AUGUSTALI (lat. augustales)
Nelle provincie dell'impero romano, nei municipî e nelle colonie il culto dell'imperatore Augusto fu esercitato fin da quando egli era in vita, ma, secondo il desiderio espresso dallo stesso imperatore, venne associato al culto di Roma. Tale unione fu l'espressione ufficiale e popolare del lealismo delle provincie dell'impero romano. Enti pubblici e privati cittadini, fra i più facoltosi, eressero a loro spese nei municipî templi e sacelli a Roma e ad Augusto. Gli addetti al culto del fondatore dell'Impero nelle città municipali e nelle colonie si dissero Augustales, e l'investitura del loro ufficio si disse augustalitas. Formavano un collegio di sei membri attivi (seviri augustales), che duravano in carica un anno, mantenendo il titolo anche dopo lo scadere della loro carica ufficiale. In Roma soltanto alla morte di Augusto, avvenuta in Nola il 19 agosto del 14 d. C., appena celebrata la sua divinizzazione ed apoteosi, fu istituito un collegio di sodales augustales, composto di 21 membri, tutti appartenenti all'ordo senatorius, presieduto da tre magistri, i quali si sostituirono così ai membri della gens Iulia, quale depositaria del culto gentilizio degli Iulii. Questo collegio celebrava i suoi sacra in Roma, nel tempio dedicato ad Augusto alle falde del monte Palatino, costruito da Tiberio e dedicato da Caligola, ed anche una volta all'anno a Boville sulla via Appia, piccola cittadina culla della gens Iulia, ove per l'occasione avevano luogo anche giuochi pubblici in onore del divo Augusto, molto frequentati dal popolo di Roma. Augusto aveva permesso che anche in Roma al pubblico culto dei Lari fosse associato quello del suo genio (Genius Augusti); ad entrambi vennero preposti i vicomagistri, già addetti al solo culto dei Lari compitali, i quali invero costituivano un sacerdozio di grado inferiore.
Nelle provincie, invece, gli Augustales formarono in breve tempo una nuova casta di rango elevato nella gerarchia sociale, benché di origine plebea. Ciò poté avvenire perché, non essendo numerosi poterono meglio mettersi in vista fra i cittadini dei municipia, ove non esisteva una vera e propria aristocrazia. La nuova casta venne a porsi tra l'ordo decurionum, i membri cioè dell'alto consesso cittadino che dava adito alle supreme magistrature, e la plebe municipale.
Degli Augustales ben poco si sa dai testi letterarî, ma soccorrono le numerosissime iscrizioni che li menzionano; e senza di queste rimarrebbero inintelligibili o quasi gli accenni di Petronio (Satyr., 30, 57) e degli scoliasti di Orazio (Sat., II, 3, 281). Nella celebre iscrizione che ricorda la fondazione e la dedicazione dell'ara Augusti, avvenuta nel 2 d. C., nella colonia di Narbo Martius (Narbonne), capoluogo della Gallia Narbonese (Corpus Inscr. Lat., XII, 4333), era prescritto che ogni anno sei cittadini plebei del luogo, cavalieri romani, facessero a loro spese un sacrificio in onore dell'imperatore, con distribuzione d'incenso e di vino a tutti gli abitanti. Questi sei magistrati ad sacra si dissera seviri augustales; la durata della loro carica fu annuale, come tutte le cariche che comportavano spese obbligatorie. L'ufficio poteva anche essere affidato di nuovo, in un anno successivo, alla stessa persona (iterum); in qualche caso la carica fu affidata anche per la terza volta (tertium).
Nella storia dell'augustalitas vanno nettamente distinti due periodi. Durante tutto il I e oltre la metà del II secolo dell'Impero i seviri augustales nei municipî furono una vera e propria magistratura, più che un sacerdozio. Ebbero infatti le insegne dei magistrati curuli (due fasci littorî). Dalla fine invece del sec. II i seviri augustales vennero costituiti in collegio, mantenendo il titolo anche se i membri fossero più di sei. Lo scopo del collegio era quello del culto della domus divina, cioè della casa imperiale e degl'imperatori divinizzati. Il collegio si compose di membri a vita, il cui numero era fissato dalla lex collegii, o tavola di fondazione del collegio stesso. Ogni anno si ammetteva un dato numero di nuovi augustales, i quali per quell'anno dovevano sostenere una serie di prestazioni (summa honoraria, ludi, spettacoli pubblici). Le cariche ed i gradi del collegio erano regolati sul tipo dei corpora o collegia privati (cfr. Corp. Inscr. Lat., X, 114, 4907, 6077). Le varie cariche quali si desumono dalle epigrafi, sono quelle di augustalis quinquennalis, di augustalis maximus, di praefectus augustalis. Si ebbero inoltre i curatores e i patroni del collegio degli Augustali. Quale distinzione fra i membri del collegio si eleggevano i dupliciarii, ai quali spettava a titolo di onore una doppia razione nelle distribuzioni collegiali di denaro e di viveri (sportulae).
Il corpo degli Augustales formò quindi un vero e proprio ordo, con la sua gerarchia; i nomi dei membri venivano registrati su di un albo (album). I nuovi membri erano ammessi mediante l'adlectio; altri ricevevano soltanto la collazione delle insegne a semplice titolo onorifico. Questo onore fu talvolta conferito anche a personaggi defunti (cfr. Corp. Inscr. Lat., IX, 58). In questi casi gl'insigniti dell'onorificenza si dicevano semplicemente Augustales e non Sevirales; ai soli membri effettivi del collegio spettava il titolo completo di Sevirales et Augustales.
Come per tutte le cariche onerose, anche questa col tempo divenne forzata, tale cioè che non se ne poteva rifiutare l'investitura. È da notare che fu frequente il fatto che una stessa persona ricoprì l'ufficio di Augustalis in diversi municipî (Corp. Inscr. Lat., III, 3016, 3836, 4153; V, 1872, 1889, 7496, 7604; X, 690), il che dimostra che ad ottenerlo era sufficiente l'incolato. Il silenzio dei testi giuridici indica che l'ordo Augustalium non sopravvisse alla conversione al cristianesimo degl'imperatori.
A Roma, oltre ai sodales augustales, addetti al culto del divo Augusto, si ebbero, quando Claudio fu divinizzato, i sodales augustales Claudiales e in progresso di tempo i sodales Flaviales Titiales (Vespasiano e Tito), gli Hadrianales (Adriano) e gli Antoniniani (Antonino Pio e successori). Da notare un sodalis Marcianus Aurelianus Commodianus Helvianus Severianus (Corp. Inscr. Lat., VI, 1365).
Bibl.: G. Boissier, La religion romaine d'uguste aux Antonins, Parigi s. a., I, pp. 180-188; Daremberg e Saglio, Diction. d. antiq. gr. et rom., I, p. 560 seg.; J. Schmidt, De seviris Augustalibus, Halle 1878 (in Dissertationes philologicae Halenses, V, i); K. Messling, De seviris Augustalibus, Giessen 1891; L. Schneider, De sevirum Augustalium muneribus et condicione publica, Giessen 1891; De Ruggiero, Dizionario epigrafico, I, p. 824 segg.