DE MARSANICH, Augusto
Nacque a Roma il 13 apr. 1893 da Enrico e da Adelaide Piccinini. Seguace del sindacalismo di Filippo Corridoni, fu interventista e combattente nella prima guerra mondiale (prenderà parte anche alla guerra in Africa). Aderì al movimento di Mussolini, militando nel fascio di Roma. Dopo l'avvento al potere del fascismo, si fece luce nella polemica tra intransigenti e revisionisti, parteggiando decisamente per i secondi.
Suo è, appunto, un articolo dal titolo Revisione, apparso il 1º ag. 1923 su Critica fascista (la rivista di G. Bottai, del quale fu seguace ed amico), nel quale si enucleavano le due correnti di fondo del fascismo. "l'una degli intransigenti, degli immobili, i quali credono che il partito fascista debba restare armato contro tutto ciò che non è creazione nostra e contro tutti quelli che non sono entrati nelle nostre file; l'altra di quelli che credono che nella vita nulla è immutabile, e che si propongono di partecipare all'inevitabile svolgimento delle idee e dei fatti, che si produce nella storia delle nazioni come in quella degli aggregati politici".
Dedicatosi al sindacalismo, nel corso del ventennio ricoprì la carica di capo dell'ufficio sindacale del partito fascista, di presidente della Confederazione fascista dei lavoratori del commercio, di direttore de Il Lavorofascista. Fu anche deputato (legislature XXVIII-XXIX) e consigliere nazionale (legislatura XXX). Fu inoltre il primo presidente dell'Istituto nazionale per l'assicurazione contro le malattie, sorto in buona parte su sua iniziativa dalla unificazione delle varie mutue aziendali. Vicepresidente della Corporazione costruttori edili nel dicembre 1934, toccò l'apice della carriera con la nomina a sottosegretario per le Comunicazioni (per le Poste e Telegrafi.dal gennaio 1935, e per la Marina mercantile dal novembre 1939 al febbraio 1943). Dopo gli avvenimenti del 25 luglio e dell'8 sett. 1943 aderì alla Repubblica sociale italiana, durante la quale fu nominato dall'Ist. per la Ricostruzione Industriale (IRI) commissario del Banco di Roma e della Alfa Romeo.
Il 16 ott. 1943, di fronte alla spaccatura in due dell'Italia, il consiglio d'amministrazione del Banco di Roma aveva deliberato l'istituzione nell'Italia del Nord di un ufficio di rappresentanza della presidenza e l'istituzione di due comitati, per l'Italia del Sud e quella del Nord, con le rispettive deleghe dei poteri dei comitato esecutivo e del consiglio d'amministrazione. Questa linea d'azione autonoma non incontrò però il gradimento del governo fascista: il 25 maggio 1944 si dimetteva da presidente e da amministratore delegato Felice Guarnieri, e gli succedeva su designazione dell'IRI il D., che assumeva anche la carica di amministratore delegato nel comitato per l'Italia del Nord, mentre la sede sociale era trasportata a Milano (il provvedimento in Gazzetta ufficiale del 3 giugno 1944). Ma già il 14 nov. 1944 entrava nel consiglio di amministrazione un esperto banchiere e anziano funzionario dei Banco, Ugo Foscolo, che lo avrebbe guidato con abilità attraverso la Repubblica di Salò, fino alla sua nomina a commissario straordinario il 19 maggio 1945 dal Comitato di Liberaz. Naz. Alta Italia (CLNAI) e il 12 giugno seguente dal ministro del Tesoro Marcello Soleri.
Figura non di primo piano nel regime fascista e nel periodo "repubblichino", assunse un rilievo considerevole nelle vicende politiche del secondo dopoguerra. Aderente, fin dalle origini, al Movimento sociale italiano" (MSI), vi si creò vasta risonanza con una acclamata mozione presentata al I congresso nazionale (Napoli, 27-29 giugno 1948) che lanciava il messaggio del "Non rinnegare e non restaurare, respingendo tanto le rivendicazioni totali quanto le condanne indiscriminate del passato ... Lanciare tra le generazioni, che il dramma della guerra civile ha diviso, il ponte della concordia nazionale e della solidarietà sociale ...". Il Movimento sociale era tenuto, dalla segreteria di G. Almirante, su di una linea intransigente, ancorata sul piano programmatico ai contenuti socializzatori della Repubblica di Salò e nettamente ostile ad ogni ipotesi di "inserimento" nel "sistema".
Si era giunti ad escludere l'ingresso nel Movimento dei cosiddetti "venticinqueluglisti", cioè degli ex gerarchi che non avevano aderito alla Repubblica, e a rifiutare ogni ipotesi di accordo con la Destra monarchica e liberale. Sintomatica del clima interno fu inoltre l'accesa polemica verificatasi durante il II congresso nazionale (Roma, 28 giugno-1º luglio 1949), che vide prevalere nettamente una tendenza contraria all'adesione dell'Italia al Patto atlantico. L'intransigentismo almirantiano aveva fin dall'inizio creato, nel Movimento, accese polemiche con gli esponenti moderati, che contestavano la politica di isolamento cui veniva relegato il partito.
La crisi interna toccò l'apice nel gennaio 1950, quando il Comitato centrale mise in minoranza Almirante e la direzione nazionale, e ne elesse una nuova che, a sua volta, nominò il D. segretario. La sua ascesa rappresentò una netta svolta. All'autoghettizzazione succedette una accorta politica di inserimento, della quale punti significativi furono l'accettazione del Patto atlantico, l'accordo con i monarchici teso alla costituzione di una grande Destra, la dichiarata disponibilità ad appoggiare la Democrazia cristiana (DC) in governi che dell'anticomunismo facessero il primo punto programmatico e, nello stesso tempo, l'ostentazione di ortodossia cattolica finalizzata all'ambiziosa prospettiva di un secondo partito cattolico in contrapposizione alla DC.
Questa linea politica aprì al MSI ampie prospettive. Sul piano elettorale, apparentato con il Partito nazionale monarchico nelle amministrative del 1951-52, conquistava la maggioranza in molte città meridionali, come Napoli, Avellino, Benevento, Bari, Lecce, Foggia, Salerno. Il successo veniva confermato nelle elezioni politiche del 7 giugno 1953 in cui il MSI (che in quelle del 18 apr. 1948 aveva ottenuto 526.670 voti, pari al 2%, e 6 seggi) conquistava 1.580.293 voti, pari al 5,85%, e 29 seggi. L'espansione del MSI al pari di quella dei monarchici, era avvenuta essenzialmente ai danni della DC, che in quella occasione subi "il tracollo più marcato dal 1948 al 1972" (Ghini, p. 117). Essa si era verificata soprattutto nel Meridione, ed era stata determinata da settori di alta borghesia ostile ai progetti riformatori di De Gasperi, da masse di sottoproletariato infarcito di sanfedismo qualunquista e di ribellismo nei confronti del Nord, accusato perfino di voler effettuare una nuova "conquista del sud", ma soprattutto, per quanto riguarda il MSI, da considerevoli settori di ceti medi moderati. Il D. e la nuova classe dirigente succeduta al radicalismo almirantiano avevano appunto intuito che le fortune elettorali del partito non potevano basarsi sulle istanze, confusamente sinistrorse, del reducismo "repubblichino", ma su quelle, moderato-conservatrici, di una piccola e media borghesia ancorata ai miti dell'ordine e dell'anticomunismo, ancora sensibile a propagande di tipo nazionalistico, insofferente del riformismo degasperiano.
Non meno significativi furono altri risultati sul piano politico. Nell'Italia della guerra fredda, l'oltranzismo anticomunista del MSI, le sue ostentate professioni di fede cattolica e i suoi appelli alla costituzione di un grande blocco delle forze "sane" da contrapporre al fronte delle Sinistre, otteneva simpatie in numerosi ambienti, a cominciare dal Vaticano. L'ossessione di una vittoria a Roma del Fronte popolare spinse, come noto, Pio XII a premere per una svolta a destra della DC, cioè per un'alleanza di questa in una lista civica con missini e monarchici: è la cosiddetta "operazione Sturzo", dell'aprile 1952, destinata a fallire non tanto per le resistenze di De Gasperi, quanto per le eccessive richieste del D. e degli altri dirigenti neofascisti, che portarono Sturzo, il 23 aprile, a dichiarare concluso il suo tentativo. Aperture nei confronti del MSI non mancavano d'altro canto, in quel periodo, da parte di autorevoli esponenti della DC a cominciare dallo stesso De Gasperi, e in numerosi Comuni meridionali esso era parte determinante di maggioranze di centro destra. È vero che proprio dalla DC venne la "legge Scelba" contro il neofascismo, approvata il 20 giugno 1952. Ma tale legge rimarrà inapplicata, dando l'impressione che fosse soltanto, da un lato, una concessione formale al mondo antifascista, dall'altro un avvertimento al MSI perché rigettasse ogni velleità di opposizione rivoluzionaria al sistema democratico, accontentandosi del ruolo di potenziale, subordinato alleato della DC nei momenti di crisi della maggioranza centrista e del pericolo di un successo dell'alternativa di sinistra. Non ha probabilmente torto chi ritiene che la "legge Scelba" abbia in ultima analisi rappresentato un aiuto del governo democristiano alla linea moderato-conservatrice del D. contro l'opposizione interna dell'intransigentismo almirantiano (Baget Bozzo, p. 341).
Contrario, dopo le elezioni del 7 giugno 1953, ad una riedizione del governo De Gasperi, il MSI si astenne benevolmente, il 17 ag. 1953, sul governo Pella, che finirà, con il suo energico comportamento sulla questione di Trieste, per conquistare la piena approvazione del partito neofascista. Per motivi di salute, il D. chiese ripetutamente di essere sostituito nella guida del partito: il 10 ott. 1954 venne nominato presidente del MSI, di cui fu eletto senatore nelle elezioni del 19 maggio 1968 (era entrato in Parlamento, come deputato, nel 1953). La continuità della sua linea politica veniva assicurata dal nuovo segretario, Arturo Michelini, sotto la cui gestione il MSI sosterrà, a volte in misura determinante, vari governi democristiani.
Il D. morì a Roma il 9 febbr. 1973.
Del D. si ricordano le seguenti opere: Emilio de Bono, Milano 1923; Civiltà dimasse, Firenze 1940; Lo Stato nel ventennio fascista (1922-1943). Principi e istituti, Roma [1958]; in collaborazione con A. Fante, Xª Corporazione (la Corporazione dello spirito), Bologna 1964. Curò inoltre l'edizione del volume di B. Mussolini, Un anno di governo fascista. Discorsi pronunciati alla Camera e al Senato, Roma [1923].
Bibl.: G. Almirante-F. Palamenghi Crispi, IlMovimento sociale italiano, Milano s.d., pp. 48 ss., 52 s., 56 ss., 61-68, 70, 74; G. Baget Bozzo, Ilpartito cristiano al potere. La DC di De Gasperi e di Dossetti 1945-1954, Firenze 1974, II, p. 341 n.; C. Ghini, Ilvoto degli Italiani 1946-1974, Roma 1975, passim;P. Rosenbaum, Ilnuovo fascismo. Da Salò ad Almirante. Storia del MSI, Milano 1975, pp. 58, 87 s., 92 s., 107 ss.; III, 168, 172, 175, 195-199, 201 s., 209; P. G. Murgia, Ritorneremo! Storia e cronaca del fascismo dopo la Resistenza (1950-1953), Milano 1976, ad Indicem;S. Setta, La DC e i partiti di destra, in Storia del movimento cattolico in Italia, diretta da F. Malgeri, Roma 1981, p. 24.