MORANI, Aurelio
MORANI, Aurelio (Eurialo da Ascoli). – Nacque ad Ascoli in data ignota, collocata da Fabiani (1959, II, p. 11) tra il 1485 e il 1490 sulla scorta di un rogito del notaio ascolano Francesco De Simone risalente al 1505, nel quale Morani viene menzionato insieme con il fratello Ippolito e la madre Camilla: nell’atto risulta maggiore di 14 anni e minore di 25. Il nome del padre, che alla data doveva essere già morto, è ignoto.
Nonostante la famiglia costituisse un ramo della stirpe nobile dei Guiderocchi (o della Rocca), non risulta che le condizioni economiche fossero floride, stando a quanto si coglie dagli scritti di Morani di contenuto autobiografico. Si formò probabilmente nella città natale, nella quale non mancavano figure di rilievo di umanisti, ma fu forse proprio la scarsezza di mezzi a spingerlo ad allontanarsi in cerca di fortuna. Negli anni 1516-1517 è documentata la sua presenza a Siena, ospite di Claudio Tolomei. Qui pubblicò nel 1517 (nel colophon è la data del 12 febbraio), per i torchi di Simone Nardi, la sua prima opera nota: Euriali Morani Asculani epigrammatum libri duo (nelle stampe successive rinunciò sempre al nome di famiglia, optando per lo pseudonimo Eurialo d’Ascoli).
Dall’opera, preceduta da una dedica in versi a Francesco Sozini, emerge una robusta cultura umanistica, contemplante anche la conoscenza del greco, se nella prefatoria Tolomei, lodato in più epigrammi, così si esprime sulla perizia di Morani nelle lettere classiche: «Nam cum grece latineque doctissimus varia scriptorum genera legerit». In fondo al volume si leggono i componimenti elogiativi degli accademici Intronati Francesco Arsilli e Bartolomeo Vannozzi: quest’ultimo, menzionato da Morani in alcuni epigrammi, indica enfaticamente in Morani la decima musa. Ben nove componimenti della raccolta tessono le lodi di un dipinto di Giovanni Antonio Bazzi detto il Sodoma, da identificarsi con il Suicidio di Lucrezia, ora conservato nel Museo di belle arti di Budapest: è questo il primo esempio di composizioni poetiche su opere d’arte, nelle quali Morani si cimenterà anche in seguito. Nello stesso 1517 un epigramma di Morani (Ardebam auricomi sentire oracula Phoebi) fu premesso al volgarizzamento del Secretum di Petrarca di Francesco Orlandini, pubblicato a Siena sempre presso Simone Nardi.
Nel 1524 Morani dimorava a Roma, in amicizia con artisti come Giulio Romano e Benvenuto Cellini. Quest’ultimo nella Vita (I, cap. XXX) testimonia le sue spiccate doti di improvvisatore. Al 1530, secondo una recente rilettura di documenti in passato assegnati al 1541 (Latini 1993), risale una missione diplomatica su incarico della città di Ascoli.
Gli Anziani del governo lo inviarono a Bologna, in occasione dell’incontro tra Carlo V e Clemente VII, per pronunciare una «memoria », ossia un’orazione, con l’obiettivo di ottenere la conferma dell’esenzione dal flagellum (una sorta di dazio sui panni) e la restituzione del feudo di Colonnella, usurpato alla città di Ascoli dal capitano spagnolo Benedetto Rosales grazie alla protezione del viceré di Napoli Filiberto di Chalon principe d’Orange (Latini, 1993, p. 157). Il diploma di Carlo V, risalente al 15 febbraio 1530, diede una risposta positiva alle richieste, in particolare in merito alla questione relativa a Colonnella, anche se di fatto la restituzione non avvenne e anzi nel 1535 Carlo V diede l’investitura del feudo a Rosales.
Al 1533 risale la canzone In morte dell’Ariosto Signor, spietata morte hogi n’ha tolto, pubblicata nella ristampa, oggi rarissima, della Vita disperata, Venezia, B. Bindoni, 1543, cc. DIv-DIIIv; tuttavia il componimento, il cui incipit è Ercol, spietata morte oggi ne ha tolto, risulta attribuito a Gian Matteo Faetani in un manoscritto cinquecentesco, dal quale, senza dare indicazioni precise, lo stampò Giovan Battista Vermiglioli (in Giornale arcadico, XII [1821], pp. 243-247; poi Id., Opuscoli, III, Perugia 1826, pp. 75-79). Allo stesso 1533 risale forse una missione di Morani presso Benedetto Accolti, legato della Marca di Ancona, il cui governo aveva suscitato forte ostilità nella cittadinanza: Morani fu inviato dal cardinale Alessandro Farnese per esortarlo a una condotta più prudente. Nel 1534 era di nuovo lontano da Ascoli. Al medesimo anno risale la menzione del poeta da parte di Aretino nella Cortigiana (a. III, sc. 7). Nel 1535, l’anno della campagna di Carlo V contro Tunisi, cade probabilmente la composizione delle 39 Stanze indirizzate all’invittissimo Carlo V sempre augusto e delle 83 ottave Sopra l’impresa de l’aquila, sebbene un’altra datazione le collochi dopo il 1539 (Baldoncini, 1981, p. 40). Nel 1535 Morani avrebbe addirittura recitato i suoi versi in presenza dell’imperatore, che dopo la vittoriosa impresa africana si trattenne in alcune città italiane (Latini, 1993, p. 149). In occasione della declamazione dei versi, stando alle note manoscritte di Paolo Antonio Appiani recuperate da Giovan Mario Crescimbeni, ricevette in dono dall’imperatore una collana d’oro. Dopo essere stato estratto nel 1536 tra gli Anziani del governo di Ascoli, ricoprì la carica a partire dal 1° gennaio 1537. L’anno dopo fu nominato vicario di Mozzano sul Tronto. Si manteneva intensa nel frattempo l’attività letteraria: risalgono a questo periodo le Stanze in laude del giostrar di re Francisco e la stampa della Vita disperata (Roma, V. e L. Dorico, 1538), opera dall’immediato successo, che consacrò la fama poetica dell’autore, come confermato anche dal giudizio del cavalier Rosso, buffone del cardinale Alessandro Farnese, in una lettera al porporato del gennaio 1539 (Lettere facete et piacevoli, I, Venezia 1601, p. 384).
La Vita disperata si compone di 65 ottave che «nella loro esacerbata desolazione sfuggono al controllo degli schemi usuali e di codice della esperienza lirica del secolo XVI» (Baldoncini, 1981, p. 42). In effetti, i versi si distinguono per un’impronta personale molto marcata. Percorse da toni foschi e infernali, le ottave insistono sul motivo della disperazione e della dannazione, in una sorta di continuo inabissamento, descritto sullo sfondo di una fitta teratologia classica. L’opera presenta una serie di trovate iperboliche, lugubri e cruente, che esulano dalla cifra petrarchesca dominante nel linguaggio poetico contemporaneo ed emergono per una originale resa poetica.
La popolarità di Morani è confermata dalla menzione nella prima parte del Ragionamento de le corti (Venezia 1538) di Aretino, dove gli viene attribuito un motto scherzoso. Nel 1539 era a Roma, dove stampò per Valerio e Luigi Dorico le Stanze di varii soggetti, con dedica al cardinale Farnese, e le Stanze sopra le statue di Laocoonte, di Venere et d’Apollo.
All’interno delle Stanze di varii soggetti si leggono numerosi componimenti: oltre alla Vita disperata, le Stanze d’un cavalliere, che portava il fiore di hiacinto per impresa, le Stanze sopra quelle due parole di Virgilio ridotte in proverbio Fuimus Troes, le Stanze in laude del canto, e del suono d’una donna, le Stanze in laude di Giulia (forse la stessa già cantata negli Epigrammata), le Stanze in laude del parlare, et dello ingegno d’una donna e le Stanze d’un huomo per gran dolor divenuto selvaggio, queste ultime accostabili alla Vita disperata per i toni fortemente cupi e petrarchismo intriso di asperitas che le contraddistinguono. I versi delle Stanze sopra le statue – dedicati al comandante delle forze spagnole in Italia Alfonso d’Avalos («ricordandovi, che dopo il gran Carlo Quinto, sete l’altro scudo, et il secondo specchio de la vera Religione », c. [A]3r) – rappresentano un evidente prodotto occasionale, composto per l’esposizione del gruppo scultoreo del Laocoonte (al quale Morani aveva già dedicato un epigramma, Pro imagine Laocoontis), e delle statue della Venere e dell’Apollo faretrato in Vaticano. Sulla prima scultura Morani si sofferma per 210 estenuanti stanze, mentra sulla seconda per 73 e sulla terza per sole 21.
In questo momento Morani ampliò la cerchia delle conoscenze, stringendo amicizia con scrittori del calibro di Annibal Caro, Agnolo Firenzuola e Francesco Maria Molza. Una testimonianza viene fornita da Paolo Giovio in una lettera al cardinale Farnese del 16 ottobre 1539, dalla sua villa sul lago di Como: «Ne arà dato buona informazione el cavaler Rosso, flagello de’ magri buffoni, qual è stato qua col citaredo Eurialo» (in Lettere, I, 1956, p. 222). Priva di riscontri documentali è la notizia (Debenedetti, 1902, p. 6), secondo la quale nel 1541 Morani si sarebbe trovato nella città natale e sarebbe stato inviato a Roma in qualità di ambasciatore, così come errata è la data di morte del 1542, in un naufragio avvenuto durante un viaggio verso l’Inghilterra (Andreantonelli, 1673, p. 156; Marcucci, 1766, p. CCCLXXX). Invece, il 23 luglio 1542 Aretino, in una lettera a Giambattista Coriolano, scrive: «intanto basciatemi Aurialo d’Ascoli, nostro fratello e giocondo spirito de la piacevolezza » (Lettere, II, p. 413). Nel dicembre 1544 Morani è menzionato in una lettera di Caro (I, 1957, p. 327); nel marzo 1552, ancora l’Aretino parla di lui (Lettere, VI, 2002, p. 114) e l’anno successivo di nuovo Caro in una missiva da Roma del 24 giugno a Caterina Bailetta, che allora si trovava a Bruxelles (II, 1959, p. 142).
Nel frattempo proseguiva intensa l’attività letteraria: nel 1550 vide la luce in Germania Il sacrificio del vero amante (Augusta, M. Kriegstein), nel 1554 a Roma, per i tipi di Antonio Blado, uscirono le Stanze del valoroso, et leggiadro cavalcare in caccia di Madama Margherita d’Austria, precedute da una calorosa dedicatoria alla signora Ersilia Cortesi Del Monte, nipote di papa Giulio III, la quale doveva allora proteggere Morani. Le 98 Stanze si dilungano in un elogio di Margherita d’Austria, «quarta Gratia» (c. DIIr), descritta nelle varie azioni venatorie secondo le consuete similitudini di stampo mitologico, intessute di richiami classici e biblici, non senza evidenti tracce petrarchesche.
Nel giugno del 1554 Morani è citato in un documento rogato ad Ascoli per l’affitto della casa paterna (Fabiani, II, 1959, p. 11). È questa l’ultima notizia che si possede su di lui; poco dopo va collocata la morte.
A brevissima distanza Anton Francesco Doni contribuì a consolidarne la fama letteraria, includendolo nella sua Libraria (Seconda Libraria, Venezia 1555, p. 72; La Libraria, ibid. 1557): oltre alla Vita disperata, ricorda anche un Dialogo di Tantalo e di un poeta e una non meglio specificata Consolazione de’ buoni, dei quali non si hanno altre notizie. Morani non si distinse esclusivamente come rimatore. Girolamo Ruscelli parla di lui come esperto autore di imprese: con alcuni emblemi di sua invenzione sarebbe stato impreziosito un codice delle Rime di Petrarca non identificato, che per un periodo sarebbe stato posseduto da un suo parente, Tito Guiderocchi (G. Ruscelli, Discorso intorno all’inventioni dell’imprese..., Venezia 1556, p. 234; Andreantonelli, 1673, p. 155). La produzione lirica è ancora in larga parte affidata a stampe antiche e, in alcuni casi, a manoscritti, aspetto che forse ha pregiudicato la conoscenza del poeta presso gli studiosi e i critici. L’opera a cui è legato il suo nome è la Vita disperata, che, dopo la princeps del 1538 e le ristampe del 1539 e del 1543, fu compresa ne La seconda parte delle stanze di diversi autori (a cura di Lodovico Dolce, Venezia, G. Giolito, 1563, pp. 278-296, più volte ristampata); l’unica edizione moderna, fondata sulla princeps, è quella a cura di S. Baldoncini (sprovvista di commento) che si legge in Per vaghezza d’alloro, cit., pp. 57-80. Degli Epigrammata è noto un manoscritto conservato presso la Biblioteca comunale di Perugia (Mss., 438 [G.27], cc. 10r-57r). Sono tramandati manoscritte poesie latine (Firenze, Biblioteca Medicea Laurenziana, Acquisti e doni, 81, c. 2v; Città del Vaticano, Biblioteca apostolica, Vat. Lat. 6250); le Stanze in laude del giostrar di re Francisco (Vat. Reg. lat., 1601, f. 7; Linz, Bundesstaatliche Studienbibliothek, 29 [= 89], cc. 1r-23r); le Stanze sorra [sic] l’impresa de l’aquila (con le miniature di Giulio Clovio Vienna, Nationalbibliothek, Mss. Ital., 2660 [Nov. 384]); le Stanze in laude de l’infanta Maria d’Austria regina di Boemia e figlia di Carlo quinto sempre Augusto (ibid., 2663 [Philol. 407]). Tra i Carmina illustrium poëtarum Italorum, I, Firenze 1719, p. 488, si legge a nome di Morani l’epigramma Grata soporiferis cantu Philomela sub umbris, che però è assegnato anche a Théodore-Agrippa d’Aubigné (Pages inedites de Théodore-Agrippa d’Aubigné, a cura di P.-P. Plan, Genève 1945, p. 124); mentre negli Epigrammata et poemata vetera, Parigi 1590, p. 159, e nella Anthologia veterum Latinorum epigrammatum et poematum, a cura di P. Burmann, I, Amsterdam 1759, pp. 446 s. (poi nell’edizione a cura di H. Meyer, II, Lipsiae 1835, p. 185) gli viene attribuito in maniera dubbia il carme Chaoniam legitis natam Iovis arbore glandem. Il sacrificio del vero amante conobbe una versione in francese («Le sacrifice de Misser Eurialo d’Ascoli traduit de l’italien en françois»), conservata a Besançon, Bibliothèque municipale, Mss., 542, cc. 185r-186r. Una lettera di Morani, senza data, al cardinale di Sant’Angelo, cioè Ranuccio Farnese, è a stampa in Delle lettere facete, et piacevoli di diversi grandi huomini, et chiari ingegni, libro secondo, Venezia, A. Manuzio il Giovane, 1575, pp. 334- 336, e manoscritta a Milano, Biblioteca Ambrosiana, Mss., E. 32 inf. 69, c. 114r-v.
Fonti e Bibl.: P. Giovio, Lettere, a cura di G.G. Ferrero, II, Roma 1956, p. 222; A. Caro, Lettere familiari, a cura di A. Greco, I, Firenze 1957, p. 327; II, ibid. 1959, p. 142; P. Aretino, Ragionamento de le corti, a cura di F. Pevere, Milano 1995, p. 67; Id., Lettere, a cura di P. Procaccioli, II, Roma 1998, p. 413; VI, ibid. 2002, p. 114; S. Andreantonelli, Historiae Asculanae libri IV..., Padova 1673, pp. 155 s.; G.M. Crescimbeni, Dell’istoria della volgar poesia, V, Venezia 1730, p. 92; G.M. Mazzuchelli, Gli scrittori d’Italia..., I, 2, Brescia 1753, pp. 1157 s.; [F.A. Marcucci], Saggio delle cose ascolane e de’ vescovi di Ascoli nel Piceno... pubblicato da un abate ascolano, Teramo 1766, pp. CCCLXXIX s.; Biblioteca picena o sia Notizie istoriche delle opere e degli scrittori piceni, IV, Osimo 1795, pp. 47 s.; G. Cantalamessa Carboni, Memorie intorno i letterati e gli artisti della città di Ascoli nel Piceno, Ascoli 1830, pp. 140-145; E. Luzi, Iscrizioni elogistiche su gli artisti e letterati ascolani, Urbino 1871, ad ind.; C. Antonelli, Di alcune stanze di Eurialo d’Ascoli, in Fornarina, I (1882), 2, pp. 14 s.; E. Nardini, De’ versi di Eurialo M., in Il Progresso, XXXI (1882), pp. 33-36; C. Lozzi, recens. a G. Gabrielli, Ascoli Piceno nel 1882. Guida delle città e dintorni, Ascoli Piceno 1882, in Il Bibliofilo, IV (1883), p. 136; C. Cesari, I poemetti di Eurialo d’Ascoli sull’imperatore Carlo V, in Il Piceno, 5 gennaio 1902; E. Debenedetti, Notizie sulla vita e sugli scritti di E. M. da Ascoli, in Giornale storico della letteratura italiana, XXXIX (1902), pp. 1-31; C. Lozzi, Eurialo d’Ascoli e il codice ritrovato de’ suoi poemetti, in La Bibliofilía, IV (1902-03), pp. 235- 241; Id., Ancora d’Eurialo d’Ascoli, ibid., V (1903- 04), pp. 225 s.; R.H. Hobart Cust, Giovanni Antonio Bazzi hiterto usually styled «Sodoma». The man and the painter 1477-1549, London 1906, pp. 153 s.; C. Lozzi, Saggio di cimeli marchegiani, in La Bibliofilía, IX (1907-08), pp. 44-46; C. Cesari, L’impresa de l’aquila di Eurialo d’Ascoli, Ascoli Piceno 1912; L. von Pastor, Storia dei papi, V, Roma 1914, p. 692; H.J. Hermann, Die Handschriften und Inkunabeln der italienischen Renaissance, III, Mittelitalien: Toskana, Umbrien, Rom, Leipzig 1932, pp. 176-182; J.G. Fucilla, A rhetorical Pattern in Renaissance and Baroque Poetry, in Studies in the Renaissance, III (1956), pp. 27 s.; G. Fatini, Bibliografia della critica ariostea (1510-1956), Firenze 1958, p. 188; G. Fabiani, Ascoli nel Cinquecento, Ascoli Piceno 1959, I, p. 303; II, pp. 7-11; S. Woodford, The woman of Sestos: a plinian theme in the Renaissance, in Journal of the Warburg and Courtauld Institutes, XXVIII (1965), pp. 343, 346; E. Rosenthal, Plus ultra, non plus ultra, and the columnar device of Emperor Charles V, ibid., XXXIV (1971), pp. 215 s.; S. Baldoncini, «Prendi pur maraviglia o buon Plutarco» (Nota alla «Vita disperata» di Eurialo d’Ascoli), in Quaderni di filologia e lingue romanze, II (1980), pp. 387-396; Id., Per vaghezza d’alloro. Olimpo da Sassoferrato, Eurialo d’Ascoli e altri studi, Roma 1981, pp. 39-54; Id., Letteratura delle regioni d’Italia. Storia e testi. Marche, Brescia 1988, pp. 20, 22-25, 111-114; C. Latini, Prime note su Eurialo d’Ascoli, poeta ambasciatore alla corte di Carlo V, in Atti e memorie. Deputazione di storia patria per le Marche, XCVIII (1993), pp. 145-167; R. Bartalini, Le occasioni del Sodoma. Dalla Milano di Leonardo alla Roma di Raffaello, Roma 1996, pp. 82 s., 137 s.; S. Deswarte-Rosa, Francisco de Holanda et le «Cortile di Belvedere», in Il Cortile delle statue. Der Statuenhof des Belvedere im Vatikan. Akten des internationalen Kongresses zu Ehren von R. Krautheimer (Rom, 21-23 Oktober 1992), a cura di M. Winner et al., Mainz 1998, pp. 394 s.; J. Kliemann, Die «Lilie der Gerechtigkeit». Über die Erfindung und Bedeutung einer Farnese-Imprese, in Gedenkschrift für Richard Harprath, a cura di W. Liebenwein - A. Tempestini, München-Berlin 1998, pp. 211- 213, 216 s.; S. Maffei, La fama di Laocoonte nei testi del Cinquecento, in S. Settis, Laocoonte. Fama e stile, Roma 1999, pp. 138-140; E. Calvillo, The Collaboration of Giulio Clovio and Eurialo d’Ascoli: The «Impresa de l’Aquila» and the Roman «Maniera», in Klovićev Zbornik - Minijatura - Crtež - Grafika 1450-1700... (Il codice di Clovio - Miniature - Disegni - Grafica...), convegno, Zagabria 1998, a cura di M. Pelc, Zagreb 2001, pp. 51-61; P. Manoni - C. Pantanella, [E. M.], in Laocoonte. Alle origini dei Musei Vaticani, Catalogo della mostra tenuta a Citta del Vaticano nel 2006- 2007, Roma 2006, pp. 158 s.; Tabulae codicum manu scriptorum praeter Graecos et Orientales in Bibliotheca Palatina Vindobonensi asservatorum, II, Vienna 1868, pp. 112 s.; Inventari dei manoscritti delle biblioteche d’Italia, V, Forlì 1895, p. 131; P.O. Kristeller, Iter Italicum, I, London- Leiden 1963, p. 100; II, ibid. 1967, pp. 56, 339, 409; III, ibid. 1983, pp. 25, 202.