SILJ, Augusto
– Nacque a Calcara di Visso, in diocesi di Norcia, il 9 luglio 1846 da Francesco e da Anna Caporioni, in una famiglia di facoltosi agricoltori.
Un fratello, Cesare Mattia Giuseppe, fu eletto deputato per quattro legislature dal 1897 al 1909, la prima volta nel collegio di Civitavecchia e le successive nel collegio di Camerino. Il 30 dicembre 1914 fu nominato senatore del Regno. La famiglia era imparentata con i Gasparri e il futuro segretario di Stato, il cardinale Pietro Gasparri, fu primo cugino di Silj, visto che la madre, Giovanna, era sorella del padre di Augusto, Francesco.
Silj iniziò i suoi studi al seminario di Norcia (secondo altre fonti presso quello di Nepi, come, qualche anno più tardi, il cugino Gasparri), indirizzatovi dallo zio, monsignor Pietro Silj, e li completò al seminario romano dell’Apollinare, dove si laureò in filosofia e nel 1867 in utroque iure.
Fu ordinato sacerdote il 4 aprile 1874 dal cardinale Costantini Patrizi Naro, segretario della congregazione del S. Uffizio e vescovo di Ostia e Velletri. Dopo l’ordinazione si recò a Napoli per aggregarsi quale religioso secolare coadiutore alla Congregazione dei frati bigi della carità fondata nel 1859 dal francescano padre Ludovico di Casoria (al secolo Arcangelo Palmentieri). Qualche anno dopo, probabilmente nel 1888, rientrò in famiglia per assistere alla morte dello zio Pietro Silj, e non tornò più a Napoli anche a causa delle insistenze dei parenti preoccupati dalla gravità delle sue condizioni di salute. Ristabilitosi, proseguì la sua carriera ecclesiastica a Roma, dove fu nominato rettore dell’Ospizio dei convertendi, un’istituzione fondata a Roma nel 1673 da membri della Congregazione dell’oratorio di san Filippo Neri e destinata alla protezione dei protestanti che intendessero convertirsi alla fede cattolica. Nel contempo iniziò anche la sua carriera in curia.
Il 19 ottobre 1901 fu nominato consultore della Sacra Congregazione degli affari ecclesiastici straordinari e il 16 gennaio 1902 della Sacra Congregazione concistoriale e dei religiosi. Dopo il conclave, nel 1903, in qualità di consultore degli affari ecclesiastici straordinari, fu incaricato, insieme al gesuita Francesco Saverio Wernz e al benedettino Lorenzo Janssens, di redigere un votum per rispondere al quesito se dovesse essere pubblicamente condannato e impedito il diritto consuetudinario che riconosceva alle potenze cattoliche la possibilità di porre il veto sull’elezione del pontefice, com’era avvenuto durante il conclave del 1903. Silj, come Wernz, si dichiarò persuaso che lo ius exclusivae in conclave dovesse essere abolito, anzi sostenne «essere ciò non solo opportuno, ma doveroso» (Trincia, 2004, p. 235).
L’11 febbraio 1904, con la bolla Quum arcano Dei consilio, fu nominato tra i visitatori per la diocesi di Roma nell’ambito della visita apostolica che si concluse nel 1907. Questa prima parte della sua carriera ecclesiastica culminò con la nomina avvenuta nell’aprile del 1904 a consultore della Pontificia Commissione per la redazione del codice canonico e l’inserimento nella consulta parziale incaricata di discutere la questione della divisione del codice. Gli fu inoltre richiesto di predisporre lo schema della parte de costitutionibus (con monsignor Carlo Lombardi, difensore del vincolo presso la Rota romana), lo schema dei canones praeliminares di quello che sarebbe stato il libro de personis (con lo stesso Lombardi) e lo schema di canoni de forma matrimonii (con René Bassibey, sacerdote del clero di Bordeaux, e con monsignor Benedetto Melata, sacerdote della diocesi di Roma).
Il 20 dicembre 1906 fu nominato vescovo con il titolo di arcivescovo titolare di Cesarea del Ponto e consacrato il 13 gennaio 1907 dal cardinale Rafael Merry del Val, assistito dal cugino di Silj, monsignor Gasparri, e da monsignor Ercolano Marini, vescovo di Norcia. Il 22 dicembre 1906 fu nominato elemosiniere della Camera apostolica, ufficio nel quale rimase fino al 6 dicembre 1916. Fu nominato assistente al trono pontificio il 24 maggio 1907 e consultore della congregazione del Concilio il 4 novembre 1908.
Il 10 febbraio 1906 fu nominato delegato straordinario della S. Sede presso il santuario di Pompei e prese possesso dell’ufficio il 20 febbraio successivo. Nello stesso anno divenne delegato apostolico e poi presidente della commissione istituita per la direzione e amministrazione del santuario e delle opere della Valle di Pompei. Solo nel 1920, con Benedetto XV, Silj fu nominato vicario del papa per il santuario di Pompei, riprendendo il titolo che era stato del suo predecessore.
Le vicende della gestione amministrativa del santuario e delle opere attive a Pompei, che erano alla base dell’invio di Silj sul luogo, meritano una breve illustrazione.
I coniugi Marianna Faranaro De Fusco e Bartolo Longo avevano donato il santuario il 15 marzo 1893 a Leone XIII, che l’anno successivo nominò un suo vicario per il santuario, mentre l’amministrazione delle opere educative e assistenziali presenti nel luogo restò agli stessi coniugi Longo. L’attività pastorale rimase, comunque, affidata ai domenicani. «L’anomalia della situazione pompeiana, il fatto cioè che un santuario pontificio che aveva un nome sul piano internazionale si permettesse una gestione che saltava i normali canali di controllo consueti a Roma [...] alimentava i sospetti» (Miele, 1983, p. 94) e portò, con il pontificato di Pio X, a una serie di provvedimenti volti a separare l’amministrazione del santuario da quella delle opere, il primo dei quali fu il decreto del 23 dicembre della congregazione del Concilio, la cui minuta in italiano era stata scritta dal papa stesso (Marranzini, 1984, p. 355). Un decreto che non risolse i problemi, ma ne aprì di nuovi che portarono il pontefice a emanare ulteriori disposizioni e all’istituzione di una commissione cardinalizia per Pompei, un cui intervento condusse alla decisione di Longo e della moglie di donare al papa anche le opere di cui erano rimasti proprietari al momento della rinuncia alla loro amministrazione. La convenzione privata fu sottoscritta il 6 febbraio, mentre il rogito notarile fu stipulato il successivo 11 settembre.
La nomina di Silj, avvenuta all’indomani della firma, fu la conseguenza della scrittura privata. Egli chiamò a collaborare due sacerdoti legati a lui da un rapporto di vicinanza e di amicizia, monsignor Vincenzo Celli, insegnante del seminario di Norcia, e monsignor Giuseppe De Angelis, nato a Visso, rimasti con lui per tutto il periodo del suo incarico a Pompei. Nei vent’anni della sua presenza a Pompei, Silj riuscì a dare stabilità allo status giuridico del santuario e pose mano a molte opere, da quelle legate alla sistemazione della residenza delle figlie del rosario di Pompei, che fu completata nel 1913, alla nuova canonica per il clero, mentre, nell’ambito delle opere assistenziali e educative, diede vita all’orfanotrofio femminile e all’ospizio educativo per i figli dei carcerati. Progettò inoltre l’erezione del nuovo campanile.
Il 6 dicembre 1916 fu nominato vicecamerlengo (la nomina avvenne il 4 dicembre in coincidenza con quella del cugino, cardinale Gasparri, a camerlengo) ufficio che occupò fino al 20 marzo 1920.
Benedetto XV lo nominò cardinale presbitero di S. Cecilia nel concistoro del 15 dicembre 1919. Il 20 marzo 1920 fu nominato prefetto del supremo tribunale della Segnatura apostolica. Fu membro della Sacra Congregazione concistoriale, di quella dei religiosi, di quella dei seminari e delle università e della sacra congregazione della reverenda Fabbrica di S. Pietro e fu nominato cardinale protettore di alcune congregazioni religiose e di un’arciconfraternita.
Dopo la nomina cardinalizia partecipò anche ad alcune commissioni cardinalizie speciali, tra le quali merita di essere segnalata, per il significato speciale che aveva, quella istituita da Benedetto XV per esaminare il problema etico posto dallo sciopero della fame messo in atto da Terence MacSwiney, sindaco di Cork e da altri undici repubblicani irlandesi, prigionieri con lui. Il sindaco di Cork, arrestato per il possesso della chiave del codice cifrato dell’esercito rivoluzionario e condannato da una corte maziale inglese, contestava la legittimità del provvedimento e della corte che lo aveva emesso.
Il giudizio, dal punto di vista dell’etica cattolica, era stato chiesto in un colloquio con il cardinale inglese, Francis Aidan Gasquet, da Lloyd George. Il cardinale aveva scritto a monsignor Bonaventura Cerretti il 21 settembre 1920, sottolineando come il primo ministro ritenesse che «il sindaco di Cork non avrebbe continuato a voler morire di fame se molti preti non lo avessero incoraggiato, dicendogli che non v’era nulla di male e portandogli ogni giorno la comunione» (Dieguez, 2015), e che di fronte a una dichiarazione del santo padre, per il quale «questa forma di suicidio è immorale» avrebbero rinunciato. Benedetto XV formò immediatamente una commissione composta da quattro cardinali Antonio Vico, Oreste Giorgi, Silj e Gasparri.
La commissione non concluse i lavori per la presenza, all’unica riunione svoltasi, soltanto di due cardinali, Silj e Giorgi, i quali però, anche sulla base di pareri di tre teologi, furono dell’avviso «che in quelle date circostanze non [...] pareva potesse parlarsi di vero e proprio suicidio» (ibid.).
Si decise di rimettere il tutto al S. Uffizio, ma la morte del sindaco di Cork, avvenuta il 25 ottobre 1920, interruppe i lavori della commissione.
Pur non potendo ritenere che Silj abbia avuto un ruolo centrale nella vita della S. Sede dei primi anni del secolo, egli non può essere valutato solo alla luce del suo legame con il cugino, cardinale Gasparri. La nomina a Pompei, molto probabilmente, trovò la sua ragione nel fatto che un prelato con la formazione tipica del prete romano di quegli anni offriva garanzie che altri non avevano, in termini di solidità di dottrina e di competenze canoniche, che gli permettevano d’interpretare il ruolo di amministrazione affidatogli dalla S. Sede con una sicurezza e una competenza fino a quel momento inesistenti nei laici che erano stati alla guida dell’opera. A questo si affiancava la conoscenza del mondo cattolico napoletano nel quale si collocava l’opera di Bartolo Longo, che gli veniva dagli anni della sua vicinanza alla congregazione fondata da padre Ludovico da Casoria. In definitiva riusciva a conciliare le competenze teologiche e canoniche tipiche di un prete romano con l’attenzione alla spiritualità e alla cultura del cattolicesimo napoletano da cui nasceva Pompei, che rischiavano di essere cancellate da una visione troppo romanocentrica.
Morì a Roma il 27 febbraio 1927 (secondo alcune fonti il 26).
Fonti e Bibl.: Archivio segreto Vaticano, Segreteria di Stato, Sezione per i rapporti con gli Stati, Archivio storico, Congregazione degli affari ecclesiastici straordinari, affari ecclesiastici, anni 1903-1904, pos. 1264, f. 426; anni 1903-1904, Rapporti delle sessioni, sessione 1924, 29 dicembre 1903 il veto d’esclusione nel Conclave, Roma 1903.
C. Perniciaro, Il card. A. S., Roma 1926; F.M. Taliani, Vita del cardinal Gasparri segretario di stato e povero prete, Milano 1938; M. Miele, Bartolo Longo e la Santa Sede, in Bartolo Longo e il suo tempo, I, Roma 1983, pp. 79-112; A. Marranzini, Bartolo Longo e la civiltà cattolica, in La Civiltà cattolica, 1984, vol. 1, pp. 347-363; L. Trincia, Conclave e potere politico. Il veto a Rampolla nel sistema delle potenze europee, Roma 2004, pp. 235 s.; C. Fantappiè, Chiesa romana e modernità giuridica, I-II, Milano 2008, pp. 504 s., 1209 s.; A. Ferrara - A. Casale, I Prelati del pontificio santuario di Pompei dal 1890 al 2012. La storia, la cronotassi, i ritratti, i cenni biografici e gli emblemi araldici, Pompei 2012; A.M. Dieguez, «Gli Eminentissimi Padri nella loro alta prudenza e saggezza vedranno cosa proporre». Fonti vaticane per la ricostruzione dell’attività dei cardinali, in Mélanges de l’École française de Rome - Italie et Méditerranée modernes et contemporaines, 2015, n. 127-2, http:// journals. openedition.org/mefrim/ 2331 (7 giugno 2018); A. Illibato, Bartolo Longo dal Salento a Pompei. La carità che fa nuova la storia, Pompei 2017, passim.