AUGUSTA (A. T., 27-28-29)
Città e porto della Sicilia orientale, in provincia di Siracusa, posta su una penisoletta che sporge verso mezzogiorno nella parte settentrionale della vasta insenatura, limitata rispettivamente a N. e a S. dalla Punta d'Izzo e dal Capo S. Panagia, alla latitudine media di 37°13′30″. La città deve la sua origine e il suo nome ad Ottaviano Augusto, che nel 42 a. C. stanziò una colonia romana nel luogo stesso ove, secondo quanto si ritiene, sarebbe sorta la greca Xiphonia, popolata da cittadini della prossima Megara Iblea; ma non sembra che avesse mai notevole importanza. Devastata dai barbari e dai Saraceni, la signoria normanna, che vi fece erigere una rocca, tentò di farla risorgere. Ma il luogo appariva ancora deserto quando, nel 1232, Federico II di Svevia, rilevata l'importanza della sua posizione, deliberò di costruirvi una città secondo un piano regolatore, che è quello che A. tuttora conserva, accogliendovi poi la popolazione delle due città ribelli di Centorbi (Centùripe) e Montalbano, che dovevano essere distrutte. La nuova città ebbe l'antico nome di Augusta (corrotto poi in Agosta e ripristinato nella forma originaria nel 1860) con l'appellativo di Veneranda, e fu ricercato soggiorno dell'imperatore svevo, che attorno all'antica rocca normanna fece erigere un castello, ove soleva recarsi per la caccia.
Caduti gli Svevi, i cittadini, che erano loro rimasti fedeli, subirono devastazioni e rovine per opera degli Angioini. Pervenuta la Sicilia nel dominio degli Aragonesi, Augusta fu da Federico III concessa in feudo, dapprima a Guglielmo Raimondo Moncada marchese di Malta e Gozo, da cui, dopo varie vicende, passò, nel 1423 a Sancio Landogna, benefattore della città che ne accolse la salma nel monumento erettogli nella chiesa di S. Domenico, e quiudi di nuovo ai Moncada; ma nel 1567, avvertita la necessità di meglio fronteggiare le incursioni barbaresche, ritornò stabilmente sotto il dominio regio. Non diminuirono per questo le minacce e gli assalti a cui la città fu ripetutamente sottoposta; per difendersi dai quali don Garzia di Toledo fece costruire sugli scogli del Porto Megarese i due fortilizî ancora esistenti, che portano il nome di Garzia e Vittoria e il viceré Ferdinando d'Avalos eresse nel 1570, sullo scoglio a 500 m. a S. della punta estrema della penisoletta, la torre d'Avalos su cui sorge ora il semaforo. La penisola venne inoltre staccata dalla costa mediante una fossa attraversata da un ponte levatoio, sostituito più tardi da un ponte in pietra ad archi.
Passato il pericolo delle incursioni barbaresche, la città prese un nuovo sviluppo, favorito dalla cessione fattale da Filippo II delle fruttifere saline demaniali di antichissima origine; sorsero allora nuove chiese, monasteri ed edifizî pubblici e privati. Di notevole vantaggio le riuscì la concessione, fatta all'ordine di Malta nel 1649 e durata sino ai primi del sec. XIX, di costituire ad Augusta i depositi di rifornimento dell'ordine, onde si eressero nuovi e grandiosi fabbricati per caserme e magazzini e si attivò una considerevole corrente di traffici. Così la popolazione della città, che nel 1500 era di 5000 ab. e nel 1668 di 8000 ab., salì nel 1690 a 12.000.
Tra gli anni 1675 e 1678 subì le vicende delle lotte combattute in Sicilia tra Spagnoli, Olandesi e Francesi, i quali ultimi l'occuparono per qualche tempo. Il terribile terremoto dell'11 gennaio 1693 ne provocò la totale distruzione. Riedificata con celerità a cura del demanio regio, non risorse mai all'antica importanza, come ne fanno fede i dati della popolazione. Questa, ridotta a 7600 ab. nel 1713, si aggirò sempre intorno ai 9000 ab. per tutto il sec. XVIII e la prima metà del XIX. Gravemente danneggiata da un nuovo terremoto che la colpì il 1° gennaio del 1848 e ne abbatté i due terzi dei fabbricati, cominciò poi a riprendere nuovo incremento, accentuatosi dopo l'unificazione del regno. Il censimento del 1861 constatò in tutto il comune, che ha una superficie di 114,84 kmq., 9735 ab. saliti a 11.897 nel 1871. Durante il cinquantennio susseguente gli abitanti aumentarono fino a raggiungere, nel 1921, il numero di 20.254, dei quali 17.672 nel centro capoluogo.
A soddisfare le esigenze della cresciuta popolazione sono sorti nuovi fabbricati, mentre le vecchie, anguste e misere costruzioni vanno rinnovandosi. La città moderna, che occupa la parte settentrionale della penisoletta, conservando la struttura regolare datale da Federico II, si presenta oggi di gradevole aspetto, con strade ben lastricate fiancheggiate da cosruzioni civili, ben illuminata, adorna di pubblici passeggi, provvista, per quanto ormai insufficientemente, di buona acqua potabile, mentre la parte meridionale dell'isola (Terra vecchia) si copre di orti, giardini e viali alberati. Del suo passato, oltre ai fortilizî ricordati, Augusta conserva ancora il Castello Svevo, dal 1896 convertito in penitenziario; il Duomo, di cui era stata decretata la costruzione nel 1644, abbattuto dal terremoto del 1693 e riedificato nel 1769; il palazzo comunale, del 1699.
Augusta è soprattutto un centro agricolo e marinaresco. Della sua popolazione maschile (9256 ab.), 3402 persone risultarono, nel 1921, adibite all'agricoltura, 4350 pescatori e 788 marinari addetti ai trasporti. Fiorente la pesca, per la quale i pescatori di Augusta sogliono correre anche i lontani paraggi dell'Atlantico settentrionale. L'industria si può dire limitata solo alla fabbricazione di laterizî e all'estrazione del sale dalle numerose saline, che producono complessivamente circa 15 mila tonnellate di sale all'anno.
Nel decennio anteriore alla guerra si avvertì un considerevole movimento migratorio, specialmente per l'America, che in detto periodo ragguagliò 6000 persone. Ma questo movimento è poi cessato; onde, in seguito anche ai numerosi rimpatrî, nel 1921 risultarono temporaneamente assenti dal comune soltanto 542 persone.
L'istruzione impartita nelle scuole elementari e in una regia scuola complementare lascia ancora molto a desiderare: nel 1921 il 52% della popolazione di età superiore ai 6 anni risultò analfabeta.
Il porto di Augusta (Porto Xifonio), uno dei più vasti e sicuri del Mediterraneo, presenta uno specchio d'acqua ben riparato di 10 km. di lunghezza per 4,5 di larghezza e una profondità minima di 14 m. Il suo traffico, per quanto abbastanza attivo, non è in relazione con le qualità nautiche del porto. Nel 1926 vi approdarono 823 navi a vela, di complessive 10.383 tonnellate, e 25 vapori, di 27.702 tonn. La merce sbarcata fu di 25.063 tonnellate (principalmente olî minerali, che riforniscono i cospicui depositi della R. Marina, e pozzolana) e di 18.635 tonn. quella imbarcata (sale). La città, toccata per la prima volta da una strada rotabile nel 1857, è dal 1871 stazione della ferrovia Catania-Siracusa.
Maggiore importanza presenta Augusta anche oggi, come già in passato, dal punto di vista militare. Di recente furono impiantate ad Augusta grandi stazioni di idroplani e dirigibili.