RIGHI, Augusto
RIGHI, Augusto. – Nacque a Bologna il 27 agosto 1850 da Francesco, medico chirurgo, e da Giuseppina Zanelli.
Frequentò il triennio delle scuole tecniche (1861-64) e si iscrisse all’Istituto tecnico di Bologna nel corso di matematica e fisica, dove ebbe come insegnante Antonio Pacinotti.
Ottenuta la licenza (1867), frequentò il corso di laurea di matematica dell’Università di Bologna, dove fu allievo di Eugenio Beltrami, suo referente scientifico per molti anni. Nel 1870, prima di terminare gli studi universitari, fu inserito in una commissione per l’esame di calcolo differenziale e integrale e divenne assistente provvisorio (1871), e poi assistente per il biennio 1872-74, del professore di fisica Emilio Villari presso il gabinetto di fisica. Completati i quattro anni di studi (1871) ne frequentò un quinto, che gli consentì di superare l’esame di laurea e di libero esercizio come ingegnere civile e architetto (1872). La sua dissertazione portò alla realizzazione di una macchina elettrostatica moltiplicatrice di cariche (Descrizione di un elettrometro ad induzione, in Il Nuovo Cimento, s. 2, 1872, t. 5-6, pp. 123-136), un modello per l’acceleratore di Robert J. van der Graaff.
Quando Pacinotti lasciò Bologna e l’Istituto tecnico per l’Università di Cagliari (1873) fu Righi a succedergli come incaricato, per ricoprirne poi la cattedra (1877-80). Nel 1875 ricevette un premio di 1000 lire dalla Società italiana delle scienze per le sue ricerche in elettrostatica. Nello stesso anno, l’Accademia delle Scienze dell’Istituto di Bologna lo cooptò fra i suoi soci. Nel 1877 ottenne la libera docenza in fisica presso l’Università di Bologna, confermata nel 1879. Nel 1878 ricevette la menzione onorevole dell’Accademia dei Lincei e presentò all’Esposizione universale di Parigi un suo telefono «che si ascolta a distanza» in cui impiegava i primi altoparlanti (Il telefono che s’ascolta a distanza, in L’Elettricista, II (1878), 13, pp. 616-622). Sposò nel 1878 Giuseppina Ravegnani e dalla coppia nacquero tre figli: Adele (1880), Amelia (1882) e Aldo (1886).
Righi ottenne la cattedra di fisica sperimentale a Palermo (1880-85) dove, anni dopo, Orso Mario Corbino poté considerarsi suo allievo indiretto. Nel 1886 si trasferì a Padova, dove restò fino al ritorno a Bologna (1890).
Nel 1886 gli fu assegnata la medaglia d’oro del premio Matteucci (per il 1882) dalla Società italiana delle scienze. Socio dell’Accademia dei Lincei nel 1887, nel 1891 ottenne il premio Reale dalla stessa Accademia per i suoi studi sulle onde elettromagnetiche. Nel 1905 gli fu conferita la Hughes Medal dalla Royal Society di Londra per «experimental researches in electrical science» e fu nominato senatore del Regno. Nel 1912 ricevette, in condivisione con Jean Baptiste Perrin, il premio Vallauri dall’Accademia delle Scienze di Torino per i suoi studi sulla materia radiante e i raggi magnetici. Dal 1905 al 1920 fu nella lista dei meritevoli del premio Nobel per la fisica, che non gli venne mai assegnato.
La produzione di Righi (circa 270 titoli) è distribuita nei cinquanta anni compresi tra il 1871 e il 1920; ebbe moltissimi laureandi, numerosi ricercatori, pochi collaboratori. Intrattenne ampia corrispondenza con molte personalità dell’epoca. Il valore scientifico di Righi è testimoniato da Corbino che, nella commemorazione ai Lincei, lo definì il «fisico più eminente che abbia avuto l’Italia dall’epoca di Alessandro Volta» (1921, p. 215).
Un settore rilevante in cui Righi operò fu quello dei fenomeni magnetici. Egli partì dalla teoria di Wilhelm Eduard Weber arrivando alla prima constatazione del fenomeno dell’isteresi magnetica (Sopra un caso di polarità permanente dell’acciaio inversa di quella magnetizzante che la produce, in Rendiconti dell’Accademia delle Scienze di Bologna, s. 4, 1880, t. 1, n. 3, pp. 433-435). Notevoli le sue indagini (Le ombre elettriche, in Memorie dell’Accademia delle Scienze di Bologna, s. 4, 1881, t. 2, pp. 555-567) su un prototipo di sistema fotostatico (Dragoni - Cinti - Stojanovic, in corso di stampa). Nel 1875 John Kerr aveva scoperto l’effetto di birifrangenza ottica in molte sostanze trasparenti isotrope a causa di un campo elettrico applicato.
Nel 1885 Righi avrebbe approfondito lo studio con la riflessione della luce polarizzata su superfici metalliche in campo elettrico o magnetico (Ricerche sperimentali e teoriche intorno alla riflessione della luce polarizzata sul polo d’una calamita, in Memorie della R. Accademia dei Lincei, s. 4, CCLXXXII (1884-1885), 1, pp. 367-416 e tav.). Tale lavoro, secondo Corbino, «può considerarsi come un’anticipazione del celebre effetto Zeeman» (1921, pp. 216 s.). Nel 1879 Edwin Herbert Hall aveva scoperto un altro effetto, che Righi avrebbe approfondito (Sul fenomeno di Hall, in Rendiconti della R. Accademia dei Lincei, CCLXXX (1882-1883), 7, pp. 262 s.). Nella sua successiva monografia, trovò che nel bismuto l’effetto era 10.000 volte superiore ai casi trattati da Hall, scoprì l’influenza della magnetizzazione sulla sua resistenza elettrica (Influenza del calore e del magnetismo sulla resistenza elettrica del bismuto, in Memorie della R. Accademia dei Lincei, s. 3, XXVIII (1884), 19, pp. 307 s.) e che, in campo magnetico, la conducibilità termica di una sbarra di bismuto diminuisce notevolmente. Il fenomeno studiato «si inquadra nella moderna termodinamica dei fenomeni irreversibili ed è rappresentato da un vettore chiamato appunto di Righi-Leduc» (Graffi, 1971, p. 37).
Nei primi mesi del 1888 Righi si concentrò su un fenomeno descritto (1886-87) da Heinrich Rudolf Hertz, che era giunto alla prima produzione di onde elettromagnetiche (di 65 cm) e all’individuazione delle loro leggi (1886-88). In quel contesto, Hertz aveva notato che la luce ultravioletta faceva abbassare il potenziale di scarica tra gli elettrodi di una macchina elettrostatica (1887). Righi scoprì – di pochi mesi anticipato da Wilhelm Hallwachs – che una lastra conduttrice investita da un fascio di luce ultravioletta si carica di elettricità positiva e costruì la prima pila fotoelettrica (Sur le phénomènes électriques produits par les rayons ultraviolets, in Comptes Rendus Hebdomadaires des Séances de l’Academie des Sciences, 1888, 107, vol. 2, pp. 559-561). La scomparsa di Hertz (1894) aveva bloccato il processo di conferma della teoria elettromagnetica della luce di James Clerk Maxwell. Righi generalizzò gli esperimenti di Hertz con onde più corte (2,5 cm), aprendo il campo delle microonde con cui verificò tutte le leggi ottiche delle onde elettromagnetiche. Era la consacrazione della teoria di Maxwell (Sulle oscillazioni elettriche a piccola lunghezza d’onda e sul loro impiego nella produzione di fenomeni analoghi ai principali fenomeni dell’ottica, in Memorie dell’Accademia delle Scienze di Bologna, s. 5, 1894, 4, pp. 487-592). In questo contributo Righi fornì dettagliate indicazioni per produrre e rilevare onde elettromagnetiche lunghe (o corte) e per inviarle a distanze sempre maggiori, «...anche stando a 25 metri...», forse la dimensione del corridoio più lungo di cui Righi disponeva per i suoi esperimenti (Su alcune disposizioni sperimentali per la dimostrazione e lo studio delle ondulazioni elettriche di Hertz, in Rendiconti dell’Accademia dei Lincei, s. 5 CCXC (1893), 2, pp. 333-337, in partic. p. 337).
Dal 1889 al 1895 Guglielmo Marconi frequentò Righi, seguì come libero uditore le sue lezioni, fu ammesso al laboratorio e alla biblioteca e posto in contatto con avanzate conoscenze di cui intuì le potenzialità applicative. In particolare, Marconi, costruendo il suo sistema di telegrafia senza fili – che perfezionò sistematicamente, per es., nel risonatore – impiegò lo stesso oscillatore di Righi e lo inserì integralmente nel suo brevetto del 2 giugno 1896; sistema che portò Marconi al premio Nobel per la fisica (1909), condiviso con Karl Ferdinand Braun.
Quando Marconi divenne famoso, vennero sollevate questioni di priorità; Oliver Lodge cercò di coinvolgere Righi in un’azione legale (Roma, Archivio dell’Accademia delle Scienze detta dei XL, Fondo Augusto Righi, Corrispondenza, f. 209, lettere di O. Lodge a Righi del 21 giugno 1897 e del 24 luglio 1897). Righi oppose un netto rifiuto. Tuttavia, alle sgarbate insistenze (1901) di Pietro Blaserna – il quale voleva che egli riconoscesse l’originalità del lavoro di Marconi – così scrisse: «sta di fatto che l’idea gli venne dopo che gli mostrai e gli feci comprendere le mie esperienze sulle onde elettriche» (Bologna, Archivio del Museo di Fisica, R 1900/1, appunto di Righi s.d.); ma poi sostenne: «il sistema […] giustamente deve chiamarsi Sistema Marconi» (A. Righi - B. Dessau, La telegrafia senza filo, Bologna 1903, pp. 287 s.).
Righi si era poi dedicato alla scoperta dei raggi X – scoperta che forse aveva addirittura anticipata (Rangoni, 1994, pp. 79-83) – realizzando radiografie di eccellente qualità (Sui tubi produttori dei Raggi X, in Memorie della R. Accademia dei Lincei, s. 5, 1896, 5, pp. 47-50). La visione di Righi del mondo atomico fu particolarmente raffinata.
Il fisico bolognese aveva fatto conoscere a livello internazionale il modello nucleare ‘saturniano’ proposto nel 1903 da Hantaro Nagaoka. Esso era costituito da una massiva carica centrale positiva circondata da particelle negative rotanti attorno a essa che trovavano stabilità nell’analogia gravitazionale con il pianeta, altrimenti elettricamente impossibile. Righi fu tra i primi a riconoscere l’esistenza degli elettroni, così come la convinzione che esistessero «elettroni positivi» (La moderna teoria dei fenomeni fisici, Bologna 1904, p. 120), scoperti solo nel 1932. Sin dal 1908 egli riuscì a elaborare matematicamente il comportamento, in campo magnetico costante, del moto di un elettrone di carica negativa attorno a un corpo piccolissimo (di carica positiva uguale e opposta) ma molto più pesante dell’elettrone, nei termini di un movimento di tipo ellittico e precessionale (Sul moto di un elettrone intorno ad uno ione nel campo magnetico, in Rendiconti dell’Accademia dei Lincei, s. 5, CCCX (1908), 17, pp. 675-681), moto simile ai modelli successivi quantistici.
Nelle sue ricerche sulla conduzione dei gas in tubi di scarica, Righi ritenne di avere individuato radiazioni iono-magnetiche, cioè sistemi legati di componenti subatomici (per es., uno ione attorno a cui ruota un elettrone); una sorta di quarto stato della materia, quasi una fisica dei plasmi (Sulla probabile esistenza di una nuova specie di raggi (raggi magnetici), ibid., pp. 87-90). L’interesse di Righi si concentrò, infine, sull’opera di Albert Einstein e sugli esperimenti di Albert A. Michelson che pensava di ripetere; il progetto fu fermato dalla sua scomparsa (L’esperienza di Michelson e la sua interpretazione, in Memorie dell’Accademia delle Scienze di Bologna, s. 7, 1919, n. 6, pp. 37-54).
Righi effettuò un’indagine completa, teorica e sperimentale, della fisica del tempo e fu abile conferenziere; si occupò anche di progettare strumentazioni, modelli didattici ed ebbe una notevole sensibilità per la riflessione critica sulla scienza (G. Dragoni, Augusto Righi. Sperimentatore ed epistemologo, in Physis, n.s., XXXV (1998), 2, pp. 419-428). In sintesi, Augusto Righi può essere ritenuto il maggior fisico italiano dell’Ottocento e uno tra i più significativi d’Europa. Fu uno dei fondatori delle teorie elettroniche e ioniche della struttura della materia, fornì la conferma definitiva della teoria elettromagnetica della luce di Maxwell e fu tra quanti maggiormente contribuirono alla nascita della fisica atomica e subatomica. Favorì, inoltre, la riorganizzazione e lo sviluppo della fisica italiana, partecipando alla fondazione della Società italiana di fisica (1897) e realizzando il nuovo Istituto di fisica di Bologna (1907).
Morì a Bologna l’8 giugno 1920. Ai suoi funerali partecipò tutta la città, unificata politicamente in quest’ultimo omaggio.
Molte Accademie si onorarono di averlo come socio: Bologna, Palermo, Torino, Padova, Catania, Acireale, Brescia, Milano, Modena, Ginevra, Edimburgo, Monaco di Baviera, Lund, Haarlem, Boston, Mosca. Fu membro dell’Accademia di San Pietroburgo e di Cambridge (1895), Londra (1903), Uppsala (1908). Varie istituzioni lo vollero cooptare: Royal Institution of Great Britain (1906), Royal Society di Londra e di Edimburgo (1907), l’Institut de France (1913) e così via. Tra le numerose lauree honoris causa ricevute si ricordano: Gottinga (1899), Wisconsin (1904), Erlangen (1908). Innumerevoli i suoi compiti ufficiali: presidente della commissione permanente radiotelegrafica consultiva ministeriale (1912), membro dell’Institution of electrical engineers di Londra (1917), membro del Bureau des longitudes (1919).
Fonti e Bibl.: Comunicazioni personali: Augusto jr. e Giampaolo Righi; Silvio Bergia e Attilio Forino (Università di Bologna); Massimo Zini (Accademia delle Scienze dell’Istituto di Bologna); Cristiano Osti, William Baietti, Paolo Cinti, Emilio Follo. Fonti archivistiche: Bologna, Accademia delle Scienze dell’Istituto di Bologna; Archivio storico del Comune di Bologna; Archivio storico dell’Università, Dipartimento di storia, cultura, civiltà; Museo di fisica (Sistema Museale di Ateneo); Roma, Accademia delle Scienze detta dei XL.
Un’ampia lista delle pubblicazioni di Righi e una dettagliata bibliografia secondaria su di lui si possono trovare in Per A. R. Le Feste giubilari di A. R. per l’inaugurazione del nuovo Istituto di Fisica (XII aprile MCMVII), Bologna 1907 (rist. anast. Bologna 2010, a cura di G. Dragoni). Si vedano inoltre: O.M. Corbino, Commemorazione di A. R., in Atti della R. Accademia dei Lincei, s. 5, XXX (1921), pp. 215-221; A. Righi, I rapporti tra Marconi e R., in Posta Sera, 20 giugno 1947; B. Dessau, L’opera scientifica di A. R., in Giornale di Fisica, XI (1970), 1, pp. 61-73 (conferenza tenuta per iniziativa della Società italiana di fisica nella seduta del 13 marzo 1907, ristampata a cura di G. Tabarroni, in Il Giornale di fisica, XI (1970), 1, pp. 53-60); A.M. Angelini, Rievocazione di A. R., in L’Elettrotecnica, LVIII (1971), n. 2, pp. 57-75; D. Graffi, Nel cinquantesimo anniversario della morte di A. R., in Atti dell’Accademia delle Scienze dell’Istituto di Bologna. Rendiconti della classe di scienze fisiche, s. 12, 1971, t. 8, pp. 34-42; A. Rostagni, A. R. e la sua opera a mezzo secolo dalla scomparsa, Roma 1972, pp. 1-12; R. Rangoni, Ma chi ha scoperto i Raggi X?, in Bologna, Ieri, oggi, domani, III (1994), 29, pp. 79-83; G. Dragoni - G. Gottardi - M. Manferrari, The scientific correspondence of A. R., in Proceedings of history of physics and astronomy in Italy in the 19th and 20th centuries. Sources, themes and international Context, Cofin 2001, a cura di L. Gariboldi - P. Tucci, Milano 2003, pp. 21-35; G. Dragoni - P. Cinti - I. Stojanovic, Il “caso” di Chester Carlson, Pál Selényi e A. R., in Atti del XXXIII Convegno annuale della Società italiana degli storici della fisica e della astronomia..., Catania... 2013, a cura di L. Fregonese - I. Gambaro, Pavia, in corso di stampa.