LOMBARDO (Solari), Aurelio
Nacque intorno al 1501, presumibilmente a Venezia, dallo scultore Antonio e da Adriana Vairà, ed ebbe come fratelli Girolamo e Ludovico.
La data di nascita si ricava da una trascrizione settecentesca dell'epigrafe della sua perduta tomba in S. Maria del Varano a Recanati, dalla quale risulta morto sessantaduenne il 9 sett. 1563 (Calcagni); da altri documenti recanatesi risulterebbe ancora in vita due mesi dopo e, comunque, defunto entro il 5 maggio 1565 (Scultori a Loreto…, p. 9 n. 32).
Del tutto ignota è la sua formazione artistica, verosimilmente condotta in adolescenza a fianco del padre, morto a Ferrara nel 1516, dopo una decennale attività come scultore di corte. Né si possono riferire al L. alcune sculture in Treviso presentate da A. Venturi (p. 688 n. 1) come sue opere precoci.
La prima documentazione nota sul L. rimanda a Ferrara, dove è citato nel giugno 1516 nel testamento della madre, da poco vedova, e in un atto notarile non datato (già ritenuto del 1516), ma di poco successivo alla morte del padre, in cui la donna si dichiarava "tutrix" dei figli, evidentemente ancora minorenni.
Il L. è quindi registrato in città come "magister" e "sculptore" negli anni 1524, 1528 e 1529, in documenti non relativi a opere d'arte e per lo più in veste di testimone. Nel 1528, probabilmente in seguito all'epidemia di peste, il L. dettava testamento, disponendo di venire sepolto in una tomba da allestire nella chiesa di S. Maria della Rosa a Ferrara, dove già era la tomba paterna (Cittadella, pp. 195 s.).
Nulla si sa del L. per l'intero decennio seguente al 1529, durante il quale sarebbe avvenuta anche la sua vestizione religiosa nell'Ordine di S. Agostino, provata da un documento del 1555 (Scultori a Loreto…, p. 34).
Alla sua paternità artistica, in questi dieci anni di vuoto documentario, si è ipotizzato di ricondurre alcuni candelabri in bronzo nelle cattedrali di Rovigo e Ravenna (Planiscig, 1927, p. 324) e soprattutto la base bronzea all'antica del Museo archeologico di Firenze (Giannatiempo López, p. 224), già riferita da U. Middeldorf al L. e ai due fratelli, realizzata per il cosiddetto Idolino: pezzo archeologico rinvenuto a Pesaro nel 1530.
Il regesto del L. riprende il 31 dic. 1539 nei libri contabili della S. Casa di Loreto, ove è registrato da subito come "don Aurelio heremita scultor" (Grimaldi - Sordi, p. 258). Inizia così la sua attività per la basilica lauretana, attestata discontinuamente fino al 1558, in buona parte condotta insieme con i fratelli Girolamo e Ludovico, che prestarono la loro opera per la basilica anche dopo la sua morte. Il L. risulta inizialmente impegnato nella realizzazione di una statua del ciclo dei dieci profeti posti sulle nicchie del rivestimento della S. Casa. Mancando nei documenti l'indicazione per nome di ciascun profeta, la tradizione critica tende a identificare la statua alla quale il L. lavorò dal 1539 al 1542 nella figura di Geremia, che costituirebbe la prima opera documentabile di questo artista, ormai approdato ai quarant'anni, con un prestigio degno di tale commissione.
La critica ha talora supposto che la prima ideazione della figura possa spettare a Niccolò Tribolo, ammettendo anche un tardivo intervento sull'opera da parte del fratello Girolamo Lombardo. La statua rivela comunque un autore di notevoli doti tecniche e inventive, nel quale sono stati ravvisati influssi michelangioleschi e punte di originalità che sembrano risentire dell'eccentrica interpretazione del tema offerta da Niccolò Dell'Arca (Niccolò d'Antonio) nel ciclo degli evangelisti dell'arca di S. Domenico a Bologna, eseguita tra il 1469 e il 1473 (Weil Garris, pp. 92 s., 302 s., 318-321).
Un carattere più tradizionalmente "lombardesco", intenerito ai modi di Andrea Sansovino, si ritrova invece nel rilievo marmoreo a due pannelli col Padre Eterno e due angeli, ora collocato presso l'altare dell'Annunciata, ritenuto parte del disperso allestimento lapideo della cappella del Ss. Sacramento della basilica lauretana, saldato al L. nel 1542 (Scultori a Loreto…, p. 4).
Raggiunto l'anno seguente dal fratello Girolamo (responsabile da lì in poi di quasi tutti i restanti profeti della Santa Casa), il L. realizzò alcune opere in bronzo per la cappella del Ss. Sacramento: nel 1547 un lampadario a bracci e l'anno dopo una cornucopia portacero.
Giunto anche Ludovico nel 1550, i tre fratelli eseguirono un candelabro in bronzo, andato perso, mentre nel 1553 il solo L. riceveva un pagamento parziale per un fonte battesimale, che si ritiene non compiuto (Scultori a Loreto…, pp. 27 s., 33).
Verso il 1552 i tre si stabilirono a Recanati, dove aprirono una fonderia per la lavorazione del bronzo (Pauri) e dove il L. risulta nel 1555 essere stato nominato cappellano della Confraternita del Corpo di Cristo, eretta nella chiesa di S. Vito (Scultori a Loreto…, p. 34).
Il L. è ricordato nel 1554 nel primo testamento del fratello Girolamo, ove veniva richiesto che, in caso di morte, fosse lui a portare a compimento la statua del profeta Davide, iniziata dal testatore per la Santa Casa (Weil Garris, p. 94). Firmando una ricevuta per conto del fratello Girolamo, il L. faceva un'ultima e sporadica comparsa nelle carte lauretane nell'aprile 1558 (Grimaldi - Sordi, p. 268).
Il mese seguente il L. è registrato a Roma in un atto notarile ove dichiarava di avere avuto in restituzione un grande calamaio di metallo, precedentemente dato in pegno, decorato con figure di mostri marini (Bertolotti, 1885).
Al 1560 risale la fusione del monumentale tabernacolo bronzeo dell'altare maggiore del duomo di Milano, donato dal papa milanese Pio IV e firmato "Aurelius Hieronymus et Ludov(icus) fr(atr)es Lombardi Solari" (Venturi, pp. 697-705).
Inserito in seguito in un apparato a tempietto (anch'esso in bronzo, disegnato da Pellegrino Tibaldi), il tabernacolo era in realtà destinato in origine alla cappella privata nella residenza vaticana di Paolo IV, che ne aveva commissionato il progetto a Pirro Ligorio nel 1558 (Benedetti). Non ancora realizzata alla morte del committente, l'impresa venne così compiuta per iniziativa del successore, che provvide ai pagamenti al L. dal febbraio 1560 al maggio 1561 (Scultori a Loreto…, pp. 37 s.).
L'opera, che nel suo allestimento finale assume un valore paradigmatico nel contesto della disciplina riformatrice operata da Carlo Borromeo (nipote di Pio IV) nella diocesi ambrosiana, è costituita da una teca cilindrica recante nel registro inferiore una decorazione anulare a girali e una sequenza in continuum di otto scene dell'Incarnazione e della vita di Gesù, sovrastate dall'iscrizione indicante il donatore. Il registro superiore è scandito da dodici colonne doriche, sulla cui trabeazione si trovano le statuette dei dodici apostoli e, al culmine della cupola, quella del Cristo risorto.
Il tabernacolo milanese è l'ultima opera nella quale è accertato l'intervento del Lombardo.
Il L. morì con ogni probabilità a Recanati, dove Calcagni lo ricordava sepolto nella chiesa di S. Maria del Varano, il 9 sett. 1563, o entro il 5 maggio 1565 (Scultori a Loreto…, p. 9 n. 32).
Fonti e Bibl.: S. Serragli, Nuova relatione della S. Casa abbellita, Macerata 1633, pp. 85-90; D. Calcagni, Memorie istoriche della città di Recanati, Messina 1711, p. 257; G. Baruffaldi, Vite de' pittori e scultori ferraresi, a cura di G. Boschini, I, Ferrara 1844, p. 230; L.N. Cittadella, Documenti e illustrazioni riguardanti la storia artistica ferrarese, Ferrara 1868, pp. 189-201; A. Bertolotti, Artisti lombardi a Roma nei secoli XV, XVI e XVII, I, Milano 1881, p. 145; Id., Artisti bolognesi, ferraresi ed alcuni altri del già Stato pontificio in Roma nei secoli XV, XVI e XVII…, Bologna 1885, p. 76; P. Paoletti, L'architettura e la scultura del Rinascimento in Venezia, II, Venezia 1893, pp. 221, 251 s.; G. Pauri, I Lombardi Solari e la scuola recanatese di scultura, Milano 1915; L. Planiscig, Andrea Riccio, Wien 1927, p. 324; A. Venturi, Storia dell'arte italiana, X, 2, Milano 1936, pp. 683-719; U. Middeldorf, Notes on Italian bronzes, III, Girolamo, A. and Lodovico Lombardi and the base of the "Idolino", in The Burlington Magazine, LIII (1938), pp. 251-257; G. Medri, La scultura a Ferrara, Rovigo 1957, pp. 102-111; K. Weil Garris, The S. Casa di Loreto. Problems in Cinquecento sculpture, I, New York-London 1977, pp. 92-95, 302 s., 318-322, 332; S. Benedetti, Un'aggiunta a Pirro Ligorio: Il tabernacolo di Pio IV nel duomo di Milano, in Palladio, XXV (1978), 1, p. 62 n. 41; Scultori a Loreto. Fratelli Lombardi, Antonio Calcagni e Tiburzio Vergelli. Documenti, a cura di F. Grimaldi - K. Sordi, Ancona 1987, pp. 1-39; M. Giannatiempo López, I Lombardi Solari e la porta centrale di Loreto, in Le arti nelle Marche al tempo di Sisto V (catal., Ascoli), a cura di P. Dal Poggetto, Cinisello Balsamo 1992, pp. 218-231; L. Arcangeli, La scuola cinquecentesca della scultura in bronzo, in Scultura nelle Marche, a cura di P. Zampetti, Firenze 1993, pp. 361-366; F. Grimaldi - K. Sordi, L'ornamento marmoreo della S. Cappella di Loreto, Loreto 1999, ad ind.; U. Thieme - F. Becker, Künstlerlexikon, XXIII, pp. 341 s.