CARELLI, Augusto
Figlio di Beniamino, insegnante di canto e compositore, e della cantante Matilde Caputo, nacque a Napoli il 7 luglio 1871.
Dalla biografia che il C. scrisse della sorella (Emma Carelli, Trent'anni di vita del teatro lirico, Roma 1932, pp. 104, 177-182, 196, 200, 211, 286, 299, 315), dal suo articolo del 1923 (Come e perché divenni scenografo, in Roma, I, 1, pp. 31-37) e dalle poche notizie fornite dai discendenti è possibile ricostruire sommariamente la biografia del personaggio che fu essenzialmente pittore (Hermanin, 1922). Non è stato, tuttavia, possibile reperire le opere, anche perché dall'Unione Sovietica (passò in Russia ventuno anni) non ci è pervenuta nessuna documentazione.
Il C. crebbe in ambiente squisitamente musicale: la sorella maggiore Bice, anche se non esercitava la professione di cantante, aveva una voce "portentosa"; mentre l'altra sorella, Emma, entrò in carriera giovanissima ottenendo numerosi successi. Lo zio materno, Michele Caputo, era a sua volta compositore e librettista. Il C. studiò, oltre al canto, pittura con G. Toma e E. Dal Bono, acquistando notevole senso del colore e padronanza della tecnica. A causa della manipolazione dei colori con le mani, si ammalò di saturnismo e perse, giovanissimo, i capelli e i denti per cui fu in seguito riformato. Su consiglio dei medici dovette sospendere l'attività che gli stava più a cuore, limitandosi ad occuparsi solo di musica. Nel 1893 si trasferì in Russia per insegnare canto al Conservatorio di Pietroburgo, e in quella città ebbe, tra gli altri, come allievi privati, i figli morganatici di Alessandro II. Nel 1907 sposò Elisabetta Rudolphi. Seguendo la tradizione paterna, fu ottimo propagatore della lirica tanto da allestire, in casa propria, spettacoli di prim'ordine come Il Barbiere di Siviglia, La Bohème (senza il II atto), Thais, oltre al Werther in cui si presentava, pur avendo una piccola voce, nelle vesti del protagonista. Nel 1912, con grande preoccupazione della moglie, riprese i pennelli, limitandosi prima all'acquerello, e l'anno successivo tornando all'olio. Nella Galleria d'arte moderna di Roma è conservato un olio su cartone, Alla finestra, acquistato nel 1922. Nel 1914, allo scoppio della prima guerra mondiale, il C. era in vacanza a Capri. Decise di restare in patria, e si stabilì a Roma dove frequentò la scuola di nudo del circolo artistico di via Margutta. Partecipò a numerose collettive, soprattutto a quelle organizzate dalla Società degli amatori e dei cultori delle Belle Arti, avendo sempre ampi riconoscimenti. Perdute le sue risorse per il fallimento, della Banca di sconto italiana, cominciò ad occuparsi di scenografia, prima come bozzettista poi come realizzatore, grazie all'appoggio della sorella Emma, già da tempo impresaria del Costanzi, fino a subentrare nell'anno 1921 ad A. Rovescalli nella direzione del laboratorio di scenografia del massimo teatro della capitale (si veda al proposito lo scritto dello stesso C. del 1923). Un laboratorio sui generis, disagevole e male attrezzato, che il C. completamente inesperto riuscì, poco per volta, a caratterizzare. Fu, quindi, con mezzi di fortuna che il C. allestì (il 29 dic. 1921) una nuova scenografia per la Tosca, valendosi di riprese dal "vero" (l'interno della chiesa di S. Andrea della Valle, ad esempio), che incontrò il favore del pubblico e della critica (scene che furono poi sequestrate a causa del fallimento della Società teatrale, diretta dal cognato Mocchi). In seguito al suceesso riportato, il Mocchi lo ingaggiò contemporaneamente anche per i teatri sudamericani, nel quali venivano allora allestite importanti stagioni liriche. Ebbe così inizio unpattività intensissima, sia per la creazione di nuovi. allestimenti dei quali il C. curava anche i bozzetti, sia per il restauro di quelli già appartenenti all'impresa o provenienti dalla scenografia della Scala.
Tra gli altri allestimenti del C. per il Costanzi si segnalano, nel 1922, Giulietta e Romeo di R. Zandonai (14 febbraio), I Quatro rusteghi (27 dicembre), definiti splendidi dalla stampa quotidiana, e la novità assoluta di G. Giovannetti, Petronio, la cui prima ebbe luogo il 20 marzo 1923 e di cui furono date tre sole repliche, le quali segnarono tuttavia la definitiva affermazione dell'artista. Di quella creazione era stato collaboratore e consigliere segreto Federico Hermanin che aveva anche procurato al C., dalla Sovraintendenza agli scavi, i permessi necessari per riprendere la "Casa delle nozze d'argento" a Pompei. Alla Grazia di V. Michetti (31 marzo) seguirono I Compagnacci di P. Riccitelli (10 aprile), con allestimenti che fecero sempre onore alla firma dello scenografo. Nel 1924 curò tra l'altro Emiral di Bruno Barilli (11 marzo) e l'Anna Karénina di I. Robbiani (6 maggio), e inaugurò una breve stagione autunnale (13 novembre - 14 dicembre) con l'allestimento di uno spettacolo che ebbe molto successo, Le donne curiose di E. Wolf-Ferrari. Seguì il 26 dicembre, per la stagione invernale, un "suo" Falstaff.Nel 1925 firmò alcuni nuovi allestimenti, fra i quali Carnasciali di G. Laccetti (13 febbraio) e I Cavalieri di Ekebù di R. Zandonai (28 marzo). Nel 1926, ultima stagione del Costanzi, allestì La cena delle beffe di U. Giordano (30 gennaio) e la famosa Kovàncina di M. P. Musorgskij e N. Rimskij-Korsakov che una compagnia russa, diretta da Edoardo Vitale, presentava a Roma per la prima volta (27 marzo). Come ricorda lo stesso C.(Emma Carelli…, p. 211), le cinque scene dell'opera vennero dipinte in un mese "su carta logora di vecchie scene del Ferri" di quindici anni prima.
Venduto il Costanzi al governatorato di Roma (1926), il C. lavorò ancora per il teatro Argentina e per il Teatro reale dell'Opera nella stagione inaugurale del 1928 quando preparò le scene per L'Elisir d'amore.Ma per il tipo di conduzione mutata che aveva indotto al tacito defenestramento di Emma, anche il fratello venne allontanato da quel laboratorio di scenografia che egli stesso aveva creato. I gusti stavano mutando. Lo stesso C. lo aveva avvertito, indicando la particolare efficacia delle scene straordinarie di cui si serviva la compagnia di Djagilev che a Roma egli aveva più volte potuto apprezzare (EmmaCarelli…, pp. 209 s.).
Il C. morì a Roma il 23 nov. 1940.
Dalla biografia della sorella Emma risulta (p. 249) che egli aveva avuto una personale a Buenos Aires nel 1916 e che (p. 315) ai primi di luglio del 1928 restaurava affreschi e tempere di un grande palazzo romano.
Fonti e Bibl.: F. Hermanin, A. C., in Rassegna d'arte, IX(1922), pp. 58-69 (con ill.); Encicl. dello Spettacolo, III, coll.28 s.