e diagnostici. La ricerca. Bibliografia.
Il termine autismo si riferisce a una sindrome caratterizzata da uno sviluppo anomalo o deficitario dell’integrazione socio-relazionale che si manifesta in età pediatrica. Usato per la prima volta nel 1911 dallo psichiatra svizzero Eugen Bleuler per descrivere un gruppo di sintomi osservati in alcuni pazienti affetti da schizofrenia, solo nel 1943 il termine è arrivato a definire una sindrome distinta. Infatti, con lo psichiatra Leo Kanner l’a. si applica a bambini che sembrano preferire l’isolamento all’interazione sociale, mostrando totale indifferenza per le altre persone, evitando il contatto oculare e con incapacità di gioco simbolico. Nel 2015 il termine autismo è spesso sostituito da disturbi dello spettro autistico (ASD, Autism Spectrum Disorders), a indicare un gruppo di sindromi a eziologia eterogenea caratterizzate da deficit nell’interazione sociale e nella comunicazione verbale, accompagnati a comportamenti e interessi ripetitivi e stereotipati. Spesso i bambini affetti da ASD presentano un ritardo mentale di vario grado e sviluppano crisi epilettiche.
Aspetti neurologici e diagnostici. – Mentre in passato gli ASD erano considerati parte di un gruppo più vasto di sindromi noto come disturbi pervasivi dello sviluppo, oggi tutti questi disordini rientrano nella definizione di ASD. Il termine pervasivo si riferisce al fatto che negli individui affetti da ASD si osserva un deficit che interessa numerosi aspetti cognitivi e comportamentali, con sintomi che emergono progressivamente durante l’infanzia, quindi nel corso dello sviluppo. Gli ASD sono considerati patologie non curabili, come indicato dall’American Academy of pediatrics: «Gli ASD, come altre malattie che interessano lo sviluppo del sistema nervoso, sono in generale non ‘curabili’» (Myers, Johnson 2007). La recente letteratura scientifica sta però mettendo in dubbio questa affermazione indicando che in alcuni casi, per ora limitati, tali disturbi possono essere trattati e addirittura curati in modelli sperimentali animali (Guy, Gan, Selfridge et al. 2007; Baudouin, Gaudias, Gerharz et al. 2012; Novarino, El-Fishawy, Kayserili et al. 2012).
Nonostante il grande interesse che questa patologia suscita sia tra il grande pubblico sia tra la comunità scientifica, l’a. rimane difficile da diagnosticare per l’assenza di osservazioni cliniche comuni e di marcatori biologici specifici (Voineagu, Yoo 2013). Spesso sono i genitori a notare anomalie nelle modalità di comportamento dei loro bambini, le quali risultano ripetitive e stereotipate e molte volte sono associate a incapacità di contatto oculare e a uso insolito delle mani. La diagnosi può richiedere la somministrazione di test specifici e i criteri diagnostici utilizzati sono descritti nel Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali (American psychiatric association 2013). Altri test come il Childhood autism rating scale (CARS) possono essere impiegati per determinare la severità della patologia. Attualmente grandi risorse sono investite allo scopo di identificare possibili marcatori biologici specifici (al momento inesistenti) per diagnosticare questa malattia. Alcune indicazioni possono essere tratte soltanto dalla misura della circonferenza della testa e dalla risonanza magnetica funzionale (RMF), ma l’assenza di indicatori specifici rende la diagnosi di a. in generale molto complicata. Come conseguenza i disturbi dello spettro autistico sono spesso diagnosticati in ritardo (Daniels, Mandell 2013).
Benché le difficoltà diagnostiche permangano, i casi di a. sono costantemente in aumento. Negli anni Ottanta del 20° sec. circa 1 bambino su 2000 riceveva una diagnosi di a., ma uno studio del 2008 (Center for disease control and prevention, Prevalence of autism spectrum disorders. Autismand developmental disabilities monitoring network, 14 sites,United States, 2008, «Morbidity and mortality weekly report», 2012, 61, SS03, pp. 1-19) condotto negli Stati Uniti indica, invece, che i disturbi dello spettro autistico interessano 1 bambino su 88, con un’incidenza da 4 a 6 volte maggiore nei maschi rispetto alle femmine. Una casistica simile è stata riportata anche in Europa e in Italia. La ragione di questo aumento progressivo è oggetto di un’accesa discussione tesa a individuarne le cause. Mentre per alcuni autori l’incremento osservato è da imputare ai cambiamenti delle condizioni ambientali e sociali, per altri è legato invece esclusivamente a una maggiore consapevolezza del problema e a una migliore capacità diagnostica. E infatti, per molti bambini ora considerati autistici, soltanto dieci anni fa sarebbe stata formulata una diagnosi di ritardo mentale.
La ricerca. – La comunità scientifica è attualmente impegnata nella difficile ricerca delle cause dell’autismo. Infatti, mentre è noto che gli ASD sono determinati da anomalie dello sviluppo e delle funzioni cerebrali, i fattori che causano tali anomalie sono in gran parte sconosciuti. Inoltre, ciascun fattore individuato come causa di ASD spiega in realtà solo una piccola percentuale di tutti i casi di a. noti. Infatti, una delle sfide maggiori nel comprendere le basi di questa patologia sembra essere quella di doversi confrontare con la grande eterogeneità caratteristica di questo gruppo di disordini. Sebbene già nel 1943 Kanner avesse suggerito l’ipotesi di una patologia congenita, sono stati necessari quasi quarant’anni per confermare questa ipotesi. Molti studi effettuati su intere famiglie e in particolare sui gemelli hanno dimostrato chiaramente come lo sviluppo di questo disturbo abbia una significativa componente genetica e i dati presenti in letteratura indicano come l’architettura genetica degli ASD sia molto complessa (Willsey, State 2015). Infatti, nello sviluppo di tale patologia sono implicate anomalie cromosomiche, varianti del numero di copie geniche, mutazioni recessive, rare mutazioni de novo e rare combinazioni di varianti alleliche comuni (Heil, Schaaf 2013). Nonostante il numero di studi atti a identificare le basi genetiche degli ASD sia aumentato esponenzialmente negli ultimi anni, soltanto il 25% dei casi diagnosticati possiede geni indicati come fattori di rischio (Huguet, Ey, Bourgeron 2013).
Altre importanti aree di ricerca sono quelle indirizzate a individuare correlazioni tra fattori genetici e ambientali. Per es., molti studi sono concentrati attualmente sull’analisi della possibile relazione tra composizione della flora batterica intestinale e disordini dello sviluppo cerebrale come quello autistico (per es., Hsiao, McBride, Hsien et al. 2013). In passato alcuni autori hanno indicato le vaccinazioni come possibili cause dell’incremento di casi di a. registrati negli anni. Questi dati, pubblicati in un articolo scientifico sulla rivista «The lancet» (Wakefield, Murch, Anthony et al.,Ileal-lymphoid-nodular hyperplasia, non-specific colitis, andpervasive developmental disorder in children, 1998, 351, 9103, pp. 637-41), hanno inizialmente suscitato grande sconcerto, ma la loro importanza è stata ridimensionata perché sono risultati falsi. Successivi studi hanno dimostrato che, sebbene in alcune rare circostanze le vaccinazioni possano determinare disordini neurologici, la correlazione tra a. e vaccinazioni è da escludere completamente.
Data l’elevata incidenza degli ASD nella popolazione e la conseguente attenzione da parte del grande pubblico, sono state create diverse associazioni e fondazioni, come l’Autism speaks e la Simons foundation negli Stati Uniti e l’Associazione nazionale genitori soggetti autistici (ANGSA) in Italia. Queste associazioni, oltre a essere importanti piattaforme per le famiglie che intendono avere informazioni riguardanti questo gruppo di disordini, stanno anche raccogliendo un gran numero di campioni dai soggetti autistici e dalle loro famiglie. Sebbene queste raccolte di dati non consentano ancora di poter dare risposte terapeutiche specifiche per singoli casi, stanno però fornendo un notevole impulso alla ricerca nel settore, così contribuendo alla definizione di nuove potenziali strategie terapeutiche.
Bibliografia: J. Guy, J. Gan, J. Selfridge et al., Reversal of neurological defects in a mouse model of Rett syndrome, «Science», 2007, 315, 5815, pp. 1143-47; S.M. Myers, C.P. Johnson, Man agement of children with autism spectrum disorders, «Pediatrics», 2007, 120, 5, pp. 1162-82; S.J. Baudouin, J. Gaudias, S. Gerharz et al., Shared synaptic pathophysiology in syndromic and nonsyndromic rodent models of autism, «Science», 2012, 338, 6103, pp. 128-32; G. Novarino, P. El-Fishawy, H. Kayserili et al., Mutations in BCKD-kinase lead to a potentially treatable form of autism with epilepsy, «Science», 2012, 338, 6105, pp. 394-97; American psychiatric association, Diagnostic and statistical manual of mental disorders, Washington D.C. 20135; A.M. Daniels, D.S. Mandell, Explaining differences in age at autism spectrum disorder diagnosis: a critical review, «Autism», 2013, 18, 5, pp. 583-97; K.M. Heil, C.P. Schaaf, The genetics of autism spectrum disorders: a guide for clinicians, «Current psychiatry reports», 2013, 15, 1, p. 334; E.Y. Hsiao, S.W. McBride, S. Hsien et al., Microbiota modulate behavioral and physiological abnormalities associated with neurodevelopmental disorders, «Cell», 2013, 155, 7, pp. 1451-63; G. Huguet, E. Ey, T. Bourgeron, The genetic landscapes of autism spectrum disorders, «Annual review of genomics and human genetics», 2013, 14, pp. 191-213; I. Voineagu, H.J. Yoo, Current progress and challenges in the search for autism biomarkers, «Disease markers», 2013, 35, 1, pp. 55-65; A.J. Willsey, M.W. State, Autism spectrum disorders: from genes to neurobiology, «Current opinion in neurobiology», 2015, 30, pp. 92-99.