BERNIERI-TERRAROSSA, Aurelio
Nacque a Parma il 14 marzo 1706, unico figlio del conte Antonio Galeazzo Bernieri e della contessa Maria Maddalena Vezzani. Dopo la prima educazione familiare, entrò nel collegio S. Francesco Saverio dei nobili di Bologna, retto dallo zio Ottavio, e quindi in quello dei nobili della città natale, dove questi era stato trasferito. A Parma frequentò gli ambienti più colti e aristocratici: s'iscrisse all'Arcadia romana l'8 maggio 1739, assumendo il nome d'Iperide Foceo, e nel medesimo anno fu dei primi compastori (nel 1780 sarà vice-custode) della colonia parmense "dedotta" dal Frugoni; anche alla corte borbonica il B. si trovò presto a suo agio, da quando, nel 1732, salutò nelle sue prime ottave l'arrivo dell'infante di Spagna don Carlo.
Poco dopo il '41, però, compromesso il patrimonio avito dall'imprevidenza dei familiari, per tacitare i creditori il B. dovette vendere la sua primogenitura dotata di un fondo in Gainago e cercarsi un'occupazione stabile: laureatosi in legge il 5 luglio 1745, l'11 agosto fu aggregato al Collegio dei giureconsulti e giudici, e l'anno dopo chiese ed ottenne da Elisabetta Famese la cattedra universitaria di diritto pubblico. Fu in quelle circostanze che Antonio Terrarossa, giureconsulto e capo decurione del Comune, per premiare l'operosità del giovane decise di legare a lui per testamento le sue sostanze; da allora il B. per gratitudine associò ai propri il nome e lo stemma del benefattore.
Intensa, dopo la laurea, la sua vita pubblica, che sapeva abilmente adattarsi ai frequenti mutamenti di scena nel teatro politico italiano di quegli anni: fatto cavaliere del Comune al principio del 1745, fu inviato in missione a Milano per trattare l'aggregazione alla Lombardia austriaca; presentò poi le chiavi della città agli Imperiali, dopo il temporaneo ritiro degli Spagnoli; e nel 1749 tenne un panegirico a Filippo di Borbone accampato con l'esercito a Castelnuovo di Tortona e in procinto di prendere possesso del ducato. Avuta confermata la cattedra sin dal 1750, l'8 febbr. 1768, dopo l'espulsione dei gesuiti, fu dal duca Ferdinando nominato rappresentante della corona nel Collegio dei nobili insieme con Prospero Manara, il 13 elevato al rango di vicerettore dell'università e preside della facoltà legale e medica, e il 3 nov. 1781 di presidente dei Riformatori degli Studi.
Sposatosi a ventott'anni con la marchesa Luigia Dalla Rosa Prati (e il Frugoni per l'occasione mise insieme una raccolta di rime, sue e degli amici, stampate a Parma nel gennaio 1735), ricevuta anche la pingue eredità dei conti Colla, il B. poté fare della sua casa un centro di riunioni della società letteraria e à la page del tempo, essendo a sua volta socio, oltre che dell'Arcadia, degli Ipocondriaci di Reggio, e dal 1758 della locale Accademia di Belle Arti (della quale nel 1766 venne eletto consigliere).
Continuò così a comporre versi fino in tardissima età, mantenendo contatti personali ed epistolari con molti dei più noti uomini di cultura: il Frugoni, del quale fu amicissimo sin dalla prima giovinezza, l'Algarotti (che si ricordò di lui nel secondo e nel terzo dei Discorsi militari), il Rolli, il Quadrio, il Metastasio, il Rezzonico, il Bettinelli (che però ebbe a giudicarlo in maniera contrastante), lo Zampieri, il Vannetti, l'Amaduzzi, il Mazza, di cui ci rimane una lettera sulla sua morte, scritta, secondo l'ufficio di segretario dell'università, al ministro Ventura; e, per breve periodo, il Montesquieu.
Il B. morì a Parma il 2 agosto 1795.
Verseggiatore pedestre e cortigiano, il B. entra nelle storie letterarie più minuziose per tre tentativi, o "curiosità": fra il 1746 e il '47 concorse, col Frugoni e lo Scutellari, a formare La ciaccheide, indecente libello in sonetti (che mal ricalca le orme della piacevole Ciccede del Lazzarelli) diretto a ironizzare pesantemente una persona ben in vista della città, Orazio Mazza; nel 1780pubblicò, e fece rappresentare nel Collegio dei nobili ("protoscenico", il padre Paciaudi), la commedia Itreoboli,traduzionedel Trinummus plautino in versi minturniani, unico esempio nella nostra tradizione: sono dei penta ed ettasillabi, detti anche (ma ingiustamente secondo il Carducci) versi d'artemajor perché adoperati già con successo nella poesia castigliana del sec. XV e specialmente da Juan de Mena, che vogliono riprodurre - secondo il consiglio dato dal Minturno nell'Arte Poetica (Venezia 1563) - ilritmo e il tono del discorso parlato più idoneo alla rappresentazione comica. La trovata metrica dei B. fu naturalmente lodata, sulle prime, da molti, come il Rezzonico, in un sonetto trasmesso dal Bettinelli al Vannetti, che ne parlò in una lettera riprodotta dal Pezzana (Memorie, VII, p. 201n.); ma non ebbe poi alcun seguito, avendo in realtà scoraggiato gli imitatori coi suoi mediocri risultati.
è infine, ma solo probabilmente, da considerarsi sua la prima versione in prosa italiana di Zaire di Voltaire, uscita adespota nel 1743con dedica in versi dei p. Anton Maria Perotti, carmelitano scalzo della Congregazione di Mantova fra gli arcadi Egima Afrodisico: mentre il Fantuzzi (Not. degli scritt. bolognesi, VI, Bologna 1787, p. 371), e il Melzi che lo segue (Diz. di op. anon. e pseudon. di scrittori it., III, Milano 1859, p. 270), ne credono autore lo stesso Perotti, il Pezzana (VII, p. 206) in base a una lettera di questo crede di dimostrare che fu invece opera dei B., pubblicata dal Perotti senza il suo consenso.
Ultime sue fatiche, portate a termine già quasi novantenne, la pastorale Il sonno d'Endimione, tardo riecheggiamento dell'Endimione del Guidi, e La fisica de' fiori, ennesimo esperimento di arcadia scientifica.
Opere: Per l'arrivo in Parma dell'Infante di Spagna Don Carlo nell'anno 1732, in Poesie di autori parmigiani per la venuta…, Parma 1732, pp. 45-52; Canti tre sopra la nobile mascherata rappresentante diverse nazioni…, Parma 1737(del B. è il canto II, sulle nazioni mora, armena e tedesca); La Zaira di Voltaire portata dal francese, e consecrata alle nobiliss. ed ornatiss. Dame la sig. marchesa D. Giulia Pepoli nata Rangoni, e sig. marchesa D. Isabella Pepoli nata Zambeiccari, Bologna, Borghi, s. data (ma il permesso di stampa è datato 21 gennaio 1743); Poema in quattro canti diviso, prendendo il Sacro Velo… Maria Maddalena Mazza, Parma 1747 (è suo ilcanto III); La ciaccheide. Sonetti sessanta scritti da ser Lullo, da ser Lallo e da ser Lello, con le annotaz. di ser Lollo e con una lettera di ser Lillo, Danzica 1768 (ma Guastalla 1776), poi in C. I. Frugoni, Opere, III, Parma 1779 (il Frugoni è ser Lullo, ser Lollo e ser Lifio; il B. è ser Lallo, e Guid'Ascanio Scutellari ser Lello); Trinummus M. Accii Plauti fabula contracta et expurgata - I treoboli, commedia di M. Accio Plauto accorciata e corretta, Parma s. d. (ma 1780); Socrate, commedia tratta dalle "Nubi" di Aristofane, traduz. latina di C. Martirano… parafrasi ital. della traduz. lat., Parma s. d. (ma 1781): è del B. la parafrasi e la dedicatoria al Paciaudi; Christus - Il Cristo, tragedia di Coriolano Martirano trasportata in versi toscani, Parma s. d. (ma 1786): parte della traduz. è del B.; Alla ornatiss. Sig. Paola Margherita Bodoni. Ode, Crisopoli [Parma], 1792; Pel Virgilio stampato in Parma. Ottave,Parma 1794; Versi del conte A. B.,3 voll., Parma 1811(disposti in ordine cronologico: il III vol. chiude con quelli latini). Diverse sue lettere in F. Algarotti, Opere,XIV, Venezia 1794; L'Epistolario ossia scelta di lettere inedite familiari…, Venezia 1795; del Frugoni al B., in Raccolta di prose e lettere scritte nel sec. XVIII, Milano 1830,e C. Calcaterra, Il Frugoni prosatore, Asti 1910.
Bibl.: F. S. Quadrio, Della storia e della ragione d'ogni poesia, IV,Milano 1749, p. 154; G. M. Mazzuchelli, Gli Scrittori d'Italia, II,2, Brescia 1760, p. 998; Effemeridi letterarie di Roma, IX(1780), pp. 383 s. (sulla rappresentazione de I treoboli); Memorie intorno alla persona e agli studi del conte A. B., premesse all'ediz. Dei Versi (1811), I, pp. I-L; A. Lombardi. Storia della lett. ital. nel sec. XVIII, III, Modena 1829, p. 309; I. Affò-A. Pezzana, Mem. degli scritt. e lett. parmigiani, VII, Parma 1833, pp. 196-207, 674; G. B. Janelli, Diz. biogr. dei Parmigiani ill. e benemeriti,Genova 1877, p. 50; G. Carducci, Plauto nell'Italia moderna (1891), in Opere (ediz. naz.), XXVIII, Bologna 1938, pp. 21 s.; E. Bouvy, Zaire en Italie,in Bull. italien,I,Bordeaux 1901, pp. 22 s.; Carteggio fra G. Tiraboschi e C. Vannetti,a c. di G. Cavazzuti e F. Pasini, Modena 1912, p. 155; C. Calcaterra, "La ciaccheide" di C. I. Frugoni, A. Bernieri e G. A. Scutellari, Parma 1912 (vol. I della "Biblioteca" della rivista Aurea Parma;cfr. le recensioni in Aurea Parma,I,[1912], 5-6 pp. 91 s., e in Giorn. stor. d. lett. italiana,LXIII [1914], p. 447); G. Ferretti, Intorno al verso minturniano,in Giorn. stor. d. lett. ital.,LXI (1913), pp. 52-58; H. Bédarida, Parme et la France de 1748 à 1789, Paris 1928, pp. 9, 17, 20, 37; G. Gasperoni, Settecento ital., Padova 1941, p. 183; E. Cordaro, Un letterato imolese (C. Zampieri), Faenza 1950,p. 9; F. Rizzi, I professori dell'univ. di Parma attraverso i secoli, Parma 1953, p. 63; G. Natali, Il Settecento, Milano 1955, pp. 683, 685; P. Berselli Ambri, L'opera di Montesquieu nel Settecento ital., Firenze 1960, p. 204.