DEL NOCE, Augusto
Nacque a Pistoia l’11 agosto 1910 da Ubaldo, alto ufficiale dell’esercito, e da Lia Dratis, di origini savoiarde. La famiglia si trasferì a Savona, per poi stabilirsi a Torino, dove il giovane Del Noce trascorse gli anni della sua formazione. A Torino frequentò il liceo Massimo d’Azeglio, dove ebbe come professore Umberto Cosmo. In quell'ambiente – influenzato da alcune figure di docenti avversi al regime fascista – strinse rapporti con molti giovani che sarebbero diventati figure di rilievo nella vita culturale italiana: tra gli altri, Norberto Bobbio, Ludovico Geymonat, Felice Balbo, Leone Ginzburg, Cesare Pavese. A Torino frequentò anche l’università, dove ebbe come maestri Adolfo Faggi e Carlo Mazzantini. Con quest’ultimo si laureò in filosofia nel 1932 con una tesi sul pensiero religioso di Nicolas Malebranche. Dopo la laurea, insegnò nelle scuole superiori, a Novi Ligure, Assisi (1934-35) e poi a Torino (dal 1944).
La sua formazione culturale si svolse dunque, nella Torino tra le due guerre, in un ambiente marcatamente laico, pur restando egli fedele all’educazione cattolica ricevuta. La cifra caratteristica del suo percorso intellettuale si disegna a partire da questa originaria eccentricità rispetto alla cultura laica da un lato, ai quadri tradizionali della cultura e dell’associazionismo cattolico dall’altro; e nella conseguente capacità – pagata con una relativa solitudine – di condurre una critica non estrinseca della prima, su percorsi originali e spesso poco compresi anche da parte cattolica.
L’altro aspetto originario e costante del pensiero delnociano fu la motivazione morale della sua ricerca, strettamente connessa con l’urgenza di orientarsi, in termini di giudizio e di azione, nel proprio tempo. La frase di Hegel nei Lineamenti di filosofia del diritto «la filosofia è il proprio tempo appreso con il pensiero» è sottoscritta dal pur anti-hegeliano Del Noce.
Negli anni Trenta la riflessione di Del Noce si sviluppò a partire, da un lato, dall’interrogativo sulla possibilità della metafisica, e in particolare di una filosofia cristiana; dall’altro, dall’esigenza di prendere posizione rispetto alla realtà politica del fascismo, verso cui concepì presto un netto rifiuto morale.
L’incontro, durante il periodo trascorso in Umbria, con Aldo Capitini, propugnatore di una concezione della vita improntata alla non violenza, concorse a determinare definitivamente questo rifiuto, in concomitanza con la guerra d’Etiopia (1935-36). Il carattere minoritario di tale scelta in quegli anni di largo consenso al regime era accentuato dalla fedeltà di Del Noce all’educazione cattolica, che lo distaccava per altro verso dall’ambiente dei giovani antifascisti torinesi, improntato a una cultura decisamente laica. Questo isolamento, insieme a influssi culturali e morali importanti, come quello di Piero Martinetti, che nel 1931 aveva rifiutato di aderire al giuramento di fedeltà al fascismo e dovette lasciare la docenza, determinarono una forte inclinazione verso una visione radicalmente pessimistica. Il superamento di questa crisi si accompagnò alla lettura di Umanesimo integrale di Jacques Maritain, nel cui ideale di ‘nuova cristianità’ Del Noce trovava la fondazione teorica di un antifascismo cattolico e più in generale di una posizione politica cattolica non più legata a una prospettiva di restaurazione medievalista.
Con il sopraggiungere della guerra e la crisi del fascismo, Del Noce – che nel frattempo aveva sposato Angiola Maria Odillo, dalla quale nel 1948 ebbe un figlio, Fabrizio – sviluppò i suoi contatti e la collaborazione con gli ambienti antifascisti, senza però partecipare alla resistenza armata. Tra il 1940 e il 1942 trascorse un periodo a Roma, presso l’Istituto di filosofia diretto da Enrico Castelli. Il periodo romano fu l’occasione del suo incontro con il gruppo della sinistra cristiana che si andava aggregando intorno a Franco Rodano, con il quale simpatizzò. Già nel 1944, tuttavia, declinò l’invito di aderire al movimento, in ragione della posizione critica che era andato nel frattempo maturando rispetto al comunismo. A stimolare questa riflessione furono le perplessità suscitate dalla prassi etico-politica comunista durante la resistenza e la guerra civile. Il rifiuto delnociano della violenza rivoluzionaria, e il problema di un effettivo superamento morale della tragica esperienza del fascismo e della guerra, riecheggiano nella serie di articoli che Del Noce scrisse per il Popolo nuovo di Torino immediatamente dopo la Liberazione. Dei primi anni del dopoguerra sono alcuni articoli apparsi sulla Rivista di filosofia, che presto assunse tuttavia un indirizzo lontano dalla sua prospettiva. Negli anni Cinquanta continuò i suoi studi in relativa solitudine; il rapporto con Luigi Pareyson lo portò però a collaborare (dal 1954) con l'Enciclopedia filosofica del Centro studi filosofici cristiani di Gallarate, per la quale scrisse numerose voci di carattere storico-filosofico. Dal 1957 – anno in cui venne chiamato da Giuseppe Dossetti a collaborare al centro bolognese di studi religiosi – data il suo incontro con il gruppo del Mulino, con il quale ebbe una intensa e fruttuosa collaborazione, nella ricerca di un incontro tra pensiero cattolico e liberalismo; in questo contesto si collocò l’amicizia con Nicola Matteucci.
Presso le edizioni del Mulino apparvero i due libri Il problema dell’ateismo (1964) e Riforma cattolica e filosofia moderna (1965) che fecero uscire il pensiero delnociano dall’ombra. Nel 1965 Del Noce ottenne il suo primo incarico universitario a Trieste, dove insegnò storia della filosofia moderna e contemporanea, fino al suo trasferimento a Roma (1970), dove insegnò storia delle dottrine politiche e poi filosofia della politica presso la facoltà di scienze politiche.
Negli anni Sessanta partecipò come relatore a diversi convegni culturali in ambito cattolico (Santa Margherita Ligure, 1959; San Pellegrino, 1963; Lucca, 1967), nei quali sostenne l’esigenza per la Democrazia Cristiana (DC) di attrezzarsi culturalmente, attraverso un’adeguata comprensione della modernità e della storia contemporanea, carente sia nelle versioni tradizionaliste sia in quelle progressiste del pensiero cattolico. Contemporaneamente proseguiva un intenso dialogo con Rodano.
Nel mutato clima politico-culturale seguito agli anni della contestazione – mentre il dibattito sulla legge per il divorzio (1970) e poi sul referendum (1974), del quale fu tra i promotori, segnava una spaccatura del gruppo del Mulino – Del Noce riprese un forte impegno pubblicistico, misurandosi con la cronaca politica e culturale, attraverso la collaborazione con i periodici L’Europa e Prospettive nel mondo e con il quotidiano Il Tempo. Si fece animatore, insieme ad altri intellettuali, di iniziative editoriali, presso gli editori Borla e Rusconi, alternative alla cultura progressista e marxista, facendo pubblicare, tra le altre, opere di Simone Weil, Augustin Cochin, Eric H.W. Voegelin. Questo senza mai interrompere il dialogo con intellettuali laici e marxisti, quali Ugo Spirito – dal confronto con il quale nacque il libroTramonto o eclissi dei valori tradizionali? (1971) –, Franco Fortini, Tito Perlini.
Nel 1978 (l’anno della pubblicazione del Suicidio della rivoluzione, dedicato al pensiero gramsciano) iniziò la sua collaborazione al settimanale Il Sabato (e poi, dal 1983, al mensile 30 Giorni) che proseguì fino ai suoi ultimi giorni e che si situa nel contesto del suo incontro con il movimento di Comunione e liberazione, salutato da Del Noce come segno di vitalità del cattolicesimo di fronte alle sfide del presente; nel 1989 intervenne al meeting di Rimini, luogo di incontro periodico di quel movimento.
Nel 1983, nel quadro del tentativo di riformare la DC attraverso il contributo di forze della società civile e della cultura, accettò di candidarsi al Senato, dove entrò nel 1984 per la IX legislatura.
Del Noce morì a Roma il 30 dicembre 1989, mentre si consumava la crisi dei sistemi del ‘socialismo reale’ nell’Europa dell’est.
Fin dalla fine della guerra Del Noce avvertì la duplice e inscindibile urgenza del confronto critico con il comunismo e del superamento del fascismo attraverso un adeguato giudizio storico.
Per il primo aspetto, una tappa decisiva è segnata dal saggio del 1946 La non-filosofia di Marx e il comunismo come realtà politica (ripubblicato in Il problema dell’ateismo). La lettura delnociana si stacca dalle interpretazioni revisioniste, in quanto pone al centro il pensiero filosofico di Marx, colto nel momento nodale delle Tesi su Feurbach. Per Del Noce, Marx continua Hegel rovesciando la sua filosofia speculativa in una filosofia della prassi. Ciò comporta l’abbandono radicale dell’antropologia platonico-cristiana a favore di una concezione dell’uomo risolto integralmente nei suoi rapporti storico-sociali. Perciò l’ateismo si rivela essenziale alla filosofia marxiana. La potenza filosofica del marxismo risulta dal suo portare a compimento lo sviluppo del razionalismo moderno, conferendo nel contempo il massimo rigore all’idea di rivoluzione totale come passaggio a una nuova umanità. Questa potenza filosofica condanna allo scacco i tentativi di superare il marxismo attraverso l'inveramento dei suoi motivi filosofici in una sintesi più alta. Del Noce prese consapevolezza di questa impossibilità nel confronto con le posizioni di Felice Balbo, altro protagonista del movimento dei cattolici comunisti e amico con il quale intrattenne un costante dialogo (si veda il saggio Marxismo e salto qualitativo del 1948, anch’esso ripubblicato in Il problema dell’ateismo). Al modello dell’inveramento/superamento occorre sostituire quello della ‘risposta a sfida’, secondo il quale una cultura è obbligata ad attingere alle proprie risorse originali per elaborare risposte nuove. Per Del Noce il marxismo peraltro contiene una tensione interna irrisolta tra il momento (propriamente rivoluzionario) del materialismo dialettico e quello del materialismo storico.
La centralità filosofica assunta dal marxismo imponeva per Del Noce una revisione delle interpretazioni della storia della filosofia fino ad allora dominanti, costrette a espungere tutta la linea ‘da Hegel a Nietzsche’ e pertanto impotenti nella comprensione della realtà storica successiva alla prima guerra mondiale. Più in generale, si trattava di mettere a tema e situare l’ateismo nella storia della filosofia. Nella ricostruzione delnociana, l’ateismo – che presenta, con la filosofia di Nietzsche, almeno una variante irriducibile al marxismo – appare come momento terminale del pensiero razionalista. Ma la definizione sottesa di razionalismo non è quella tradizionale, legata alle categorie della teoria della conoscenza: Del Noce lo definisce invece come negazione senza prove del soprannaturale. Più precisamente – sulla scorta della lezione dell’esistenzialismo religioso – come accettazione della condizione mortale dell’uomo in quanto normale, dunque rifiuto del tema biblico della caduta. A quest’ultimo si sostituisce la concezione espressa dall’antico frammento di Anassimandro, per cui il male è ontologicamente connesso con la finitezza: si tratta allora di negare l’individualità passando al punto di vista della totalità, o in forma di comprensione/giustificazione (teodicee razionaliste, idealismo, Hegel), o in forma pratico/rivoluzionaria.
All’origine del razionalismo (e del conseguente sbocco ateistico) sta dunque una decisione iniziale, altrettanto gratuita dell’atto di fede. Questo carattere opzionale, insieme alla centralità antropologica del tema della caduta, spiega l’attualità del pensiero di Pascal. Tutti questi temi trovano un’esposizione organica nel primo libro di Del Noce, Il problema dell’ateismo, dove peraltro comparivano già altre questioni, collegate alla nuova realtà culturale e socio-politica degli anni Sessanta. Successivamente, inoltre, Del Noce studiò altre linee di pensiero ateistico, non riducibili a quella culminante nel marxismo (si vedano gli studi sulla filosofia del surrealismo e sul pessimismo di Giuseppe Rensi). Molti di questi temi furono ripresi nella raccolta di saggi L’epoca della secolarizzazione (1970). Mentre rifiutava l’interpretazione del moderno come irreversibile secolarizzazione del cristianesimo, Del Noce rielaborava un differente concetto di secolarizzazione, intesa (anche sotto l’influsso del pensiero di Voegelin) come laicizzazione di temi gnostici.
Per Del Noce, il pensiero razionalista e i suoi sviluppi ateistici, data la loro radice opzionale, non possono cercare la loro giustificazione che in una pretesa capacità di rendere ragione della storia della filosofia e della storia in generale. Pretesa essenzialmente basata sull’interpretazione del pensiero moderno come processo necessario e irreversibile verso la secolarizzazione. Del Noce giunge a problematizzare radicalmente questa visione – accettata, sia pur con segno rovesciato, da tutte le forme dell’anti-moderno cattolico – attraverso il ripensamento dell’inizio cartesiano del moderno. Riprendendo il filo mai interrotto del suoi studi giovanili sul Seicento francese e facendo tesoro della lezione della grande storiografia filosofica francese (Étienne Gilson, Jean Laporte, Henri Gouhier), riscopre in Cartesio il filosofo della libertà (umana e divina), che ha pensato la sua metafisica nel clima della Riforma cattolica, avendo come avversario lo scetticismo naturalista dei libertini. Alle spalle dell’inizio cartesiano sta però, come suo presupposto assunto non criticamente, l’abbandono all’avversario (il libertinismo, dietro cui Del Noce vede l’eredità del pensiero di Machiavelli) della dimensione della storia, con l’esito di una scissione radicale tra spiritualità e politica.
Ne emerge un Cartesio profondamente ambivalente, suscettibile di una lettura e di una ripresa sia religiosa sia laico-razionalista; e di conseguenza, una visione non univoca, ma problematica della modernità.
In questo orizzonte di possibilità aperto con la decostruzione della storiografia corrente, Del Noce inserisce il suo tentativo di ricostruzione di una linea ‘franco-italiana’ – alternativa a quella del razionalismo classico, culminante nel pensiero tedesco – in cui la scoperta moderna della soggettività mantiene il rapporto con l’apertura religiosa. Si tratta di una linea non segnata da una progressione continua, ma da una serie di passaggi critici e rotture che tuttavia disegnano un filo conduttore che va da Pascal a Malebranche a Giovambattista Vico e infine ad Antonio Rosmini.
Il bilancio di questa ricerca storiografica è consegnato al volume Riforma cattolica e filosofia moderna (1965). La prima parte dell’opera, dedicata a Cartesio, nell’intento di Del Noce doveva aprire una trilogia da proseguire con le monografie su Malebranche e Vico: un’opera mai realizzata, e della quale restano però svariati frammenti sotto forma di articoli, brevi saggi, appunti.
L’altro grande compito aperto fin dal 1945 era arrivare a un giudizio storico sul fascismo, che implicava un’interpretazione generale della storia contemporanea italiana ed europea. Da subito Del Noce avvertì l’inadeguatezza dell’interpretazione (tipica della cultura crociana) del fascismo come parentesi nello sviluppo storico, da spiegarsi in chiave puramente patologico-morale. Ma altrettanto fuorviante gli appariva l’interpretazione ‘rivelativa’, propugnata dalla cultura azionista, che scorgeva invece nel fascismo l’emergere di tare storiche, legate a una tradizione che aveva relegato l’Italia ai margini della modernità. Tale lettura portava a vedere nel fascismo italiano – e negli altri movimenti e regimi di destra del Novecento europeo – l’estrema manifestazione della reazione contro il movimento della storia. Si saldava perciò con la lettura filosofica del moderno come processo di secolarizzazione, già messa in discussione da Del Noce, e diventava il presupposto fondamentale della cultura progressista, presto egemone nel dopoguerra. Assunzione comune a queste due interpretazioni era quella dell’estraneità del fascismo alla migliore cultura italiana del Novecento.
La ricerca di Del Noce si volse invece a indagare proprio il rapporto con questa cultura, e cominciò a definirsi intorno al 1960: punto di svolta cruciale, il riconoscimento della natura rivoluzionaria (e quindi ‘moderna’) del fascismo, che affonda le sue radici nell’interventismo rivoluzionario e, ancor prima, nella cultura vociana e nella ricerca, da parte del giovane Mussolini, di un rilancio dell’idea rivoluzionaria attraverso la contaminazione di temi marxiani e nietzschiani. In questa lettura, sorretta da motivazioni filosofiche, Del Noce incontrò la ricerca storiografica di Renzo De Felice (Mussolini il rivoluzionario, 1965) che per parte sua riconoscerà il suo debito verso le suggestioni delnociane.
Il rifiuto dell’interpretazione reazionaria portò invece Del Noce a criticare le conclusioni di un’altra importante opera sul fascismo, quella di Ernst Nolte (Der Faschismus in seiner Epoche, 1963, trad. it. I tre volti del fascismo, 1966), della quale pur apprezzava, oltre al valore documentario, la scelta di privilegiare la causalità ideale nell’analisi della storia del Novecento (quell’approccio che poi prenderà il nome di interpretazione transpolitica). Contro l’inclusione dei movimenti di destra del Novecento in un’unica essenza reazionaria, Del Noce distingueva nettamente fascismo e nazismo – come movimenti rivoluzionari miranti alla ‘mobilitazione delle masse’ – dalle dittature ispirate a ideologie conservatrici-tradizionaliste. Giunse poi a introdurre una distinzione essenziale anche tra fascismo italiano e nazismo: il secondo visto come tentativo di semplice negazione/rovesciamento del comunismo, il primo invece come tentativo di superare il marxismo nella sua versione leninista, attraverso una forma più alta di rivoluzione.
L’idea di inveramento del marxismo per Del Noce accomunava tutte le culture politiche dell’Italia novecentesca; soprattutto permetteva di individuare una continuità profonda tra il periodo fascista e quello post-fascista, ormai da lui letti come momenti successivi di un unico processo di crisi. Come tentativo di inveramento del marxismo sorge infatti il fascismo, ma anche il suo fratello/nemico, l’antifascismo azionista, nonché la lettura cattolica del comunismo di Rodano: posizioni, queste ultime, che pensano di poter guidare un’evoluzione del comunismo verso forme compatibili e adeguate allo sviluppo storico-culturale dell’Occidente.
Alla radice filosofica dell’idea di inveramento del marxismo Del Noce incontrò la figura di Giovanni Gentile. Rimasto estraneo all’attualismo negli anni del maggior successo di questa filosofia, Del Noce ne riscoprì il significato storico nel momento della sua massima svalutazione. Centrale per la sua rilettura è la valorizzazione del saggio giovanile su La filosofia di Marx, nel quale Gentile coglierebbe l’originalità filosofica del marxismo come filosofia della prassi, che occorre però portare alla coerenza liberandola dal materialismo. L’attualismo viene quindi letto in questo senso da Del Noce come filosofia della prassi ritrascritta in chiave idealista.
Nel tentativo di questa filosofia di raggiungere la realtà politica si disegna per Del Noce il necessario incontro con Mussolini. E il destino parallelo di attualismo e fascismo è misurato dal comune atteggiamento di 'solipsismo vissuto', espresso in un attivismo costretto a usare i valori cui si appella come strumenti per l’azione, e che pertanto finisce con l’avere carattere dissolutivo.
Il ruolo centrale assunto da Gentile nell’interpretazione del pensiero e della storia contemporanei trovò sbocco nel volume postumo Giovanni Gentile. Per una interpretazione filosofica della storia contemporanea (1990), dove Gentile appare come colui che ha cercato di unificare, in chiave di radicale immanentismo, le due linee individuate da Del Noce nella modernità, quella della filosofia classica tedesca culminante in Marx e quella franco-italiana. Lo scacco del suo tentativo investirebbe tutta la visione del moderno come processo verso l’immanenza.
Il parallelismo tra sviluppi ideali e politici era per Del Noce il banco di prova e l’ipotesi-guida dell’interpretazione transpolitica della storia contemporanea, nella quale i fattori ideologici assumono un ruolo chiave. Si tratta di un’interpretazione adeguata alla storia ‘contemporanea’, precisamente perché essa è storia filosofica, in quanto determinata dal fenomeno rivoluzionario, espressione di una filosofia che si fa mondo.
La scoperta del significato filosofico dell’attualismo guidò Del Noce nel confronto serrato con la posizione gramsciana, che conobbe una nuova attualità nei primi anni Settanta. La sua rilettura di Gramsci chiarisce il senso della continuità nella crisi con la quale Del Noce interpretava il rapporto tra fascismo e post-fascismo nel lungo dopoguerra italiano. Il punto più originale e controverso della sua ricostruzione è la riconduzione della riforma gramsciana del marxismo all’influsso della cultura idealista italiana, e in particolare dell’attualismo gentiliano. Mentre Gramsci pensava di ritrovare il marxismo attraverso la ritrascrizione dello storicismo idealistico di Croce in termini di filosofia della prassi, per Del Noce in realtà avrebbe ritrovato lo sfondo gentiliano. Di qui il suo allontanarsi dal materialismo storico per la preminenza data al momento ‘sovrastrutturale’, e ultimamente la sostituzione dell’opposizione moderno/reazionario a quella borghesia/proletariato, nonché l’interpretazione della riforma intellettuale e morale come estensione alle masse della concezione secolarista e immanentista della vita. Secondo Del Noce però in questo modo l’intento rivoluzionario si subordina alla borghesia laicista, operando quel ‘suicidio della rivoluzione’ che dà il titolo alla sua opera del 1978.
Successivamente, Del Noce portò a conclusione il lungo confronto critico con Rodano. Nella prospettiva rodaniana – tornata alla ribalta con la strategia del ‘compromesso storico’ – un cattolicesimo non integralista dovrebbe incontrare un marxismo laicizzato, ovvero separato dalla sovrastruttura di filosofia atea e ricompreso come scienza della storia. Nella diagnosi di Del Noce, una tale prospettiva non poteva che favorire la caduta del momento religioso ancora presente nell’ateismo marxista, rivelandosi così funzionale al progetto tecnocratico della società del capitalismo avanzato.
Già dagli anni Sessanta, in effetti, il paesaggio culturale che faceva da sfondo alle prime e fondamentali ricerche di Del Noce era fortemente mutato. Lo attestava, già in Il problema dell’ateismo, un saggio dedicato alla ‘irreligione occidentale’, come fenomeno culturale correlativo, sul piano teorico, all’agnosticismo tipico della posizione empirista e, sul piano storico-sociologico, all’affermarsi della società del benessere (o società opulenta, come la chiamava Del Noce usando un linguaggio mutuato da Rodano). Del Noce condivideva ampiamente l’analisi su tale società svolta da pensatori neo-marxisti (dallo stesso Rodano alla Scuola di Francoforte e in particolare a Herbert Marcuse) come società che mira a rimuovere le cause economiche della rivoluzione (con la riduzione/soppressione della miseria), portando però al massimo l’alienazione. Del Noce rifiutava tuttavia di individuare la causa ultima di questa situazione nel semplice sviluppo tecnologico. Per lui l’elevazione della scienza e della tecnica, di per sé neutre, a valori, dipendevano da una scelta più profonda, legata da un lato al tentativo (riuscito) dell’Occidente di rispondere alla sfida marxista sul terreno del benessere materiale, dall’altro a quella interpretazione della storia contemporanea che determina una rottura totale con la tradizione. Anche l’avvento della società opulenta e della irreligione occidentale venivano dunque lette da Del Noce come contraccolpi alla sfida del marxismo. Quest’ultimo così si realizzerebbe, ma decomponendosi: alla caduta del momento dialettico (rivoluzionario) si accompagnerebbe l’estensione radicale di quello, demistificante, del materialismo storico, che viene applicato al marxismo stesso come ideologia e ‘religione’ atea. L’esito – in una forma di eterogenesi dei fini – è una società tendenzialmente tecnocratica, segnata quindi da una nuova attualità di Henri de Saint-Simon e Auguste Comte dopo Marx. In questa prospettiva la contestazione della fine degli anni Sessanta apparve a Del Noce espressione di disagio per la riduzione dell’umano nella società del benessere; ma, condizionata dalla negazione della tradizione, non poteva che realizzarsi in forma nichilistica, e contribuire, attraverso la dissoluzione dei valori tradizionali, al consolidamento della nuova borghesia. Solo un autentico risveglio religioso poteva per Del Noce aprire un’alternativa a questo nuovo totalitarismo, tanto morbido quanto pervadente e oppressivo.
Monografie: Il problema dell’ateismo, Bologna 1964 (edd. successive: 1965, 1970, 1990 [con introduzione di N. Matteucci], 2006); Riforma cattolica e filosofia moderna, I, Cartesio, Bologna 1965; L’epoca della secolarizzazione, Milano 1970; Per un’autocritica della destra e della sinistra, in Il vicolo cieco della sinistra (con T. Molnar e J.M. Domenach), Milano 1970; Gilson, Étienne, in Enciclopedia Dantesca, Istituto della Enciclopedia Italiana, III, Roma 1971, ad vocem; Tramonto o eclissi dei valori tradizionali? (con Ugo Spirito), Milano 1971; I caratteri generali del pensiero politico contemporaneo, I, Lezioni sul marxismo, Milano 1972; Autorità, in Enciclopedia del Novecento, Istituto della Enciclopedia Italiana, I, Roma 1975, ad vocem; L’eurocomunismo e l’Italia, Roma 1976; Il suicidio della rivoluzione, Milano1978; Il cattolico comunista, Milano 1981; L’interpretazione transpolitica della storia contemporanea, Napoli 1982 (poi in Modernità. Interpretazione transpolitica della storia contemporanea, a cura di G. Riconda, Brescia 2007); Secolarizzazione e crisi della modernità, Napoli 1989; Giovanni Gentile. Per una interpretazione della storia contemporanea, Bologna 1990; Da Cartesio a Rosmini. Scritti vari, anche inediti, di filosofia e storia della filosofia, a cura di F. Mercadante - B. Casadei, Milano 1992; Filosofi dell’esistenza e della libertà (Spir, Chestov, Lequier, Renouvier, Benda, Weil, Vidari, Faggi, Martinetti, Rensi, Juvalta, Mazzantini, Castelli, Capograssi), a cura di F. Mercadante - B. Casadei, Milano 1992; Rivoluzione, Risorgimento, Tradizione. Scritti su “L’Europa” (e altri, anche inediti), a cura di F. Mercadante - A. Tarantino - B. Casadei, Milano 1993; I cattolici e il progressismo, a cura di B. Casadei, Milano 1994 (raccoglie gli interventi di Del Noce ai convegni su cattolici e politica di Santa Margherita Ligure, San Pellegrino, Lucca); Centro: tentazione senza fine (con N. Bobbio), a cura di L. Cedroni, Milano 1995; Fascismo e antifascismo. Errori della cultura, a cura di B. Casadei, Milano 1995; Cristianità e laicità. Scritti su “Il Sabato” (e vari, anche inediti), a cura di F. Mercadante - P. Armellini, Milano 1998; Scritti politici 1930-1950, a cura di T. Dell’Era, Soveria Mannelli 2001; Pensiero della Chiesa e filosofia contemporanea, a cura di L. Santorsola, Roma 2005; A. D.: verità e ragione nella storia. Antologia di scritti, a cura di A. Mina, introduzione di G. Riconda, Milano 2007; Caro collega ed amico. Lettere di Étienne Gilson ad A. D. (1964-1969), a cura di M. Borghesi, Siena 2008.
Saggi e articoli: La gnoseologia cartesiana nell’interpretazione di Arnauld, in Cartesio nel III centenario del Discorso sul metodo, Milano 1937 (poi in Da Cartesio a Rosmini… cit.); La veracità divina e i rapporti di ragione e fede nella filosofia di Malebranche, in Malebranche nel terzo centenario della nascita, Milano 1938 (poi in Da Cartesio a Rosmini… cit.); Prefazione a L. Chestov, Concupiscentia irresistibilis, Torino 1946; Il dualismo di Benda, in Rivista di filosofia, XXXVII (1946), 3-4, pp. 153-174 (poi in Filosofi dell’esistenza e della libertà… cit.); La non-filosofia di Marx e il comunismo come realtà poltica, Atti del Congresso internazionale di filosofia, Roma 15-20 nov. 1946, a cura di E. Castelli, Milano 1947 (poi in Il problema dell’ateismo… cit.); Marxismo e salto qualitativo, in Rivista di filosofia, XXXIX (1948), 3, pp. 209-29 (poi in Il problema dell’ateismo… cit.); Razionalismo metafisico e punto di partenza della filosofia, in Atti del III Convegno di studi filosofici cristiani tra professori universitari, Gallarate 16-18 sett. 1947, Padova 1948; Cartesio e la politica, in Rivista di filosofia, XLI (1950), pp. 3-30 (poi in Riforma cattolica e filosofia moderna… cit.); La crisi libertina e la ragion di Stato, in Cristianesimo e ragion di Stato. L’umanesimo e il demoniaco nell’arte, Atti del II Congresso internazionale di studi umanistici, Roma 1952, a cura di E. Castelli, Roma-Milano 1953; Problemi del periodizzamento storico: gli inizi della filosofia moderna, in La filosofia della storia della filosofia, Archivio di filosofia, quaderno, Milano-Roma 1954, pp. 187-210; La crisi del molinismo in Descartes, in Metafisica ed esperienza religiosa, Archivio di filosofia, quaderno, Milano-Roma 1956, pp. 39-78; Totalitarismo e filosofia della storia, in Il Mulino, 1957, n. 2, pp. 91-98; Fine o crisi del degasperismo?, n. 7-8, pp. 479-485; Pensiero cristiano e comunismo: ‘inveramento’ o ‘risposta a sfida’?, 1958, n. 5, pp. 307-18; Classi sociali e dottrina marxista, in Le classi e l’evoluzione sociale, Atti della XXXI Settimana sociale dei cattolici d'Italia, Bari 21-28 sett. 1958, Roma 1959, pp. 57-83; Idee per l’interpretazione del fascismo, in L’Ordine civile, 1960, n. 8, pp. 15-18 (poi in Il fascismo. Antologia di scritti critici, a cura di F. Casucci, Bologna 1961 e in Il suicidio della rivoluzione… cit.); Per una interpretazione del Risorgimento, in Humanitas, I (1961), 16, pp. 16-40; Appunti sul primo Gentile e la genesi dell’attualismo, in Giornale critico della filosofia italiana, XLIII (1964), 4, pp. 508-556 (ripreso con modifiche in Giovanni Gentile. Per una interpretazione della storia contemporanea… cit.); Martinetti nella cultura europea, italiana e piemontese, in Giornata martinettiana, 16 novembre 1963, Torino 1964 (poi in Filosofi dell’esistenza e della libertà… cit.); Interpretazione filosofica del surrealismo, in Rivista di Estetica, X (1965), 1, pp. 2-56 (poi in Filosofi dell’esistenza e della libertà… cit.); Giuseppe Rensi tra Leopardi e Pascal, ovvero L’autocritica dell’ateismo negativo in Giuseppe Rensi, in Giuseppe Rensi, Atti della giornata rensiana, 30 apr. 1966, a cura di F.M. Sciacca, Milano 1967 (poi in Filosofi dell’esistenza e della libertà… cit.); Lequier e il momento tragico della filosofia francese, introduzione a G. Lequier, Opere, Bologna 1968 (poi in Filosofi dell’esistenza e della libertà… cit.); Eric Voegelin e la critica dell’idea di modernità, introduzione a E. Voegelin, La nuova scienza politica, Torino 1968; La riscoperta del tomismo in Étienne Gilson e il suo significato presente, in Studi di filosofia in onore di Gustavo Bontadini, 2 voll., Milano 1975; Simone Weil, interprete del mondo di oggi, introduzione a S. Weil, L’amore di Dio, Torino 1979; Gilson e Chestov, in Esistenza, mito, ermeneutica, II, Padova 1980; L'idea di modernità, in Modernità. Storia e valore di un'idea, Brescia 1982, pp. 26-43 (poi in Modernità. Interpretazione transpolitica... cit.).
La Fondazione Augusto Del Noce, con sede a Savigliano (Cuneo), custodisce la biblioteca e il fondo Del Noce.
R. Buttiglione, A. D.: biografia di un pensiero, Casale Monferrato 1991; C. Cesa, A. D. e il pensiero moderno, in Giornale critico della filosofia italiana, LXXII (1993), 2, pp. 186-211; Filosofia e democrazia in A. D., a cura di G. Ceci - L. Cedroni, Roma 1993; A. D.: il problema della modernità, Roma 1995; P. Serra, A. D. Metafisica e storia, Napoli 1995; T. Dell’Era, A. D. filosofo della politica, Soveria Manelli 2000; A. D. Essenze filosofiche e attualità storica, Atti del Convegno internazionale di studi, Roma 9-11 nov. 1995, a cura di F. Mercadante - V. Lattanzi, 2 voll., Roma 2000-2001; E. Randone, Un bilancio sul pensiero di A. D. a un decennio dalla scomparsa, in Annuario filosofico, 2001, n. 17, pp. 373-388; N. Ricci, Cattolici e marxismo. Filosofia e politica in A. D., Felice Balbo e Franco Rodano, Milano 2008; G.F. Lami, Introduzione a A. D., Roma 1999; M. Borghesi, A. D.: la legittimazione critica del moderno, Genova-Milano 2011 (in appendice l’intervista Storia di un pensatore solitario, a cura di M. Borghesi - L. Brunelli, da 30 Giorni, 1984, n. 4).