PICCINI, Augusto
PICCINI, Augusto. – Nacque l’8 maggio 1854 a San Miniato nel Granducato di Toscana (oggi in provincia di Pisa), da Francesco, consigliere della Corte di cassazione, ed Elisabetta Boninsegni.
Originari di Borgo San Sepolcro, i coniugi Piccini si erano trasferiti a San Miniato in quanto Francesco, valente giurista, era divenuto presidente del tribunale della città toscana. I Boninsegni avevano comunque a San Miniato alcuni lontani parenti. Augusto ebbe due fratelli maggiori: Giulio (1849-1915), in arte Jarro, celebre giornalista, critico teatrale e scrittore di gialli, e Giovanni (1851-1903), che fu deputato del Regno d’Italia.
Brillante studente, amante delle lettere classiche e della filosofia, fin dagli anni giovanili Piccini manifestò una particolare predilezione per gli studi scientifici e l’attività di laboratorio. Si iscrisse così al corso di chimica presso la Regia Università di Padova, dove si laureò il 21 agosto 1876. Fu l’inizio di una notevole carriera. Nel 1880 venne nominato assistente alla cattedra di chimica generale tenuta a Roma dalla massima autorità della chimica italiana, Stanislao Cannizzaro. Nel 1885 divenne docente di chimica generale presso l’Università di Catania. Due anni più tardi ritornò nella capitale per insegnare chimica docimastica alla Scuola di applicazione per ingegneri di Roma. Infine, nel 1892, si trasferì a Firenze, dove venne chiamato a insegnare chimica farmaceutica e tossicologica presso l’Istituto di studi superiori.
Dopo la laurea Piccini si interessò inizialmente di chimica organica, collaborando con Michele Fileti. I due spiegarono il meccanismo della trasposizione molecolare osservata da Adolph Wurtz nelle ammine aromatiche. Piccini effettuò quindi una serie di importanti indagini in ambito analitico, come quella relativa alle acque potabili di Roma, eseguita assieme a Raffaello Nasini e Francesco Mauro. Inventò anche un interessante metodo per riconoscere piccole quantità di nitrati in presenza di grandi quantità di nitriti.
Successivamente, iniziò la sua formazione come chimico inorganico. Gli anni trascorsi a Roma furono particolarmente importanti, perché gli consentirono di lavorare a stretto contatto con Cannizzaro, Nasini e Giacomo Ciamician, con i quali ebbe modo di discutere del nuovo sistema periodico di Dmitrij I. Mendeleev, la cui costruzione tanto doveva alla chimica italiana, e a Cannizzaro in particolare. Non sorprende, perciò, che in una memoria del 1882 sull’ossidazione dell’acido titanico (presentata all’Accademia dei Lincei e pubblicata sulla Gazzetta chimica italiana), Piccini dimostrasse di avere già familiarità con le idee di Mendeleev. Familiarità ribadita nell’appendice alla traduzione italiana della chimica inorganica di Victor von Richter del 1885 (che conobbe diverse edizioni).
Per approfondire l’opera di Mendeleev, dal 1883 Piccini iniziò a studiare il russo (conosceva molto bene anche l’inglese, il francese e il tedesco). Il suo obiettivo era quello di riuscire ad armonizzare il sistema periodico con le novità chimiche che si andavano a mano a mano scoprendo. Piccini effettuò importanti studi sul titanio, sul vanadio, sul tallio, sul rodio e sui composti complessi di questi elementi. Contribuì a precisare il concetto di forma limite e a risolvere le difficoltà rappresentate dai perossidi.
Nel 1901 Piccini presentò la sintesi dei suoi studi sugli sviluppi dell’opera di Mendeleev nel primo volume della Nuova enciclopedia chimica diretta da Icilio Guareschi. In particolare il quinto capitolo, dal titolo Correlazioni numeriche fra i pesi atomici e correlazione degli elementi, si configurò come un lungo articolo dedicato all’esposizione della teoria atomica, che avrebbe rappresentato non solo il suo testamento scientifico, ma anche una straordinaria opera di divulgazione dell’opera di Mendeleev.
Nell’articolo il chimico toscano ripercorreva la storia che aveva portato alla «idea di stabilire la funzione vera che lega tutti i pesi atomici col comportamento fisico e chimico di tutti gli elementi» (Correlazioni numeriche fra i pesi atomici, cit., 1901, p. 322). Piccini era tuttavia chiaro su un punto: non esistevano precursori dell’opera di Mendeleev. Quella del chimico russo era stata una creazione assolutamente originale. Dopo essersi soffermato sulla teoria di William Prout, egli dedicava un ampio spazio all’esposizione delle celebri memorie di Mendeleev del 1869 e del 1871, paragonate a quelle di Lothar Mayer. Il giudizio di Piccini era inequivocabile: «Meyer non ha scoperto la legge periodica né indipendentemente né dipendentemente da Mendeleev» (ibid., p. 342). Per Piccini l’opera di Mendeleev andava paragonata a quella di Antoine-Laurent Lavoisier, anch’egli autore di una rivoluzione, perché aveva saputo «interrogare i fatti da lungo tempo conosciuti e quelli or ora scoperti, costringendoli a rivelare segreti che avevano gelosamente custoditi» (ibid., p. 338). Alla parte storica seguiva l’esposizione del sistema periodico vero e proprio, con la presentazione della più recente tavola di Mendeleev.
Dopo la morte del padre (1886), seguita qualche anno più tardi da quella della madre, nel 1895 Piccini si sposò con Maria Banchi (1866-1933), vedova Ciuoli, accogliendo presso la sua abitazione fiorentina anche i figli della moglie. Dal matrimonio nacque la figlia Elisabetta (1899-1990), che in seguito volle seguire le orme paterne laureandosi in chimica nel 1923 sotto la guida di Luigi Rolla.
Il chimico ceco Bohuslav Brauner, il quale nel 1899 avrebbe aggiunto il gruppo dei gas nobili al sistema periodico, considerava Piccini «non solo il più grande chimico inorganico dell’Italia, ma uno dei più grandi del mondo» (Provenzal, 1938, p. 249). I meriti di Piccini alla diffusione del sistema periodico furono riconosciuti dallo stesso Mendeleev. In una lettera inviata al chimico toscano il 29 gennaio 1903, Mendeleev scriveva: «sono davvero felice di vedere in un paese così lontano uno scienziato così profondamente addentro i principi del Sistema Periodico» (Museo Galileo, Istituto di Storia della scienza di Firenze, Carte Piccini (1901-1905), raccolte mss. 06).
Il 7 novembre di quello stesso anno, Ciamician teneva la solenne inaugurazione dell’anno accademico 1903-04 dell’Università di Bologna. La sua relazione era intitolata I problemi chimici del nuovo secolo. Arrivando a parlare dell’opera di Mendeleev, la definiva chiaramente come «un colpo di genio, alimentata da una conoscenza della chimica organica, come forse non l’ebbe mai nessuno». E aggiungeva: «Soltanto una mente incomparabilmente sintetica poté sulla base di reazioni mal definibili prevedere l’esistenza di tre nuovi elementi, che nello Scandio, nel Gallio e nel Germanio furono in seguito realmente trovati. Il sistema fu per trent’anni, come lo dimostrò con la parola e coi fatti il nostro Piccini, l’unica guida dell’intricato labirinto della chimica inorganica e numerose ricerche a esso si ispirarono e fruttarono per esso larga messe di risultati». Ciamician sottolineava come Piccini «avesse contribuito largamente con i suoi studi sperimentali e coi suoi scritti a dimostrare l’importanza del sistema di Mendeleev per la chimica inorganica» (Ciamician, 2007, p. 89). Certo, il sistema periodico stava in quel momento attraversando qualche difficoltà, soprattutto in relazione alla collocazione dei pesi atomici del cobalto, del nickel e del tellurio, e alla recente scoperta dei gas nobili, che creò non pochi problemi a Piccini.
Il chimico toscano non poté sviluppare le proprie ricerche. Morì a Firenze il 15 aprile 1905, non ancora cinquantunenne, per una setticemia sviluppatasi in seguito all’estrazione di un dente.
Su iniziativa di Riccardo Grassini, Guido Provenzal e Hugo Schiff venne aperta una sottoscrizione internazionale per la realizzazione di un busto marmoreo, affidata alla scultore Mario Salvini. Fra i partecipanti all’iniziativa ci furono Brauner e Mendeleev, il quale fece una delle più cospicue elargizioni.
Opere. Analisi chimica delle acque potabili della città di Roma, eseguita per incarico del Municipio nell’Istituto chimico dell’Università di Roma, Roma 1884 (con F. Mauro e R. Nasini); V. von Richter, Trattato di chimica inorganica; tradotto col consenso dell’autore sulla 4. ed. originale e corredato di note e di un’appendice da A. P., Torino 1885; Sul limite delle combinazioni e sul sistema periodico degli elementi, Torino 1885; Correlazioni numeriche fra i pesi atomici e classificazione degli elementi, in Nuova enciclopedia di chimica scientifica, tecnologica e industriale: con le applicazioni a tutte le industrie chimiche e manifatturiere, della medicina, farmacia, fisica, a cura di I. Guareschi, I, Torino 1901, pp. 322-364.
Fonti e Bibl.: L. Balbiano, A. P., in Rendiconti della Società chimica di Roma, Roma 1906, pp. 5-17; G. Ciamician, Discorso per la inaugurazione del Busto nella ricorrenza del 2° anniversario della morte di A. P., Firenze 1907; R. Nasini, Onoranze tributate alla memoria del prof. A. P. il giorno 22 ottobre 1908 nella città di S. Miniato in occasione dello scoprimento della lapide apposta sulla casa ove egli nacque, Pisa 1909.
G. Provenzal, A. P. (1854-1905), in Rivista di storia delle scienze mediche e naturali, XXI (1930), pp. 189-208; Id., Profili bio-bibliografici di chimici italiani. Sec. XV - Sec. XIX, Roma 1938, pp. 249-254; G. Ciamician, Chimica, filosofia, energia. Conferenze e discorsi, a cura di M. Ciardi - S. Linguerri, Bologna 2007; M. Fontani - F. Salviati, Il sistema periodico, terra di speranze e di gloria: la vita e l’opera di A. P., in Atti del XIII Convegno nazionale di storia e fondamenti della chimica, Roma 2009, pp. 285-295; M. Ciardi - M. Taddia, Popular science, textbooks, and scientists. The Periodic law in italy, in Early responses to the Periodic system, a cura di M. Kaji - H. Kragh - G. Pallo, Oxford 2015, pp. 262-279.